Una rivolta trasversale, che unisce le diverse comunità bosniache. E' quella dei contadini riuniti nell'Associazione dei Produttori Agricoli della Bosnia Erzegovina. Chiedono regole, in uno Stato diviso e deregolamentato, dove la frutta tropicale costa meno delle mele di Gorazde. Incontro con il leader delle proteste
Da Sarajevo, scrive Boris Vitlacil
Foto: Luisa Chiodi
Il sit-in davanti al Parlamento bosniaco
Negli ultimi due anni è diventata un'immagine piuttosto usuale vedere gli agricoltori bosniaci ai valichi di frontiera, raccolti in alcune associazioni di categoria, che protestano bloccando il passaggio con le mucche, versando il latte sull'asfalto – tutto per impedire l'importazione dei prodotti alimentari dai paesi vicini.
A svegliare i contadini dal lungo letargo è stata la piena attuazione dell'accordo di libero scambio regionale dei Balcani con la conseguente abolizione dei dazi doganali sui prodotti provenienti dalla Croazia e dalla Serbia e Montenegro. E' quindi sorta una lotta in difesa del mercato domestico.
I prodotti agricoli della Croazia o della Serbia sono abbondantemente sovvenzionati dalle politiche agricole di questi Paesi. La popolazione in Bosnia compra quindi i prodotti d'importazione, che costano di meno dei prodotti locali, contribuendo in questo modo all'aumento della disoccupazione nelle campagne bosniache.
In BiH delle circa 500.000 imprese agricole a conduzione familiare associate nella UPBiH (associazione che raccoglie gli agricoltori bosniaci), più del 40% si trova in condizioni di disagio economico. Ben l'82 % delle persone che in Bosnia vivono sotto la soglia di povertà appartiene alla popolazione agricola, stroncata dal basso livello di competitività della propria produzione agricola e dalla sovra-importazione dei prodotti alimentari.
Intervista ad un leader dei contadini
Il malessere dei contadini cresce, e con esso anche il desiderio di ribellione e quindi le proteste divampano. La contestazione ha fatto un salto di qualità con l'entrata in scena dell'Associazione dei Produttori Agricoli della Bosnia ed Erzegovina, (UPBiH) – l'unica associazione ad ombrello che è riuscita a raggruppare altre associazioni cantonali, regionali o di entità – che ha spostato subito il luogo della protesta dai valichi di frontiera alla capitale.
Una decina di tende da campeggio addobbano l'asfalto sarajevese, per di più davanti alle istituzioni del governo centrale della BiH. Qui da più di 40 giorni soggiornano, per protesta, una ventina di volontari per conto dell'Associazioni dei produttori agricoli.
La loro manifestazione di protesta è iniziata lo scorso 25 giugno, preceduta da altre 13 manifestazioni, e il loro leader è Ranko Bakić, uno dei rari personaggi pubblici in Bosnia capace di animare una protesta politica – dal cavalcare davanti al parlamento, al rilascio in libertà delle galline e delle capre sulle strade principali, al posizionamento di tende da campeggio davanti alle istituzioni nazionali.
Decidiamo di incontrarlo per sentire direttamente da lui le ragioni di una battaglia così perseverante. Ci accolgono nella loro tendopoli semplici agricoltori che, nell'ombra di un telone, cercano di scampare al caldo emanato dall'asfalto.
Salta subito all'occhio che questa associazione è riuscita lì dove altri non sono ancora arrivati: ha unito gli agricoltori di tutta la Bosnia ed Erzegovina. Gornji Vakuf, Prijedor, Tuzla, Živinice, Doboj, Bihać, Bosanski Brod, Gračanica hanno risposto all'appello. Sono spalla a spalla nella protesta e rivendicano tutti la stessa cosa: il miglioramento delle proprie condizioni di vita.
