Solidarietà internazionale e impresa. Nuove modalità per fare cooperazione
15.11.2005
Imprenditori, istituzioni e associazioni trentini ne discutono
Perché oggi chi fa impresa dovrebbe interessarsi di cooperazione internazionale? Perché oltre ad essere soggetto economico dovrebbe svolgere una funzione sociale di primo piano sul territorio e in contesti geograficamente più ampi? E quali sono in pratica le modalità per fare cooperazione che offre alle imprese la nuova legge provinciale sulla solidarietà internazionale?
Oggi più che mai c’è una forte volontà delle imprese di sentirsi “soggetto sociale” e di contribuire alla costruzione della coesione sociale sul proprio territorio. Lo scenario politico ed economico contemporaneo, d’altra parte, ci impone di rivedere certe categorie, sulle quali avevamo costruito fino ad ora il nostro modello di sviluppo. Che senso ha infatti parlare di nord e sud oggi, quando, nell’era della liberalizzazione dei mercati, troviamo il nord nel sud e viceversa?
E ancora. Cosa significa in realtà cooperare? Quali risultati produce un approccio assistenzialista rispetto ad un modello di cooperazione che si basa sulla reciprocità nella convinzione che tra paesi di storie e culture diverse sia possibile instaurare un partenariato mutuamente proficuo?
Oggi più che di aiuti umanitari (che presuppongono intrinsecamente una superiorità e una maggiore efficienza di chi aiuta rispetto a chi riceve l’aiuto) si parla di cooperazione comunitaria, dove “comunitaria” sta ad identificare la creazione di una relazione permanente fra comunità. La capacità di riconoscersi interdipendenti, di conoscere le dinamiche locali e di interpretare il territorio.
Una cooperazione dove sono i territori i protagonisti della relazione. Una cooperazione che fa sistema dove i diversi soggetti politici, economici e sociali mettono in gioco le loro competenze nella reciproca responsabilità della crescita della comunità, qui e altrove.
Importante in tal senso la presenza al tavolo di discussione di Sead Jakupovic, direttore di una delle Agenzie di sviluppo locale di Prijedor in Bosnia, partner dell’Associazione trentina Progetto Prijedor. Bosniaco musulmano, prima della guerra, era direttore di produzione di una delle più grandi aziende di Prijedor, la “Celpak”, che occupava più di 1500 dipendenti. Internato nei campi di concentramento di Omarska e Maniaca, all’inizio del 1993 riuscì a rifugiarsi in Inghilterra. Rientrato in patria alla fine della guerra, promuove iniziative per sostenere il rientro della popolazione vittima della pulizia etnica (ad oggi 25.000 persone), e lavora al progetto di promozione di microimprenditoria a Prijedor, favorendo attraverso il Forum civico della città un contesto locale di studio, riflessione e dialogo sul tema della riconciliazione, fattore chiave per la pace nella comunità e l’avvio di un processo di sviluppo locale.
Quali vantaggi, dunque, per chi fa impresa partecipare in prima persona a processi di cooperazione?
E’ un vero e proprio investimento. Fare cooperazione permette di cogliere le dinamiche che caratterizzano il nostro tempo e di costruire un’azienda solida, promotrice della sostenibilità sociale e ambientale qui e là, dove il “qui e là” iniziano a sfumarsi in un contesto come quello attuale che non ha più confini geografici.
Intervengono
- Iva Berasi, Assessore provinciale alla Solidarietà internazionale
- Camilla Lunelli, Spumanti Ferrari
- Mauro Poli, Supermercati Poli
- Paolo Tonelli, Federazione trentina delle cooperative.
- Sead Jakupovic, direttore dell'Agenzia di Sviluppo locale di Prijedor, BiH.
Modera
Silvia Nejrotti, Osservatorio sui Balcani
All’interno dell’incontro verrà presentata l’iniziativa promossa da Fondazione Fontana ONLUS “Impresa solidale: un percorso di formazione per imprenditori sui temi della cooperazione e della solidarietà internazionale”, che si svolgerà lungo il 2006.