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Lukic, il processo per il terrore di Visegrad

16.08.2005   

L'arresto in Argentina di Milan Lukic, indiziato chiave per crimini di guerra compiuti della Bosnia Orientale potrebbe portare ad informazioni di vitale importanza sulla rete di sostenitori e protettori della latitanza di Radovan Karadzic. Un articolo di IWPR
Di Nerma Jelacic, Sarajevo, 10 agosto 2005, IWPR (titolo originale: "Lukic set to face trial for Visegrad terror").

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta


L'arresto in Argentina, nel corso di questa settimana, del leader paramilitare serbo bosniaco Milan Lukic segna la fine di anni di speculazioni sul fatto se egli si sarebbe consegnato volontariamente al Tribunale dell'Aja.

La polizia argentina ha catturato dietro mandato di cattura internazionale uno dei più ricercati indiziati bosniaci per crimini di guerra l'8 agosto, mentre si recava a Buenos Aires.

È stato successivamente confermato che egli è stato trattenuto in una stazione di polizia della capitale argentina, in attesa di essere interrogato da un magistrato.

Lukic è apparso in tribunale il 9 agosto e, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa Reuters, ha espresso la volontà di essere consegnato al Tribunale Criminale Internazionale per l'ex Jugoslavia dell'Aja. Ha anche respinto le accuse di essere responsabile di crimini di guerra nel conflitto bosniaco.

L'ex comandante paramilitare, che durante la guerra guidò una unità serba nella città di Visegrad, nella Bosnia orientale, fu inquisito dal Tribunale dell'Aja nel 1998.

I media argentini hanno riportato che il suo arresto, sette anni più tardi, è stato il risultato di uno sforzo congiunto dell'Interpol e delle locali forze di polizia.

I notiziari riportano che Lukic era arrivato a Buenos Aires due settimane prima, con un passaporto falso e disponendo di grandi somme in contanti, che aveva usato per affittare un appartamento in città.

Sembra che abbia pagato l'affitto di tre mesi in contanti al proprietario, il quale afferma di non aver neppure avuto idea che il suo nuovo affittuario fosse un serbo.

Al momento dell'arresto, sembra che Lukic stesse ritornando dopo essere andato a prendere sua moglie e la figlia di sette anni all'aeroporto di Buenos Aires.

Testimoni riportano che egli sembrava calmo mentre gli agenti armati circondavano la sua autovettura, benché la moglie e la bambina fossero visibilmente sconvolte. "Sembrava che invocassero il nome di Dio," hanno detto dei testimoni oculari.

Le prime fotografie scattate sulla scena dell'arresto suggeriscono che Lukic abbia acquistato un peso considerevole rispetto all'ultima volta che fu fotografato in pubblico.

Una fonte dell'Aja ha detto a BIRN che l'arresto di Lukic era atteso da diversi giorni, prima che accadesse effettivamente.

Funzionari della Serbia e della Republika Srpska, RS, entrambe a lungo criticate dalla comunità internazionale per la loro mancanza di cooperazione col Tribunale dell'Aja, si sono affrettati ad attribuirsi parte del merito per la cattura.

"L'arresto [di Lukic] è il risultato dell'incremento dell'attività operativa dei nostri servizi di sicurezza in cooperazione con la comunità internazionale," ha annunciato Rasim Ljajic, capo del Consiglio Nazionale Serbo per la Cooperazione col Tribunale dell'Aja.

Anche il ministro dell'Interno della RS ha riferito che l'operazione è giunta a coronamento dell'intenso lavoro di intelligence svolto dal suo ministero, in cooperazione con la polizia di Serbia e Montenegro e con la comunità internazionale.

Lukic, che compirà 38 anni il mese prossimo, è accusato di aver perpetrato alcuni dei crimini più sanguinosi della guerra che infuriò in Bosnia dal 1992 al 1995.

Nel 1998, gli inquirenti dell'Aja lo accusarono di 11 crimini contro l'umanità e di altre 9 violazioni delle leggi e consuetudini di guerra.

Secondo il mandato d'accusa, dalla metà dell'aprile 1992 fino almeno all'ottobre 1994, Lukic e i suoi subordinati nella sua unità paramilitare commisero numerosi crimini nella municipalità di Visegrad, inclusi omicidio, tortura, pestaggi, saccheggi e distruzioni di proprietà.

