La giurisprudenza del Tribunale per la ex Jugoslavia alla luce della affermazione di un sistema di giustizia penale internazionale. Riceviamo e volentieri pubblichiamo la tesi di Alberto Pasquero, dottorando in diritto internazionale, stagista al Tribunale dell’Aja, collaboratore della “ADL a Zavidovici”
Di Alberto Pasquero
Il Tribunale Penale Internazionale per l’Ex-Jugoslavia (cosiddetto Tribunale dell’Aia) è, se si eccettua Norimberga, il primo esempio di tribunale penale internazionale. La sua importanza da un punto di vista storico e giuridico è quindi fondamentale: per la prima volta gli individui che si sono macchiati di gravi crimini (genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità) nel corso di un conflitto armato sono chiamati a risponderne di fronte ad un organo giudiziario internazionale. Non rileva che essi siano comuni cittadini o Capi di Stato, siano semplici soldati che hanno “solo eseguito gli ordini” oppure generali responsabili di intere campagne militari contro la popolazione civile.
Creato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 1993 per cercare di arrestare l’
escalation di violenza nei Balcani, il Tribunale ha il compito di giudicare gli individui che si sono macchiati di "gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse sul territorio dell'Ex-Jugoslavia, a partire dal 1991" (art.1 dello Statuto).
Contrariamente a quanto molti pensino, pertanto, il Tribunale dell'Aja ha una giurisdizione estremamente limitata, sia per tempo, sia per spazio (per questo viene definito un “Tribunale
ad hoc”): innanzitutto esso può solo giudicare i crimini commessi sul territorio dell’Ex-Jugoslavia, e per di più solo quelli commessi a partire dal 1° gennaio 1991. Non viene invece stabilita una data finale: il Tribunale indaga così anche sui crimini commessi in Kossovo. Potenzialmente potrebbero addirittura cadere sotto la giurisdizione del Tribunale anche le truppe NATO per i bombardamenti sulla Serbia del 1999 (anche se le indagini riguardo a tali episodi, pur iniziate, sono state presto archiviate).
L’aspetto più interessante del Tribunale dell’Aja, da un punto di vista giuridico, è il “diritto penale” che il Tribunale applica.
Dal momento che manca un codice penale internazionale, l’operato del Tribunale si basa su di un corpus normativo assolutamente disorganico, e poco “penalistico”: le norme giuridiche internazionali che indicano i crimini che il Tribunale giudica (le Convenzioni di Ginevra del 1949, la Convenzione contro il Genocidio del 1948, le Convenzioni dell’Aia del 1907) non contengono infatti né una definizione dei crimini (ad esempio, cosa si deve intendere per “Persecuzione”?), né, ad esempio, stabiliscono che pena debba subire chi li commetta (quale può essere la pena per un crimine come il Genocidio?).
All’importanza del compito che il Tribunale è chiamato ad assolvere, corrisponde quindi una singolare incertezza riguardo al diritto che esso deve applicare.
Gli atti di accusa e le sentenze emanate dal Tribunale si fondano quindi sui pochi precedenti esistenti (principalmente la giurisprudenza del tribunale di Norimberga), e su di una delicatissima opera di interpretazione e ricostruzione del diritto internazionale.
Il Tribunale ha quindi adottato una varietà di soluzioni nelle sentenze finora emanate, che spesso fanno “storcere il naso” ai nostri giuristi.
Analizzando la giurisprudenza del Tribunale si possono trovare numerose stranezze, come casi di imputati incriminati di più reati per aver commesso un singolo fatto, oppure di più condanne inflitte allo stesso imputato che decorrono “simultaneamente” (8 anni più 10 anni uguale 10 anni!).
Di notevole interesse è anche l’analisi dei criteri seguiti per quantificare la pena da infliggere ai singoli imputati.
Domande come: “Quale funzione deve svolgere la pena?”, che possono apparire scontate in un contesto nazionale, non lo sono se ci si sposta nell’ambito internazionale e nell’ambito di crimini di guerra. I Giudici si sono così dovuti porre domande quali “che ruolo dare alla rieducazione del reo?” oppure “come può una sentenza di condanna riflettere adeguatamente l’enorme gravità dei crimini commessi dall’imputato?”.
Diverse sono state le prospettive (e quindi anche le pene) adottate nei vari casi finora giudicati dal Tribunale, con conseguenti disparità tra le varie sentenze emanate.
La tesi qui pubblicata si sofferma ampiamente su questi ed altri temi, analizzandoli da un punto di vista soprattutto giuridico, ed evidenziandone le peculiarità e le incongruenze.
Qualunque sia il giudizio politico che si vuole dare in merito al Tribunale dell’Aja, è importante sottolinearne l’enorme importanza da un punto di vista giuridico; ciò anche e soprattutto in vista dell’affermazione progressiva di un sistema di giustizia penale internazionale.
Con la creazione del Tribunale dell’Aja, le Nazioni Unite hanno inaugurato una politica di lotta all’impunità per i crimini di guerra che è poi stata proseguita con l’istituzione del Tribunale per il Ruanda, per la Sierra Leone, e soprattutto con la Corte Penale Internazionale, che è già in funzione dal 2002, seppur fortemente osteggiata da molte grandi potenze mondiali e soprattutto dagli Stati Uniti. La Corte Penale Internazionale, (a differenza del tribunale per l’Ex-Jugoslavia) è dotata di una giurisdizione potenzialmente universale, estesa ai cittadini dei paesi che ne hanno ratificato il Trattato istitutivo o che abbiano commesso un crimine sul cui territorio di uno Stato parte.
Il lavoro di interpretazione e applicazione del diritto internazionale compiuto dal Tribunale dell’Aja e dagli altri Tribunali ad hoc costituiranno importantissimi precedenti su cui si fonderà il lavoro della Corte penale internazionale, nella quale il mondo ripone la speranza di non vedere mai più impuniti i criminali di guerra.
Attualmente il Tribunale dell’Aja è chiamato alla sua prova più difficile: processare uno dei principali responsabili del conflitto nei Balcani, che è anche un Capo di Stato (andando così contro la norma di diritto internazionale consuetudinario che prevede l’immunità dalla giurisdizione degli organi degli Stati).
Il processo contro Milosevic non è immune dalle contraddizioni e dalle “stranezze” che si sono appena evidenziate, ed anzi ne offre un ottimo panorama; la tesi, nel corso della trattazione delle singole questioni giuridiche, fa costante riferimento alla vicenda giudiziaria di Slobodan Milosevic, (e soprattutto all’atto di accusa su cui si fonda il processo contro di lui), sottolineandone gli aspetti più problematici e che destano più perplessità. Le osservazioni sul caso Milosevic sono state evidenziate con un riquadro per consentirne una più semplice consultazione.
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