Intervista con Zlatan Sabanovic, responsabile di progetto della Commissione Internazionale per le Persone Scomparse (ICMP) a Tuzla. Il suo laboratorio è incaricato del lavoro di identificazione delle vittime della strage del luglio ‘95 a Srebrenica
Foto: Luka Zanoni
Nel laboratorio dell'ICMP di Tuzla
Un lungo e faticoso lavoro per identificare gli scomparsi di Srebrenica. E' di questo che si occupa il centro di Tuzla della Commissione Internazionale per le Persone Scomparse (ICMP). In questo laboratorio vengono eseguite le prime analisi sui cadaveri raccolti nelle fosse comuni, per arrivare alle identificazioni e consentire alle famiglie di seppellire i propri cari. Nel centro ci sono grosse stanze frigorifere, con oltre 4.000 sacchi bianchi. Contengono i resti dei corpi provenienti dalle fosse sinora scoperte. Zlatan Sabanovic è il responsabile del progetto. Ci accompagna nei locali insieme a Laura Yazedjian, antropologa forense, spiegandoci con precisione tutto il processo che porta all'identificazione. "E' un procedimento complesso che va dall'accoglienza dei resti all'essiccazione, a tutti gli esami necessari per l'identificazione". Indica delle grosse vasche: "Qui vengono lavati gli indumenti e i resti dei corpi. Le ossa devono poi essere asciugate per l'esame antropologico". Dal 2002, grazie ai progressi ottenuti nel campo delle identificazioni tramite Dna, il Centro riesce a risolvere centinaia di casi all'anno. E a timbrare i certificati di morte, punto finale del procedimento
Siete l'unico centro che si occupa dell'identificazione degli scomparsi?
Per quanto riguarda le identificazioni legate al territorio di Srebrenica, siamo gli unici. Abbiamo la sede qui a Tuzla, la nostra squadra di esperti ha il compito di identificare persone scomparse tra il 1992 e il 1995. Le località prese in esame, oltre a Srebrnica, sono anche Vlasenica e Zvornik, dove il numero degli scomparsi è però notevolmente inferiore. Il nostro progetto è stato reso necessario dal fatto che Srebrenica è uno dei posti più problematici di tutta la Bosnia Erzegovina: un terzo di tutti gli scomparsi durante la guerra in Bosnia sono gli scomparsi nel territorio di Srebrenica.
Quali sono le fasi principali del processo di identificazione?
Innanzitutto vengono esaminati gli indumenti e gli oggetti personali trovati addosso ad un corpo. L'addetto a questo compito fotografa e descrive gli oggetti personali, poi prosegue confrontando questi dati con le informazioni ricevute dalle famiglie delle persone scomparse. In contemporanea abbiamo l'autopsia, per cui le informazioni raccolte dopo la morte. Tutti questi dati vanno confrontati esclusivamente per individuare eventuali congruenze positive o meno. Sino al 2000, di questo esame preliminare era incaricato direttamente il Tribunale dell'Aja. Dopo il 2000 l'incarico è passato invece alla squadra di esperti locali. Adesso spetta a loro questa prima indagine.
Zlatan Sabanovic
Qual è lo stato in cui trovate i corpi?
L'autopsia ci fornisce un elenco dettagliato di tutto ciò che è stato rinvenuto. Se da quest'ultima non risultano essere state trovate tutte le parti del corpo significa che ci troviamo di fronte ad un caso di fossa comune secondaria. Dopo la guerra, nel 1996, in Republika Srpska si è cercato di nascondere i crimini commessi. Per far questo spesso le fosse comuni sono state spostate o rinvangate. Anche a Srebrenica, che rappresenta un caso del tutto particolare. 10.000 scomparsi in un periodo brevissimo. Solitamente il periodo della morte degli esaminati risale tra l'11 e il 17 luglio del '95. Particolarmente difficile, ad esempio, è risalire all'identificazione dei corpi rinvenuti nella fossa comune di Lipje, nel comune di Zvornik. Qui sono stati dissotterrati 263 sacchi pieni di resti di corpi umani. E' chiaro che questi resti sono stati spostati più volte, con gli escavatori, senza criterio. Durante i trasferimenti i corpi si sono spezzati, frantumanti e mescolati tra loro.
Vi occupate direttamente voi delle analisi sul DNA?