Il nome dell'unità paramilitare di Lukic, che si ritiene abbia operato in cooperazione con la polizia della RS e con altre formazioni militari durante la guerra, non è mai stato identificato con precisione. Gli inquirenti dell'Aja, i testimoni e il governo serbo si sono variamente riferiti ad essa come alle Aquile Bianche, ai Vendicatori o ai Lupi.

La polizia serba arrestò Lukic tre volte durante gli anni '90, per accuse che comprendevano il possesso illegale di armi da fuoco, la falsificazione di documenti e l'omicidio di un serbo di Visegrad che aveva aiutato i musulmani bosniaci a scappare dalla città. In ogni occasione, fu in seguito rilasciato.

Nel settembre 2003, un tribunale in Serbia condannò Lukic in contumacia a 20 anni di prigione per un altro insieme di accuse relative al rapimento e assassinio nel 1993 di 16 musulmani bosniaci catturati su un autobus al confine tra Serbia e Bosnia.

Dopo la guerra, si ritiene che Lukic sia stato coinvolto in una varietà di racket criminali operanti lungo i permeabili confini tra la Serbia e la RS. Per un lungo periodo visse pressoché alla luce del sole, mantenendo un appartamento a Belgrado, e fu spesso visto nella Bosnia orientale e in Serbia.

È stato solo l'anno scorso che alla fine entrò in clandestinità, in seguito alla pubblicazione di una inchiesta di BIRN sul suo coinvolgimento in lucrose operazioni di contrabbando di droga, in collegamento con la rete d'affari del presidente serbo-bosniaco al tempo della guerra, nonché massimo indiziato dell'Aja, Radovan Karadzic.

"Il denaro ottenuto dal contrabbando di droga era vitale per il sostentamento di Karadzic da fuggiasco e procurava allo stesso Lukic una solida rendita", aveva detto all'epoca a BIRN una fonte dei servizi segreti bosniaci.

Lo scorso gennaio però, le cose giunsero a un punto di rottura quando, secondo la stessa fonte dei servizi bosniaci, Lukic litigò con le guardie del corpo armate di Karadzic. Secondo quanto riferito, scoppiò una sparatoria in seguito a una discussione in merito all'ammontare della parte che Lukic avrebbe ricevuto per una particolare consegna di droga, e diverse fonti hanno detto a BIRN che Lukic rimase ferito.

Lo scontro lasciò a Lukic la sensazione di non essere al sicuro a Visegrad. E dopo che suo cugino, anch'esso indiziato, il generale Sreten Lukic, fu deposto dall'incarico di ministro dell'Interno serbo e tradotto all'Aja, Belgrado sembrò di poco migliore.

In varie occasioni, si dice che Lukic abbia espresso un interesse a collaborare col tribunale dell'Aja. L'anno scorso, BIRN ottenne la conferma che in effetti egli aveva per parecchi anni mantenuto contatti verbali con gli inquirenti.

"L'anno scorso [2003] si diceva che egli volesse arrendersi," disse all'epoca un funzionario del Tribunale. "Fu approntata una operazione perché ciò avvenisse, ma egli non si fece vedere".

I contatti di Lukic con l'Aja si intensificarono mentre i suoi rapporti con Karadzic s'inasprivano.

L'ultimo tentativo di combinare un incontro tra Lukic e i rappresentanti del tribunale dell'Aja culminarono nella tragica morte di suo fratello, Novica Lukic, che non era mai stato coinvolto in crimini di guerra. In una raffazzonata operazione nell'aprile 2004, le forze speciali del ministero dell'Interno della RS compirono un raid alla casa della famiglia di Lukic a Visegrad. Ma Milan non era là e al suo posto venne ucciso il fratello.

La volta successiva in cui si sentì parlare di Lukic fu l'8 aprile 2005, quando una lettera apparentemente scritta dall'indiziato in persona arrivò ai media di Bosnia e di Serbia.

"Io andrò all'Aja dopo quelli che mi diedero gli ordini", dichiarava la lettera. "Come posso andare all'Aja senza i miei superiori? Di certo dovrebbero essere là loro per primi, proprio come erano i primi a dare ordini durante la guerra".

