Un ulteriore contributo alla preparazione della conferenza internazionale di Ginevra dal titolo "Dieci anni da Dayton e oltre". L'autore in questo breve testo si sofferma su inadempienze ed (ir)responsabilità delle élites locali
Di Vjekoslav Domljan, membro dell'Associazione BiH 2005
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
L'attuazione delle riforme in BiH significa da un lato la de-costruzione delle tendenze violente e di un'economia gerarchizzata e dall'altro la costruzione dello stato di diritto e dell'economia di mercato. Ma, mentre ci sono dei buoni risultati nella de-costruzione, principalmente grazie a pressioni esterne al paese, più scarsi i risultati nella costruzione. Il numero delle truppe militari straniere è diminuito di dieci volte. Nel paese si può viaggiare senza grossi problemi. Alla domanda perché i processi si evolvono in questa maniera e perché a causa della loro disarmonia creano un buco nero, cioè un disordine legale, risponderà l'imminente conferenza internazionale "Dieci anni da Dayton e oltre", che si terrà il 20- 21 ottobre 2005 a Ginevra, organizzata dall'Associazione BiH 2005.
Non è interesse delle élites governative cambiare lo stato esistente. Ciò richiede la fatica del raggiungere un'uniformità di vedute, necessari per ottenere un accordo, ed in vista invece di solo incerti profitti futuri. Nessuna élite (cioè nessun partito, inteso come suo germoglio politico) è attualmente in grado di fornire propri punti di vista su come ritiene di introdurre cambiamenti. Le élites non desiderano eliminare il vuoto, cioè mettere ordine, perché l'ordine danneggerebbe le loro posizioni.
Le élites governative hanno fortemente sviluppato il "sospetto istituzionale" utilizzando il sistema di veto nei parlamenti. Lo fanno attraverso l'(ab)uso degli strumenti di protezione del vitale interesse nazionale. In questo modo l'assetto istituzionale rimane inalterato benché non sia funzionale. Le parole di Andric, secondo le quali "la guerra, anche la più lunga, scuote appena le questioni per le quali si è combattuto, ma la loro soluzione è lasciata ai tempi che verranno dopo che si è fatta la pace" anche nella situazione attuale della Bosnia Erzegovina si mostrano esatte.
Nella BiH è bloccato lo sviluppo organizzato o spontaneo delle istituzioni. Le élites governative, per proteggere i propri interessi, hanno bloccato lo sviluppo organizzato delle istituzioni, mentre è assente lo sviluppo di istituzioni spontanee, perché non vi sono azioni comuni dei cittadini in questa direzione. La società civile è sminuzzata. Come tale non può avviare azioni su grande scala.
L'introduzione dell'ordine è ciò che le élites temono. L'introduzione dell'ordine, cioè lo stato di diritto, porrebbe all'ordine del giorno numerose questioni, a partire dalle richieste di "garanzie" sulle proprietà o legate all'"amministrazione" di tale "proprietà" (per esempio perchè non tronano i conti: dello stato per le tasse non pagate, dei fondi pensionistici e di salute per i contributi non versati, per le banche per i crediti non restituiti, per i lavoratori per gli stipendi non versati e per i fornitori per le fatture non pagate). Lo temono anche perchè numerose questioni vengono cacciate sotto il tappeto, iniziando dalla restituzione della proprietà persa durante la guerra, dei vecchi risparmi in valuta straniera, e dei premi (del periodo prima della guerra) non pagati dalle assicurazioni ecc.
Perché perdere tutto questo tempo quando le élite stanno così bene? Questa situazione del buco nero istituzionale, cioè del disordine legale, offre loro vantaggi e irresponsabilità. E la non cura nei riguardi dei cittadini. E per evitare che ai cittadini possa venire in mente ciò, gli si offre la telenovela sulla (non)modificazione dell'Accordo di Pace di Dayton. Una élite dice di essere a favore dei cambiamenti dell'accordo, l'altra dice che non ne vuole sapere, mentre la terza dice di offrire dei cambiamenti "specifici" dell'accordo. Questa situazione ricorda le vecchie città greche, le quali "con tutti gli impegni di Delfo" (leggi OHR) non sono mai riuscite a mettersi d'accordo sul calendario comune (leggi festività statali), sicché "iniziavano addirittura l'anno in periodi diversi" (Lewis Mumford).
E la comunità internazionale, attenendosi ai principi democratici, aspetta che le élite si mettano d'accordo (cioè, che si massacrino), perché per essa solo una tale modalità di cambiamento dell'Accordo sarebbe accettabile. Così sono passati dieci anni da Dayton. E ne passeranno altri, finché i cittadini non si organizzeranno da soli, e con le loro azioni costringeranno le élite a mettersi d'accordo su di un nuovo accordo sociale (costituzione). Altrimenti, non gli resta che aspettare (come dice il famoso detto americano) che "la mafia inizi a scrivere le nuove leggi". Ai cittadini spetta giudicare (su) questi "costruttori". Che il popolo, sino ad ora, ha amato.