No, dopo le indagini preliminari campioni delle ossa vengono inviati in un centro d'identificazione a Tuzla, incaricato del coordinamento tra noi e i laboratori che effettuano le analisi sul DNA. Il rapporto sull'analisi del DNA ci permette la possibile identificazione della persona. Viene aperto un dossier nel quale si raccolgono tutte le informazioni alle quali siamo risaliti. Quindi si decide se è il caso di contattare la famiglia del defunto. Nel caso in cui l'identificazione sia positiva, coloro i quali si occupano del rapporto con le famiglie si mettono in contatto con i parenti dello scomparso e li informano del lavoro svolto e delle cose trovate durante la ricerca. Se i famigliari si convincono che vi sono elementi sufficienti che riconducono al loro parente, si compilano assieme specifici moduli sull'identificazione che certificano la morte.
Quindi finalmente si può procedere con la cerimonia funebre?
Con il rilascio del certificato della morte "lo scomparso" diventa "il defunto", e la famiglia può decidere dove seppellire il corpo: in Federazione o in Republika Srpska, nel Memoriale di Potocari. Sino ad ora la maggioranza delle famiglie, più di 1400, ha deciso di seppellire i propri cari nel Memoriale di Potocari, mentre circa 130 famiglie hanno deciso di seppellire i propri cari altrove. La Commissione sugli scomparsi provvede a sostenere queste spese.
Sono molte le famiglie che riescono a riconoscere i propri cari grazie agli oggetti o ai vestiti rinvenuti nelle fosse?
In quei tragici giorni del luglio 1995 gli eventi si sono accavallati. Molte spose e madri inoltre avevano lasciato Srebrenica già nel 1993, e per questo motivo non possono sapere che cosa gli scomparsi indossassero o quali oggetti avessero addosso in quei momenti. Abbiamo molti indumenti ed oggetti personali che nessuno ha riconosciuto. Comunque tutti questi indumenti ed oggetti vengono conservati per poter esporli al Museo, presso il Memoriale di Potocari.
Il Museo è già stato realizzato?
Credo che dovrebbe essere pronto per il decennale della strage. Probabilmente sarà inaugurato il prossimo 11 luglio. I responsabili della sua istituzione sono venuti da noi e ci hanno chiesto molte informazioni. Hanno intenzione di costruire delle teche in vetro dove raccogliere gli oggetti personali e le storie degli scomparsi. Probabilmente realizzeranno interviste ai famigliari, per ricostruire per ogni teca un'immagine della tragedia attraverso le vicende personali di chi l'ha vissuta.
Da quanto tempo è iniziato il processo di identificazione delle vittime di Srebrenica?
E' stato avviato nel 1997, da parte di un gruppo di esperti locali. Inizialmente si seguiva un metodo classico: il riconoscimento da parte dei famigliari di oggetti personali, di indumenti o caratteristiche fisiche individuate nei resti della persona scomparsa. Tra il 1997 e il 1999 è stato difficile lavorare con il metodo del DNA, dato che allora solo pochi laboratori al mondo lavoravano in questo campo effettuando le analisi del mitocondrio, che permette cioè di risalire lungo l'asse ereditario materno. All'inizio del 2000 il nostro Istituto, l'ICMP, ha deciso di creare anche in Bosnia laboratori in grado di analizzare il DNA. Nel 2001 ne sono stati aperti quattro che effettuavano anche analisi innovative, ad esempio quella cosiddetta "nucleare" che, nel caso di campioni di sangue adeguati prelevati dai parenti, permette di avere un'identificazione certa. In questi casi la situazione migliore è quando i genitori dello scomparso sono ancora in vita. Perché il figlio per metà ha ereditato i geni della madre e per metà i geni del padre. Ma per quanto riguarda Srebrenica la maggioranza dei donatori di sangue sono le spose e i figli, ed è più complesso risalire al padre biologico dai figli. All'inizio attorno ai metodi da noi adottati vi era scetticismo. Ma oggi abbiamo avuto successo con questo metodo in ben 90 casi.
Perché questi dubbi?
