Belma Bećirbašić, giornalista del settimanale di Sarajevo “Dani”, ha visitato la città di Palermo, proprio mentre è entrata in vigore la legge anti-fumo e il Palermo è passato in serie A. Le sue impressioni sul pittoresco capoluogo siciliano
Palermo festeggia l'ingresso in serie A
Di
Belma Bećirbašić,
DANI, 11 febbraio 2005 (titolo originale:
Palermo: dim u prijestolnici Cosa Nostre)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani:
Ivana Telebak
Le cose stanno così: arrivate a Palermo il giorno della proiezione del film
Nicotina di Hugo Rodriguez, che parla di quanto “mortale” possa essere la mancanza di una sola sigaretta per chi vi sta attorno. Nella sala del cinema possono entrare, e anche gratis, coloro che all'ingresso mostrano il pacchetto di sigarette e a condizione di fumare durante la proiezione del film.
Questo atto cinico di protesta all'inizio vi fa ridere finché non capite - se siete un fumatore accanito - la sua finale conseguenza. Allora probabilmente vi chiedereste perché siete stati così sfigati che proprio il primo giorno del vostro arrivo in Sicilia sia anche il primo giorno dell'entrata in vigore della legge sul divieto di fumare in tutti i locali pubblici chiusi: sufficiente per pensare a come
sopravvivere durante il soggiorno a Palermo. Ovviamente è già tardi - è stata fatta tanta strada, così tanta che, se avete previsto una modesta spesa di viaggio ed una dose di predisposizione ad
essere-pronti-a-tutte le avventure, non c'è altro che usare tutti i mezzi di trasporto: autobus/nave/treno/aereo.
La mafia a Palermo dimostra la totale inutilità del valore della vostra macchina. “Hai fatto bene a non venire in macchina, altrimenti avresti dovuto pagare qualcuno per rimanere dove l'hai lasciata e nello stato in cui l'hai lasciata”, dirà il nostro ospitante. Non sarebbe esagerato sottolineare che potreste fare un'altra patente
apposita. Palermo è peggio di qualsiasi città della Turchia: potete sopravvivere sulla strada soltanto se non rispettate nessuna regola del traffico. Se siete un pedone, non vi rimane niente altro che, senza alcun rimorso di coscienza, prendere il ruolo del vigile. Forse da qualche altra parte vi avrebbero trattato come un suicida, ma, credetemi, soltanto così meriterete l'attenzione e il rispetto dei guidatori, ed eviterete lo stress di aspettare mezz'ora, prima che qualcuno abbia la pietà di fermarsi e lasciarvi attraversare la strada.
A Palermo c'è qualcosa di un ambiente irreale che incontriamo ancora soltanto nelle regioni marginali. Marginali sia per lontananza geografica, che per la particolarità sociale.
E quello per cui i siciliani
odiano essere particolari non è niente altro che tale popolarità mafiosa, che ancora oggi gli costa sforzi pesanti nell'“esportare qualche altro prodotto locale”. Cosa dire poi dei pregiudizi del mondo, quando poco tempo fa nella stessa Italia sui canali TV girava una pubblicità sui furti di macchine, dove sulla fronte del personaggio “principale” c'era quasi scritto “made in Palermo”. La pubblicità è stata censurata (a causa delle pressioni della parte più meridionale dell'Italia), e a loro non resta che vivere ancora insieme al loro “marchio”. Non senza amarezza: in città quasi non c'è un manifesto annunciante qualche concerto, musica o performance che non riporti scritto “per la lotta contro la mafia”.
