I politici serbo bosniaci respingono il progetto di unificare le forze di polizia delle Entità in un unico corpo. Manifestazioni di sostegno a Banja Luka con le immagini di Karadzic e Mladic. La comunità internazionale sembra compatta: niente polizia unificata, niente adesione all’Europa
Di Mirna Skrbic*, Sarajevo, per Transitions Online, 23 maggio 2005 (titolo originale: “Don’t touch my cops”)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Poliziotti bosniaci colti in un momento di relax
SARAJEVO, Bosnia ed Erzegovina - Proprio quando il pubblico bosniaco pensava che dopo mesi di litigi l’accordo sulla riforma della polizia fosse a portata di mano, l’entità a prevalenza serba della Republika Srpska (RS) ha assestato al processo di riforma un colpo inaspettato respingendo il pacchetto.
La creazione di una forza di polizia unificata, che rimpiazzi le attuali forze, separate e sotto il comando dei Ministeri dell’Interno delle due entità della Bosnia, era una pietra angolare di un pacchetto di riforme richiesto dall’UE come precondizione per aprire i colloqui su un accordo di stabilizzazione ed associazione (SAA), primo passo sulla strada dell’adesione.
Anche se non tutto è perduto, preziosi mesi sono stati sprecati. Una delegazione dell’UE che ha visitato Sarajevo il 19 maggio ha chiarito che niente riforma della polizia voleva dire niente SAA.
Rappresentanti della RS, in occasione di un incontro sul Monte Vlasic a fine aprile, si erano detti d’accordo in linea di principio sul fatto che la Bosnia avrebbe dovuto avere una forza di polizia nazionale al posto delle forze delle singole entità. Ora invece il nazionalista Partito Democratico Serbo (SDS), attualmente al potere, ha detto chiaramente di essere contrario alla riforma.
Ad una seduta nella sede informale di un residence di Sarajevo il 16 maggio, i più alti funzionari bosniaci insieme all’Alto Rappresentante internazionale, Paddy Ashdown, hanno tentato di definire le nuove regioni di polizia e per cercare di dare una veste definitiva al pacchetto precedentemente discusso sul Monte Vlasic. La UE ha segnalato alle autorità locali che ulteriori colloqui per l’integrazione della Bosnia si potevano prendere in considerazione solo se la riforma della polizia, e la riforma del sistema radiotelevisivo pubblico, fossero state accettate. Una proposta di legge su quest’ultima questione è stata approvata il 17 maggio dal parlamento nazionale.
Ma i rappresentanti dei partiti serbi hanno rifiutato di discutere le mappe, dato che le nuove regioni di polizia avrebbero attraversato senza soluzione di continuità i confini tra la RS e l’altra entità, la Federazione Croato Bosniaca.
Il giorno successivo al fallimento dei colloqui, si sono tenute grandi manifestazioni di protesta nelle strade della capitale della RS, Banja Luka, organizzate da gruppi nazionalisti. I manifestanti, molti dei quali indossavano magliette con fotografie dei principali ricercati per crimini di guerra in Bosnia, Radovan Karadzic e Ratko Mladic, hanno proclamato rumorosamente che nazionalizzare la polizia dell’entità avrebbe significato la fine della RS.
Il capo dell’ufficio della Commissione Europea in Bosnia, Michael Humphreys, ha mostrato la sua disapprovazione in un articolo sul quotidiano della RS Nezavisne Novine. Humphreys ha respinto l’accusa che le nuove regioni di polizia siano un tentativo di colpire le entità, ribadendo che esse sono funzionali dal punto di vista del controllo di polizia del territorio.
Attualmente i criminali possono scappare attraverso i confini tra le entità, che la polizia non è autorizzata ad attraversare.
Alcuni osservatori credono che l’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR) potrebbe introdurre nuove sanzioni se i politici della RS non acconsentono alle riforme. Per Neven Kazazovic, noto analista militare, la situazione attuale è già “abbastanza sanzionatoria per la Bosnia”, perché blocca il cammino verso l’UE.
Kazazovic ha dichiarato a TOL che il compromesso appariva davvero molto difficile, non da ultimo a causa della posizione “prendere o lasciare” della UE in materia.
La UE ha presentato alle autorità bosniache tre condizioni cui la riforma della polizia deve ottemperare. La prima richiede che la polizia possa svolgere il suo lavoro senza interferenze politiche. La seconda prevede che il governo centrale bosniaco, anziché le due entità, abbia l’autorità finale sulla polizia. E la terza condizione richiede che, qualunque sia l’esatta configurazione delle regioni di polizia, esse debbano rendere più efficiente il controllo e la sorveglianza del territorio.
Ma “la questione non erano le mappe e le regioni”, ha detto Kazazovic a TOL. “La RS semplicemente non voleva accettare condizioni che comportavano una completa riforma della polizia”.
DAYTON O NO?
Una seduta speciale dell’assemblea nazionale della RS avrà luogo il 30 maggio per discutere la materia. Il Presidente della RS, Dragan Cavic, ha annunciato a una conferenza stampa la settimana scorsa che i partiti politici della RS devono prendere una decisione riguardo alla loro disponibilità ad “inghiottire il rospo”.
Ha enfatizzato che l’atteggiamento della comunità internazionale e dell’Alto Rappresentante erano univoche e non sarebbero cambiate. Un fallimento nella riforma della polizia condurrebbe perciò la Bosnia, e in particolare la RS, ad un isolamento maggiore.
“Tutti sono consapevoli che la gravità della situazione sta nel fatto che quello che è in gioco è un cambiamento degli accordi di Dayton che definiscono l’autorità delle entità: accettare i princìpi europei vuole dire abbandonare Dayton”, ha detto Cavic.