Era la prima volta che si applicava in Bosnia l'analisi mitocondriale. Prima dovevamo inviare i nostri campioni negli Stati Uniti o in Polonia, ma per ottenere i risultati dovevamo attendere più di un anno. Adesso tutto è più rapido. Qui, nel centro sportivo di Majdana, esiste un'altra equipe della Commissione internazionale sulle persone scomparse. Si tratta di un centro che coordina l'identificazione. Il suo compito è di raccogliere dalle famiglie i campioni di sangue e di coordinare il lavoro tra di noi e il laboratorio che effettua le analisi sul DNA. Sono loro che inviano i nostri campioni delle ossa e i loro campioni di sangue al laboratorio DNA. Il laboratorio DNA non sa nulla dei corpi, né di chi sono, né dove sono stato prelevati. Ogni corpo è identificato attraverso un codice.
Il processo termina con un timbro sul certificato di morte. E' lei che timbra il certificato?
Si. In questo progetto si rilasciano i certificati di morte.
Oltre a Tuzla, dove sono gli altri centri che si occupano delle analisi sul DNA?
Sono stati aperti laboratori a Sarajevo, Tuzla, Banja Luka e Belgrado.
Collaborate con Belgrado?
Tutto il lavoro è stato organizzato dalla Commissione internazionale per le Persone Scomparse, che ha previsto di istituire a Tuzla il laboratorio per la separazione del DNA dai campioni di sangue, a Sarajevo il laboratorio per l'analisi dei campioni delle ossa, mentre a Banja Luka e a Belgrado si seguono i casi più complessi: ad esempio se le ossa sono state bruciate. In ogni caso si lavora identificando sempre i resti con dei codici e di conseguenza nessun laboratorio è a conoscenza della provenienza dei dati. L'ICMP è incaricato del lavoro d'identificazione delle persone scomparse nell'intera ex-Jugoslavia, quindi arrivano campioni dall'intera regione.
Quanti sono i casi risolti sino ad ora?
Sino al 2002, l'anno di maggiori successi era stato il 2001, con 52 identificazioni. A novembre del 2001 poi abbiamo ottenuto il primo successo di congruenza attraverso l'analisi del DNA. Si trattava di un giovane di 15 anni. Sino ad allora veniva applicato il metodo classico. Quindi da quella data in poi il numero dei corpi identificati è aumentato di ben dieci volte. L'anno scorso è l'anno che conta il maggior numero di casi risolti, in tutto 534 identificazioni. Spero che questo numero continui ad aumentare. Il problema sono i corpi frantumati. All'inizio la nostra priorità era di lavorare sui corpi integri, perché volevamo restituire alle famiglie i corpi interi. Quest'anno abbiamo invece deciso di non aver nessun diritto a trattenere le parti dei corpi identificate. La Commissione federale ha deciso, nel caso la famiglia sia naturalmente d'accordo, di seppellire le parti riconosciute del corpo. Se ne saranno identificate delle altre verranno seppellite successivamente.
Dunque rimanete sempre in contatto con le famiglie?
Sempre. Senza questo contatto non si potrebbe lavorare.
I famigliari a volte quindi vi permettono di trattenere parti del corpo identificato?
La famiglia può esprimere il desiderio, attualmente esistono 35 casi di questo tipo, di aspettare per un certo periodo. Ma vi sono anche famiglie che hanno consentito la sepoltura del corpo incompleto.
Quanto costa l'intero procedimento?
E' un processo lento e costoso. Si fanno molte verifiche incrociate, e l'analisi del DNA è cara. Non conosco il prezzo esatto, credo all'incirca 200/300 dollari a campione.
Avete un limite di tempo per terminare tutte le identificazioni?
Per ora no, tutto dipende dai finanziamenti e dalle donazioni. E' difficile dare una tempistica rispetto al termine di questo lavoro. La Commissione internazionale delle persone scomparse aveva previsto all'incirca sette anni per completarlo. Ma non sono ancora stati esumati tutti i corpi. Fino ad ora sono stati dissotterrate all'incirca metà delle persone scomparse a Srebrenica. L'anno scorso nella Republika Srpska sono state trovate una trentina di nuove fosse comuni. Il processo è molto lento anche perché non ci è permesso alcun errore. Un'identificazione sbagliata metterebbe un punto interrogativo su tutto il progetto. Andiamo dalle famiglie solo quando siamo sicuri al 100%.
Mirella Vukota e Ema Nejmarlja hanno collaborato alla traduzione