Il governo rumeno deve mantenere l'equilibrio dei redditi e contemporaneamente adottare le misure necessarie alla riduzione dell'inflazione, essenziale obiettivo economico per l'adesione. Continua la serie di articoli sull'economia rumena verso l'UE.
Di Cristian Roner*
Questo è il secondo articolo di una serie di tre che, senza ambizione di completezza, intendono trattare alcuni aspetti dell'economia rumena anche nell'ottica della futura adesione all'Unione Europea. Dopo il primo grande allargamento del 2004, l'Europa potrà arricchirsi di altri Paesi una volta appartenenti al blocco comunista, che hanno dovuto sperimentare il fenomeno nuovo della transizione ad una forma di mercato completamente diversa da quella dominante per quasi cinquant'anni della loro storia.
Politiche a favore dei redditi e lotta all'inflazione. A grandi linee questa è la situazione che la Romania di oggi si trova ancora ad affrontare. Pur avendo presentato la richiesta di adesione all'Unione Europea nel giugno del 1995, per dieci anni il Paese ha dovuto confrontarsi principalmente con l'emergenza economica della transizione. Oggi, pur non essendosi concluso quel processo, l'obiettivo europeo sembra prioritario e risulta essere sia uno sprone per l'adozione di politiche di rigore sia una speranza per la popolazione capace di alleviare il peso dei costi sociali associati alla transizione e assicurando con ciò anche una relativa pace sociale.
Il problema più urgente è certamente quello dell'inflazione e, attraverso esso, quello del sostegno dei redditi reali e della stabilizzazione economica, pre-condizione necessaria all'adesione europea.
Nel 1997 la Romania vara il secondo programma di disinflazione dopo il fallimento di quello di quattro anni prima, quando l'inflazione raggiunse il 290 per cento e la produzione nazionale diminuì del 30 per cento. La vita di quel programma di attacco all'inflazione fu breve a causa delle mancate riforme strutturali finalizzate alla razionalizzazione della spesa pubblica, ancora impegnata a ridurre l'impatto della transizione.
Il processo di disinflazione si è attuato anche attraverso lo strumento della moderazione salariale, auspicata dal Fondo Monetario Internazionale e resa abbastanza agevole dal fatto che in Romania la presenza e la forza dei sindacati sono molto scarse e la contrattazione dei salari è abbastanza decentralizzata a favore delle singole imprese.
La prospettiva di adesione all'Unione Europea ha certamente costretto le autorità rumene ad una maggiore disciplina fiscale sia dal lato delle entrate, sia, soprattutto, dal lato delle uscite. Il nuovo governo eletto nel 1996 ha operato importanti riforme di struttura come l'eliminazione dei controlli sui prezzi, la riduzione delle tariffe e quella dei sussidi concessi alle imprese operanti in perdita. In un solo anno il Governo arriva a privatizzare il 60 per cento delle imprese pubbliche. Viene interrotta la pratica governativa di chiedere prestiti alla Banca Centrale, che, diventando sempre più indipendente, riesce a porre la stabilità dei prezzi come obiettivo principale della sua attività. L'inflazione imbocca un sentiero di discesa costante che dopo sei anni avrà diminuito il livello dei prezzi del 90 per cento attestandosi sul 15,4 per cento alla fine del 2003, mentre la disciplina fiscale ha condotto alla diminuzione del deficit di bilancio, che nel 2002 si fermerà al 2 per cento in rapporto al Pil.
Durante il primo periodo della transizione, poi, i salari nominali sono cresciuti ad un tasso molto più elevato rispetto a quello della produttività, ciò chiaramente ha spinto le imprese a scaricare i maggiori costi di produzione derivanti sui prezzi di vendita. Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che circa un sesto del tasso di inflazione poteva essere spiegato da questa dinamica.
La maggiore disciplina economica, le riforme strutturali, la discesa del livello dei prezzi e la diminuzione della dinamica di crescita dei salari rispetto alla produttività hanno contribuito al promettente aumento della produzione lorda interna già dal 2000. Mentre i Paesi più industrializzati cominciavano a segnare il passo, la Romania tra il 2000 e il 2001 cresceva del 5,7 per cento, contro l'1,4 per cento dell'Europa Occidentale e lo 0,6 per cento del Nord America. Nel 2003 la crescita è stata ancora del 4,7 per cento.
Certamente la congiuntura positiva ha contribuito a migliorare la grandezza degli spicchi della ricchezza nazionale da distribuire, tuttavia rimangono ancora prioritarie le politiche per migliorare la distribuzione interna del reddito – ancora troppo iniqua – e la lotta alla povertà. Su questo fronte, anche se i sostegni di welfare garantiti nel 2004 hanno mostrato una sostanziale crescita, il Governo ha ancora molta strada da percorrere per il sostegno dei redditi. Nel 2004 è stata erogata ad esempio la cifra di 6.500.000 leu assicurati al netto dell'inflazione ad ogni persona con figlio a carico (al cambio medio leu/dollaro Usa del 2003 la somma ammonta a circa 195,79 dollari).
Vai al primo articolo pubblicato:
Il purgatorio della transizione: il caso della Romania
*Cristian Roner collabora con Osservatorio sui Balcani