Gli accordi di Dayton nel 1995 posero fine alla guerra in Bosnia e riconobbero la RS come una delle due entità con un livello di autonomia estremamente alto.
I politici della RS hanno in diverse occasioni tentato di impedire le riforme sostenendo che esse sarebbero risultate in un cambiamento di Dayton e nella fine della autonomia serba in Bosnia: per esempio l’introduzione di targhe automobilistiche unificate per l’intero territorio nazionale, o di una valuta nazionale.
Dayton è certo stato cambiato nel corso degli anni, ma questo cambiamento è avvenuto per incrementi successivi, con molte esitazioni, e a volte senza una strategia chiara.
Un’analista politica della Fondazione Friedrich Ebert a Banja Luka, Tanja Topic, crede che Dayton non sia il problema. “Quello che posso dire sulla base della mia esperienza è che i partiti al governo, guidati dall’SDS, hanno creduto che accettare questa riforma avrebbe significato una sconfitta nelle prossime elezioni parlamentari del 2006. Al posto della riforma della polizia, hanno optato per le elezioni”.
La Topic ha spiegato che il tema della riforma della polizia è andato a toccare questioni molto più profonde e dolenti riguardanti la RS.
“Per dieci anni, ai cittadini della RS è stato detto che vivevano nel loro Stato, e in questo senso sono stati manipolati perché gli si diceva una cosa che non corrispondeva affatto alla realtà”, ha detto. “Ed ora che i politici sono in una situazione in cui devono mettere in chiaro alcuni aspetti, hanno paura della perdita di sostegno politico e, ancora una volta, stanno creando l’impressione che l’esistenza della RS sia in pericolo”.
Ancora una volta, ha detto la Topic, i partiti nazionalisti si propongono come salvatori della nazione.
E ADESSO?
C’è una piccola possibilità che i partiti serbi possano ancora cambiare idea in vista della univoca condanna e sotto la pressione della comunità internazionale. Continua la Topic: “Io credo che la comunità internazionale applicherà certi meccanismi di pressione per far sì che questa riforma abbia luogo. Non sarebbe la prima volta che degli attori politici fanno la scena in pubblico ma alla fine cedono”. Ma lei è tutto sommato scettica che questo accada, un’opinione condivisa da altri analisti locali e dai media.
La Topic ha anche detto che l’Alto Rappresentante, Paddy Ashdown, ha la sua parte di colpa. “Qualche tempo fa, Ashdown sosteneva che i veri riformatori erano i partiti nazionali, ed ora essi gli stanno mostrando fino a che punto si adoperano perché le riforme abbiano davvero luogo”. Ashdown ha causato diverse perplessità in Bosnia quando ha dichiarato che avrebbe potuto proficuamente trattare con i partiti nazionalisti, che erano entrati al governo dopo un breve interregno durante il quale i Socialdemocratici, non nazionalisti, avevano retto il potere.
Gli osservatori pensano che la riforma della polizia avrà luogo alla fine tramite l’azione legislativa del parlamento, ma che ci vorrà un po’ di tempo per questo, tempo che la Bosnia non ha. La finestra di opportunità per cominciare i colloqui su di un SAA si potrebbe chiudere prima che i legislatori locali raccolgano le energie per dibattere il problema.
Il fallimento della riforma della polizia è anche una dimostrazione delle continue divisioni della Bosnia e del suo frammentato sistema di governo.
Anche se i partiti nazionalisti hanno respinto la riforma in nome dell’autonomia dell’entità, saranno le forze di polizia “nazionali”, ovvero “di entità” che dovranno convivere con le conseguenze. Esse saranno ora private di migliori condizioni di lavoro e di salari più alti.
Antonio Prlenda, esperto in questioni militari per il quotidiano Oslobodjenje, ha dichiarato a TOL che la polizia aveva semplicemente bisogno di essere unita al fine di lavorare efficientemente.
“La polizia deve riflettere lo stato della popolazione in un Paese”, ha detto. “Deve essere multietnica, e la questione dell’etnìa non dovrebbe neppure venire fuori, solo quella dell’efficienza. Ora come ora, non ci sono garanzie che [le due forze di polizia] possano cooperare, e questa invece è una necessità”.
Prlenda ha detto che le nuove riforme avrebbero creato migliori condizioni di lavoro per la polizia.
“Alcuni poliziotti sarebbero stati licenziati, e fondi migliori allocati per equiparare i salari tra la RS [più povera] e la [più prospera] Federazione”, ha detto. “Un poliziotto che sia relativamente soddisfatto sarà più difficile da corrompere di quello che non lo è”.
Questa potrebbe essere l’ultima importante riforma varata sotto la sorveglianza di una presenza internazionale in Bosnia, in qualche modo intrusiva. La conferenza di Vlasic ha visto una grande campagna mediatica e una gran mole di lavoro da parte dell’ambasciatore degli USA, come anche dell’OHR; l’accordo è stato in prima battuta salutato come la prova che si poteva dare fiducia ai politici della Bosnia per governare il Paese liberi da interferenze esterne.
È ancora possibile che la comunità internazionale faccia ogni cosa in suo potere per salvaguardare questo massiccio investimento di capitale politico.
D’altro canto, la RS dovrà affrontare un maggiore isolamento. Ashdown ha detto la settimana scorsa che la RS minacciava di diventare la “parte turca di Cipro”, una regione impoverita senza riconoscimento internazionale. Per quanto fuorviante possa essere stato il paragone, alla luce dei recenti sviluppi a Cipro, nondimeno esso evidenzia i pericoli molto concreti che la Bosnia ancora ha di fronte nel suo incerto cammino verso l’UE e l’unità interna.
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Mirna Skrbic è una corrispondente di TOL