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Slovenia: il neoliberismo radicale di Mićo Mrkaić

22.03.2005    scrive Franco Juri

Una testa di ponte per le politiche neoliberiste del governo di centrodestra sloveno. Si chiama Mićo Mrkaić, 37 anni, considera il welfare un mastodonte da abbattere e disprezza i sindacati. C'è chi paragona il suo gruppo di economisti ai "Chicago Boys" cileni, consiglieri e strateghi economici della giunta di Augusto Pinochet
E' appena tornato da un periodo di approfondimento negli USA e lancia la proposta di organizzare la »società civile« slovena per una lotta decisa contro la tassazione delle imprese e dei profitti ed i costi dello stato sociale, prendendo a modello i gruppi »grassroots« americani.

E' giovane e irriverente, disprezza i sindacati, considera il welfare un mastodonte da abbattere senza remore, la cultura sovvenzionata , soprattutto quella »di sinistra«, un inutile ingombro, i neokeynesiani dei ciarlatani, punta diritto sulla deregulation più estrema con un taglio netto delle tasse, tifa per la privatizzazione di tutto e si definisce ostinatamente »libertario«, stravolgendo il senso di questo termine premeditatamente per dare in pasto ai lettori delle sue infuocate colonne , pubblicate settimanalmente dal giornale economico Finance, una strumentale identificazione tra libertario e neoliberista.

L' enfant terrible della »nuova economia« slovena si chiama Mićo Mrkaić,37 anni, master di economia e fisica e un dottorato di filosofia presso la Cornegie Mellon University di Pittsburg, titolare della cattedra di economia alla Facoltà di scienze menegeriali di Lubiana . Da qualche mese è il guru indiscusso della nuova strategia economica del governo di centrodestra guidato da Janez Janša. Il premier lo ha nominato presidente del »Consiglio strategico economico del governo«, un organo »consultivo« ma di fatto anche »strategico« con funzioni di »superministero« e soprattutto di ardita avanguardia, di rompighiaccio nei piani fondamentalmente neoliberisti del governo Janša.

A fianco di Mrkaić siedono alcuni dei più decisi sostenitori sloveni del neoliberismo, gran parte dei quali formatisi nelle università americane; come ad esempio Jože P.Damjan e Matjaž Gantar nonchè Ivo Boscarol, quest' ultimo senza formazioni accademiche, ma piuttosto un esponente della »base« imprenditoriale, un noto costruttore di aerei ultraleggeri cui i giovani colleghi mettono qua e la in bocca iniziative che lasciano la società slovena sbalordita e preoccupata.

Come nel caso della tassa aggiuntiva che Boscarol propone, a mo' di penale, per le coppie ed i singoli cittadini senza prole. Chi non fa figli - sotiene Boscarol, mettendo in pratica la dottrina demografica dello stesso Mrkaić - deve pagare. La proposta , lanciata nello stile ufficioso tipico del Consiglio strategico governativo, ha rotto il tabu culturalmente liberale, fin'ora dominante in Slovenia, per cui la scelta sulla procreazione è libera e quindi un diritto del singolo. Nel suo programma economico Mrkaić la descrive invece come un elemento produttivo cui vanno applicati dei criteri economici e fiscali individuali, il tutto in un'ottica di rapido smantellamento dello stato sociale.

Quest'ultimo ha per il presidente del Consiglio strategico un ruolo di freno nello sviluppo economico. Altro che Strategia di Lisbona! L' Europa si muove troppo lenta, per Mrkaić l' unica ricetta valida è una rivoluzione nel tessuto economico-sociale e psicologico che sepellisca definitivamente qualsiasi riminiscenza marxiana o velleitarismo sociale. Il modello esemplare -secondo lui - arriva da oltreoceano, dai neoconservatori americani. Tutto deve essere lasciato in mano al libero mercato e alle sue regole. C'è già chi definisce gli ultratrentenni economisti di Janša ideologi dell'anarco-capitalismo. Il loro credo infatti tende ad un sistematico smantellamento dello stato centrale (da cui l'autodefinizione di libertari) ed evoca la consegna delle leve del potere ai detentori del capitale e del mercato.In pratica una corporativizzazione liberista della società.

Per molti versi il gruppo di Mrkaić ricorda da molto vicino i »Chicago boys«, i giovani economisti neoliberali cileni, formatisi negli USA, alla scuola di Friedeman, che negli anni '70 funsero da materia grigia agli oppositori del governo di sinistra di Savlador Allende e dopo il cruento colpo di stato militare, da consiglieri e strateghi economici della giunta di Augusto Pinochet, creando in Cile un »miracolo economico« illusorio, che americanizzò il paese smantellandone l'identità ed ogni prospettiva di sviluppo economico autonomo dalle scelte strategiche delle multinazionali.

I ministri di Janša fanno eco alle »provocazioni« di Mrkaić, qua e la però scartandone le proposte più radicali e di difficile digestione per un elettorato che alcuni mesi fa ha scelto Janša convinto che fosse lui il vero difensore del welfare, lui che li avrebbe riscattati dall'arroganza e dal clientelismo del precedente governo di »centrosinistra«, quello dei Liberaldemocratici di Anton Rop.

Ora c'è già chi, tra i ministri, caldeggia apertamente una quanto più rapida privatizzazione di quel settore pubblico, che nella cultura sociale ed economica della privilegiata e un po' scandinava Slovenia, è tale per antonomasia. Il ministro della sanità Bručan parla così ormai apertamente della »salvezza« che per il sistema sanitario (in verità ancora esemplare tra quelli pubblici europei) arriverà solo grazie alla sua quasi totale privatizzazione.

E la liberalizzazione di settori tradizionalmente in mano pubblica, timidamente azzardata già in epoca liberaldemocratica, avanzerà ulteriormente e investirà ben presto anche la scuola, naturalmente il settore bancario e assicurativo nella sua totalità, le infrastrutture e anche lo sfruttamento delle materie prime, non escluse le fonti idriche. Da buon calcolatore e da politico ormai esperto Janša saprà dosare i tempi giusti e orientare, attraverso un controllo sempre più capillare dei media da parte del capitale che sostiene la sua nuova politica economica, l'opinione pubblica slovena, in modo da portare a termine la manovra neoliberista senza eccessivi contraccolpi politici. Tanto più che a »sinistra« Janša può contare su un nuovo e affidabile alleato; Borut Pahor, il leader indiscusso dei socialdemocratici . A sorpresa e in barba alle sensibilità più diffuse nel suo partito, la Lista Unita dei Socialdemocratici, Pahor ha di recente tessuto le lodi del governo Janša, dissociandosi di fatto dalle critiche dell'opposizione liberaldemocratica. Niente di nuovo; è da tempo che Pahor si sta avvicinando alla destra con cui ha condiviso - allora come presidente del Parlamento - anche l'appoggio all'intervento americano in Iraq .L'astuto Janša riesce ora a proporsi pure come colui che - unico tra tutti - riesce a stemperare i radicalismi anti-sociali di Mrkaić e del suo gruppo.E Janša così mantiene nei sondaggi un appoggio popolare che supera il sessanta per cento dei consensi.
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