Dell'aspetto più formale delle rivendicazioni ci parla Ranko Bakić, presidente dell'associazione:
"La prima condizione è l'istituzionalizzazione di un ministero dell'agricoltura e di sviluppo rurale a livello della BiH, perché crediamo che senza un ministero comune non riusciremo a fare dei passi in avanti. La seconda cosa che chiediamo è la revisione degli accordi di libero scambio con la Croazia e la Serbia e Montenegro, poiché stiamo subendo un enorme deficit nella bilancia di pagamenti con l'importazione di prodotti agricoli. Nessuno vuole vendere la propria fatica per pochi centesimi al chilo, mentre la maggior parte del cibo si importa. Basta fare un giro ai mercati di frutta e verdura e vedere i prezzi dei prodotti locali. Costa di meno la frutta tropicale che proviene dall'Africa che la mela di Goražde!?"
Agricoltori in manifestazione
Ma come è possibile che si verifichi ciò? "I paesi con cui abbiamo l'accordo di libero scambio – prosegue Bakić – spendono molti soldi nella loro politica agricola. La Croazia solo nell'anno scorso ha speso 650 milioni di marchi, la Serbia più di un miliardo, e la Bosnia appena 56 milioni".
"Sui nostri mercati arrivano prodotti pesantemente sovvenzionati, il che condiziona un elevato effetto di dumping dei prezzi. Per di più manca una visione, o una qualsiasi strategia di sviluppo del settore agricolo in BiH. Ogni anno la priorità è qualcosa di diverso; un anno la priorità è il settore frutticolo, e il seguente l'allevamento di buoi. E la nostra agricoltura rimane poco concorrenziale".
Così circa 500.000 imprese agricole a conduzione familiare si sono associate, non tenendo conto delle differenze, e hanno cominciato a chiedere a gran voce un'istituzione forte a livello nazionale che si occupi di loro – e quello delle istituzioni comuni a livello della BiH è il problema politico di punta, che provoca attualmente maggiori tensioni tra le fazioni nazionalistiche.
Non è strano che la comunità internazionale cavalchi, o meglio supporti questa rivolta dal basso che porta avanti la rivendicazione di istituzioni comuni e di superamento degli accordi di Dayton. L'Alto rappresentante della comunità internazionale, Paddy Ashdown, e il capo della missione in Bosnia della Commissione Europea, Michael B. Humphreys, hanno visitato gli agricoltori accampati. Paddy Ashdown si è rivolto a loro dicendo: "Il vostro modo di esprimere l'insoddisfazione è pienamente corretto e bisogna incoraggiare questa prassi. Quando siete insoddisfatti con quello che il vostro governo fa, dovete protestare".
Anche la popolazione di Sarajevo si è accorta dei manifestanti. Per ringraziare, o per ingraziarsi i cittadini di Sarajevo l'associazione UPBiH, ha distribuito ai sarajevesi 3,5 tonnellate di latte e di prodotti caseari, e cinque tonnellate di cipolle, dono degli agricoltori erzegovesi. Centinaia di mani protese verso i sacchettini di cipolle e verso i cartoni di latte è stato il sostegno espresso, prevalentemente dai pensionati, agli agricoltori in protesta. Con le buste pronte per prendere gli alimenti i sarajevesi hanno applaudito ogni critica indirizzata al Consiglio di Ministri della BiH e in particolare al suo presidente Adnan Terzić.
"Già da due anni questo governo regala delle promesse, che poi non realizza. Fino ad oggi nessuno ha criticato le nostre rivendicazioni, il che dimostra che esse sono giuste".
Ma il governo finora si è dimostrato sordo alle richieste dei contadini. E nessun rappresentante politico della maggioranza si è deciso ad incontrarli. È periodo di vacanze, e poi "i problemi politici non si risolvono sulla strada" – ha dichiarato il primo ministro Adnan Terzić.
Gli agricoltori rimarranno lì ad oltranza e, stando alle loro dichiarazioni, aspetteranno il ritorno dei politici dalle vacanze per iniziare il dialogo con le istituzioni.