Alcuni giovani che abbiamo incontrato, dicono che è più una cosa simbolica, perché su tale territorio “anche se sradicate la mafia come istituzione, rimarrà lo spirito mafioso”: “La mafia non è più presente come una volta, qua non ci sono i soldi e loro funzionano fuori dalle frontiere locali, per loro è importante l'interesse transnazionale, economico ed industriale... Ma, la mafia qua è più di questo, è un sistema... la gente non capisce che nel dialetto siciliano la parola
mafia prima di tutto significa qualcosa di dignitoso, qualcosa che da sempre ha rappresentato la resistenza siciliana e una sorta di separatismo che qua non è mai morto, e il mafioso in tale caso sarebbe colui che è costretto a lottare contro la legge per difendere le sue cose... Oggi è tutto diverso, ma ci sono dentro ancora tutti, per il fatto che la mafia dà ancora lavoro alla gente, per il fatto che tutti si comportano così, tutti evitano la legge, tutti imbrogliano, perché se vuoi sopravvivere qua, devi sottometterti ad alcune regole fuorilegge...”
Qualcosa che certamente ci ricorderà la situazione di Sarajevo e che quasi tutta la BiH (Bosnia Erzegovina, ndt.) oggi conosce: i furti delle macchine e dei cellulari, degli appartamenti, il disordine sulle strade... persino una specie di fascino della mafia, un tempo apprezzata di nascosto. Le radici di Cosa Nostra risalgono al secolo scorso, quando la mafia nasce come protettore del popolo e della sua proprietà, e da allora tutte le sue attività sono giustificate quasi in modo tacito, fino – sarà d'accordo la maggioranza - all'omicidio di Falcone e Borsellino all'inizio degli anni novanta.
L'indicatore della pressione della piazza, però, in questa città ha ancora un qualcosa di quasi zapatista - sembra che la rivoluzione esca da ogni angolo di strada. Tutto il giorno si raccolgono firme per la petizione sulla destituzione di Salvatore Cuffaro, presidente della Regione Sicilia, il quale appartiene ai circoli dominanti della mafia e al partito del premier Silvio Berlusconi; la vita notturna è così creativamente assordante che agli occhi smarriti in questa città quasi tutto dà l'impressione di una grande
agorà.
Cosa dire d'altro oltre che è uno dei maggiori centri di raccolta dei marginalizzati - e ce ne è di ogni: i punk, i rockers, gli hippy, i bohemién, i rastafarians, i partigiani del Partito comunista, i pittori, i neo-concettualisti, i poeti, gli immigrati, gli attivisti e chi lotta per quello e per questo. Vucceria, la famosa piazza dove di giorno si vende la frutta e la verdura, il pesce, i frutti di mare, le spezie, i prodotti di carne... Quando tramonta e i commercianti tolgono i loro banchi, fra i palazzi “preistorici” che appena si tengono in piedi, passano i giovani, parlano, suonano, distribuiscono volantini, fanno progetti... non c'è un'emozione che non vi “ubriacherà”. Specialmente quando si beve la “sociale” bibita siciliana zibibbo, che si versa dalle cisterne per un euro, e come effetto sembra l'assenzio.
Lì da qualche parte inizia questo, quasi irreale, ambiente di Palermo: la parte importante della città, soprattutto quella vecchia, è piena di rovine e di palazzi semi distrutti, non ristrutturati, ancora dai bombardamenti del lontano 1945. Molti non sanno perché sia così, alcuni dicono che i soldi per la ristrutturazione, detto gentilmente, sono “usati per altri scopi”, alcuni che “lo scopo del governo è di tenere Palermo povera e di secondo grado”, alcuni che “tutto dipende dalla mafia”, e alla maggior parte della gente non importa: fra tali rovine, succede di tutto, vengono costruiti centri culturali, officine musicali, sale per le mostre e per i concerti, gallerie, creativi appartamenti squottati o luoghi di ritrovo completamente irreali... Non è raro che in uno di tali palazzi distrutti, in parte pitturati con disegni di qualità eccellente - dove pende la parte di soffitto sul quale c'è il lampadario di un'epoca passata e sotto il vecchio divano che dondola - suoni una band, o che venga creata una performance di teatro o di qualcosa d'altro...