Gli indiziati per i crimini nell'area includono il cugino di Lukic, Sredoje Lukic, ora anch'esso latitante, e Mitar Vasiljevic, che è stato processato e condannato dal tribunale dell'Aja.

Altri casi sono attualmente in corso nei tribunali bosniaci contro Novo Rajak e Boban Simsic, entrambi accusati di essere stati coinvolti nell'unità paramilitare di Lukic. Rajak è sotto processo e Simsic in attesa di processo.

Ma, come evidenzia la lettera scritta - stando alla lettera stessa - da Lukic, nessuno dei maggiori esponenti politici, militari o della polizia di Visegrad sono stati indiziati per crimini commessi sotto il loro comando anche se ci sono ampie prove del loro coinvolgimento.

Riferendosi apparentemente all'inchiesta di BIRN sulla frattura di Lukic con la rete di Karadzic, la lettera aggiunge: "Dopo l'assassinio di mio fratello, quella stessa gente [quelli che lui ritiene responsabili di aver ordinato i crimini] attraverso i loro giornalisti e il loro apparato propagandistico hanno cercato di farmi sembrare un traditore di Radovan Karadzic. Che menzogna spudorata e grossolana. A chi potrei mai dare informazioni, quando io stesso vivo come un fuorilegge?"

Continuava: "Io non sono mai stato un amico di Karadzic, né abbastanza vicino a lui... da conoscere i suoi movimenti. Io dico pubblicamente e per l'ennesima volta che per me [il generale Ratko] Mladic è sempre stato e sempre rimarrà il mio vero idolo ed eroe, e Karadzic il leader del mio popolo, e che è stato solo grazie a loro se il genocidio dell'ultima guerra [la Seconda Guerra Mondiale] contro il popolo serbo non si è ripetuto".

La lettera si chiudeva con Lukic che si diceva pronto ad apparire in tribunale, sia all'Aja che a Sarajevo, per ripetere le sue parole riguardo ai capi locali di Visegrad al tempo della guerra.

Il server da cui la e-mail era stata mandata fu rintracciato in Brasile. Quattro mesi dopo quel giorno, Lukic è stato arrestato in Argentina.

Ora verrà inoltrata la richiesta di estradizione, dopo che il primo incontro con un giudice argentino ha avuto luogo il 9 agosto.

Dato che Lukic è stato arrestato sulla base di un mandato internazionale, in seguito ad un'imputazione dell'Aja, il Tribunale avrà 30 giorni per presentare la sua domanda di estradizione.

Allo stesso tempo, anche la Serbia e Montenegro potrebbero richiedere che egli sia estradato a Belgrado, per scontare la condanna a 20 anni che egli già ha ricevuto da una corte locale.

Comunque ci si attende che la richiesta dell'Aja, in quanto proveniente da un tribunale internazionale, avrà la precedenza rispetto a quella dei tribunali serbi.

D'altro canto, se sono vere le notizie secondo cui Lukic è entrato in Argentina con un passaporto falso, le autorità locali potrebbero avviare le loro procedure penali.

Anche se - come sembra più probabile - Lukic verrà trasferito all'Aja nelle settimane a venire, ci saranno comunque questioni su dove egli verrà processato.

In precedenza nel corso di quest'anno, i procuratori dell'Aja hanno emesso una richiesta al Tribunale perché trasferisse 18 casi, compreso quello di Lukic, a tribunali dell'ex Jugoslavia, come parte della strategia di completamento per chiudere i lavori del Tribunale. In questo caso, il processo verrebbe probabilmente devoluto alla Camera per i Crimini di Guerra, appena formata all'interno della Corte Statale di Bosnia ed Erzegovina.

Esperti legali dicono che Belgrado potrebbe richiedere che Lukic sconti la sua condanna a 20 anni in una prigione bosniaca.

Tenendo presenti le attuali leggi bosniache, anche se questa richiesta venisse accolta, e un processo per i fatti di Visegrad giudicasse Lukic colpevole, la massima condanna che gli potrebbe venire comminata in Bosnia è di 45 anni.

Nerma Jelacic è project manager di IWPR/BIRN in Bosnia.



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