Balcani Cooperazione Osservatorio Caucaso
giovedì 08 settembre 2022 14:23

 

Ricordare Srebrenica

10.05.2005   

Appuntamento in vista del decennale di Srebrenica

Srebrenica era un villaggio della Bosnia, 15.000 abitanti in prevalenza musulmani. La sua “colpa”, per così dire, era quella di essere un’enclave musulmana in territorio serbo: per soli 10 km, quelli che la separavano dalla Drina, che faceva da confine.

Dichiarata dall’ONU “zona protetta e smilitarizzata” (i suoi difensori consegnarono, fidandosi, le armi), vide crescere la sua popolazione, con l’arrivo di profughi in cerca di un rifugio, fino a 60.000 persone, che conobbero tre anni di bombardamenti, di fame, di freddo. Poi, nell’estate del 1995 (Srebrenica cadde l’11 luglio), i suoi 320 “difensori” dell’ONU (olandesi, ora; prima erano stati francesi), preoccupati solo della propria sopravvivenza, la lasciarono alla mercé del generale Mladic e delle sue bande sanguinarie.

Fu vana la fuga angosciosa degli abitanti - uomini, donne, bambini - sulle montagne e nei boschi, dove i soldati di Mladic li braccarono. Tremila di loro vennero uccisi; di altri cinquemila non si trovarono tracce (se non anni dopo), e cioè vennero anch’essi uccisi. Fucilati, sgozzati, impalati, sepolti vivi nelle fosse comuni, le donne anche violate. Molti si suicidarono, non reggendo all’orrore. La fotografia di una di questi, una ragazza di vent’anni con una maglia rossa e una gonna bianca, impiccata ai rami di un albero, divenne l’immagine-simbolo di Srebrenica: si uccise quando era ormai quasi in salvo, nei pressi di Tuzla.

L’olocausto di Srebrenica fu l’ultimo tributo di sangue di 43 mesi di guerra alle porte di casa nostra. Fu il più grande massacro delle guerre dell’ex-Jugoslavia, e il più grande massacro in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale. Torture e sevizie vennero documentate in un video girato dai soldati olandesi dell’ONU, che però non venne mai più trovato: distrutto dagli stessi autori o cancellato dai loro comandanti.

Ecco perché occorre ricordare a cosa portano gli odi etnici, religiosi, nazionali. Ecco perché occorre ricordare Srebrenica.


PROGRAMMA

Introduce
Edi Rabini, Fondazione Alexander Langer, Bolzano

Presiede
Gianni Sofri, Presidente del Consiglio comunale di Bologna

Incontro con
Irfanka Pasagic, Tuzlanska Amica, Premio A. Langer 2005

Intervistata da
Gigi Riva, giornalista L’Espresso

Ospite d’onore
Selim Beslagic, ex Sindaco di Tuzla e Membro del Parlamento bosniaco



Organizzato in collaborazione con:

Amnesty International ONLUS - Gruppo Italia 019 Bologna
Associazione Adottando-Bologna ONLUS
Associazione Onde Amiche Bologna-Tuzla
Associazione Orlando
CGIL – CISL – UIL Bologna
CRAL Telecomunicazioni
D.O.C. Cooperativa sociale
Donne in Nero - Bologna
Fondazione Alexander Langer - Bolzano
ISCOS CISL
Le voci della luna - Sasso Marconi
Nexus CGIL Emilia Romagna
Peace Games
Radiocittà Fujiko
Una Città