Il nostro arrivo è capitato nel momento in cui per la prima volta nella storia la squadra locale di Palermo è entrata in serie A, così anche la città era un po' più
rumorosa del solito. E non soltanto questo, in quella settimana ha battuto la Lazio 2:1. Lo spirito di una città in tali situazioni è difficile da descrivere, e specialmente quando ciò accade nella
selvaggia, selvaggia Palermo. Immaginate di svegliarvi una mattina - e siete così scioccati come se d'ora in poi vi venisse vietato di fumare - e vedete che la città è pitturata di rosa-nero! Tali colori non hanno nessun legame simbolico con Palermo, tanto che in molti li considerano ridicoli, ma, come ci hanno detto, bisognava scegliere dei colori, e siccome non ne erano rimasti altri nel
fortissimo mondo calcistico italiano, qualcuno doveva usare questi.
E per fumare, si fuma - oltre l'euforia calcistica, si potrebbe aggiungere che la “strada”, intesa come concetto del modo di vivere, ha preso la sua gloria grazie ad un'altra attualità: se qualcuno vi dicesse che la nuova legge diminuirà il fumo, non prendetelo troppo sul serio, perché solo da quando è stato vietato, il fumare è diventato attraente, probabilmente anche per quelli che non hanno mai fumato. In breve, il fumo è ritornato di nuovo in quel posto che occupano tutti i prodotti vietati - anzi, vi viene da fumare più che mai, vi viene da fumare ogni tre per due, avete la sensazione di pensare soltanto al momento in cui vi accenderete la sigaretta e vi avvelenerete fino alla fine della vita. Così almeno parlano i Palermitani, che, a dire il vero, a tal riguardo non sono stati “fregati” dalla nuova legge italiana, visto che la temperatura a Palermo è particolarmente alta durante tutto l'anno e dove, per un motivo o per un altro, tutto si svolge in strada.
Alcuni diranno che è veramente triste e quasi impensabile che all'improvviso l'intera sopravvivenza spirituale sia ridotta soltanto ad una semplice sigaretta, invece a Palermo la questione, nella prima settimana di entrata in vigore della legge sul divieto di fumare, ha suscitato polemiche sui nuovi tipi di controllo sociale; all'improvviso il fumare non è più qualcosa che “nuoce alla salute”, ma è diventato un “diritto elementare di scelta”. Si discute sul fatto che ciò sia uno dei modi per impedire la libertà e che c'entra poco con la salute: in tutto il Paese, la gente in più occasioni ha fatto dimostrazioni, chiedendo persino un referendum sulla questione, e nella stessa Palermo durante il nostro soggiorno siamo stati i testimoni di un paio di tali proteste contro questa legge.
Così in un club è stato organizzata una festa intitolata “Party only for smokers”, mentre in un altro posto il proprietario ha spento la musica e ha chiesto: “Chi fuma qui?”, e dopo che da tutte le parti si è sentito un tonitruante: “Iooooooooo...!!!”, il proprietario ha messo in bocca una sigaretta e ha detto: “E allora accendiamone tutti una!”:
Un bosniaco a Palermo
Sarebbe però giusto dire qualcosa sul nostro ospitante, probabilmente l'unico bosniaco erzegovese abitante a Palermo. Come sia finito lì, è una storia a parte, ma si potrebbe solo dire che una mattina dopo l'accordo di Dayton ha capito che più niente lo teneva a Sarajevo, ha fatto le valigie e si è messo in viaggio. Dopo vari viaggi, che sicuramente meritano più di queste poche e modeste righe, la strada lo ha portato a Palermo. Si dice fra l'altro che tutte le strade portano a Palermo, per quello che già tanto tempo fa, fu nominata “Panormus”, cioè “Tutti i porti”.
Per un periodo il nostro ospitante si arrangiava come poteva - cosa che, di nuovo, merita più di questa frase misera - finché non si è iscritto all'Università di elettrotecnica, terminandola con successo: il Consiglio scientifico di ricerca di Roma, vedendo in lui una figura promettente di moderno ricercatore informatico, oggi stipendia il suo dottorato in robotica – un omino digitale che imita visualmente i movimenti e le attività umane.
Si chiama Haris Dzindo. L'ospitante, non il robot.. .