La cronaca riporta con forza l’attenzione dell'opinione pubblica sull’Albania settentrionale, un’area ancora sganciata dalle istituzioni e dallo Stato, ostaggio della povertà, di egoismi politici e della criminalità
Alcuni recenti fatti di cronaca hanno portato il nord dell’Albania all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Quattro razzi anticarro sono stati fatti esplodere il 9 aprile scorso nel pieno centro della città di Bajram Curri (distretto di Tropoja), a pochi metri dalla sede locale dei servizi segreti albanesi (Shish). Ai mille problemi della popolazione di quella zona, si è aggiunta così la paura, mentre i media non hanno tardato ad accusare le autorità di aver trascurato il nord del Paese, abbandonandolo nella totale povertà e nella mancanza d’ordine pubblico.
Paradiso dei ricercati
Nonostante siano passati ben 8 anni dai tumultuosi giorni del marzo ’97, nessuno può nascondere che il nord dell’Albania, specialmente il distretto di Tropoja, rimane ancora nelle mani dei criminali. È difficile percepire il potere dello Stato: di fronte ai gravi atti criminali, le forze dell’ordine alzano spesso le mani rassegnandosi, confusi da un via vai di dirigenti che sembra non finire più. “Gli autori sono scappati in direzione ignota”, è la consueta frase che accompagna i comunicati stampa del Ministero dell’Interno. Una frase ormai ridicolizzata dai media e dall’opinione pubblica, che hanno aggiudicato al distretto di Tropoja il titolo di “paradiso dei ricercati”.
Non è la prima volta che a Tropoje vengono usati i razzi anticarro. Negli ultimi giorni del dicembre 2004, la sorte toccò alla “torre dei Haklaj” (come viene chiamata l’abitazione di una delle famiglie più conosciute della zona). Per mano di persone solitamente indicate come “non identificati”, altri 4 razzi misero alla prova la “resistenza” delle sue mura. La polizia di Tropoja arrivò sul luogo dell’accaduto con 11 ore di ritardo: dopo alcune rilevazioni, archiviò un altro caso destinato a non aprirsi mai più.
Stesso destino anche per le istituzioni: negli ultimi anni, uno dopo l’altro, sono stati attaccati l’edificio del Commissariato, del Tribunale locale, della Procura e quello di una banca. “Che altro deve essere attaccato a Tropoja, perché lo Stato albanese si dia una mossa e venga in aiuto ai suoi cittadini nel nord, condannati a soffrire infinitamente?”, si chiedeva in un editoriale del 10 aprile scorso il quotidiano “Gazeta Shqiptare”.
Abbandonati alla povertà
Il nord dell’Albania è decisamente una delle zone più povere ed arretrate nel Paese. Per molti, una delle cause maggiori di questo stato di cose è il conflitto decennale che ha segnato i Balcani occidentali: se al sud una boccata d’ossigeno all’economia locale è giunta dal commercio con la vicina Grecia, all’Albania centrale quello con la Macedonia e l’Italia, nel nord invece l’embargo imposto dall’Occidente all’ex Jugoslavia è stato per l’economia della zona una vera batosta.
Di fronte alla vita sempre più difficile, in molti si sono trasferiti dai paesini nelle città, mentre chi aveva più possibilità ha tentato la fortuna a Tirana o all’estero. Un fenomeno di immigrazione interna che ha conosciuto il suo colmo negli anni ’95-’97, quando al governo era il Partito Democratico dell’ex presidente Sali Berisha.
A peggiorare la situazione, ci ha pensato “l’arresto domiciliare” involontario di molte famiglie: causa il famigerato “Kanun”, conosciuto anche come il “codice della vendetta” che costringe i maschi delle famiglie in conflitto tra loro ad asserragliarsi in casa, l’unico luogo dove – secondo il codice - i familiari della persona uccisa non possono vendicare il sangue del loro parente togliendo la vita all’assassino.
Creato nella seconda metà del Quattrocento da Leke Dukagjini (uno dei più famosi leader dell’epoca dopo Skanderbeg), il “Kanun” ha rappresentato per molti secoli una “costituzione” del nord albanese, quando lo Stato, le sue leggi e le sue istituzioni non esistevano. Ha cessato di essere applicato durante i 50 anni del regime comunista, per poi tornare in vigore nei primi anni novanta insieme all’avvento della democrazia. Ora è anche causa del crollo economico di molte famiglie.
Per questo, 2000 rappresentati da diverse zone del nord dell’Albania si sono riuniti pochi giorni fa per aggiornare la “Costituzione delle montagne”, come fu definita dai media. Undici emendamenti in tutto che danno la responsabilità solo ed esclusivamente a chi ha commesso un omicidio e non ai suoi parenti. Sono state introdotte persino delle sanzioni: chi non rispetta gli emendamenti, viene dichiarato persona non-grata nel paese; nessuno prenderà in sposa sua figlia e nessuno darà una figlia in sposa ai maschi della famiglia del trasgressore; quest’ultimo non verrà invitato ai matrimoni e nessuno parteciperà ai suoi lutti.
Ma rimane il “diritto” di uccidere l’assassino! Una vera e propria sfida allo Stato, lo hanno definito gli opinionisti, dovuta all’abbandono delle autorità di questa parte della popolazione.
Ostaggio della politica
Ma il nord soffre anche dello scontro politico tra i due poli: molte delle sue città vengono sbandierate come roccaforti del Partito Democratico (Pd) di Berisha che accusano i socialisti di aver trascurato la zona apposta per questo motivo. Il Partito Socialista (Ps) accusa gli avversari di essere causa della mancanza dell’ordine pubblico nella zona.
Tropoja (città natale del leader del Pd) ne diventa di nuovo il simbolo. Dopo l’attacco al Commissariato nel 28 novembre del 2000, Riza Malaj, uno degli organizzatori, fu condannato a 5 anni di reclusione. Il Ps accusò i sostenitori dell’opposizione di aver tentato un colpo di Stato. Mentre dalla sede centrale del Pd ogni tentativo di arrestare Malaj venne definito come un attacco ai bastioni del partito.
La Polizia di Tropoje ha dichiarato spesso l’impossibilità di arrestare il latitante poiché vantava l’appoggio di forze politiche e di diversi deputati. Il superlatitante dell’Albania è stato catturato solo pochi giorni fa, l’8 aprile scorso, quando mentre stava pescando di frodo con un rudimentale ordigno in un fiume, ha perso entrambe le mani ed è stato ricoverato in un ospedale del Kosovo. Per la polizia dell’Unmik si è trattato di comune criminale e non ci ha pensato due volte ad arrestarlo.
Il nord dell’Albania continua il suo calvario tra la sofferenza, la povertà e la criminalità… finché qualcuno non si deciderà ad aiutarlo seriamente, a convincerlo che anche là c’è una sola autorità e una sola Costituzione da rispettare… quella dello Stato, a prescindere dai colori politici.