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Ultimo Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina

23.12.2005    scrive Massimo Moratti

Christian Schwartz Schilling è un politico tedesco con una lunga esperienza di lavoro nel Paese. Dovrà affrontare problemi vecchi ricorrendo sempre meno ai poteri coercitivi della comunità internazionale. Traghetterà la Bosnia Erzegovina verso una piena sovranità?
Christian Schwartz-Schilling
La nomina ufficiale è arrivata mercoledì 14 dicembre, alla riunione del Peace Implementation Council (PIC) di Parigi, ma era nell’aria da parecchio tempo. Christian Schwartz Schilling sarà il nuovo Alto Rappresentante e succederà a Paddy Ashdown il 31 gennaio 2006. Sarà anche l’ultimo Alto Rappresentante e il suo mandato sfumerà sempre più in quello del Rappresentante Speciale dell’Unione Europea, che già ora Paddy Ashdown riassume nella sua persona.

Christian Schwartz-Schilling, tedesco, ex ministro delle poste per la CDU nel governo Kohl, è probabilmente uno dei maggiori esperti sulla Bosnia ed Erzegovina dato che segue le vicende del paese fin dalla fine del conflitto come mediatore internazionale per la Federazione prima e per la Bosnia ed Erzegovina poi. Chi ha lavorato sul terreno in Bosnia ed Erzegovina, si ricorda le frequenti visite che Schwartz-Schilling faceva nelle municipalità dove c’erano dei problemi da risolvere e le lunghe e intense sedute di mediazione con le, a volte riottose, autorità locali.

Schwartz-Schilling ha fatto capire nelle prime interviste date alla stampa locale che il suo mandato sarà differente da quello di Ashdown. Lo sviluppo economico e la funzionalità delle istituzioni bosniache saranno le priorità del suo mandato. Durante il periodo di Ashdown, la comunità internazionale ha continuato a lavorare per creare e rafforzare le istituzioni centrali a scapito delle competenze delle entità. Le riforme in questo settore, spesso ottenute a colpi di decreti, sono state di notevole spessore: la riforma del settore della difesa, la riforma del sistema giudiziario, la progettata riforma delle forze di polizia, l’introduzione della imposta sul valore aggiunto a livello statale (anche se si temono i contraccolpi sociali di questa imposta...) solo per menzionare alcuni tra i maggiori risultati conseguiti da Ashdown nel corso del suo mandato. Ma, come Ashdown stesso ha avuto modo di ribadire alla conferenza di Ginevra, creare le istituzioni non basta, bisogna renderle funzionali. “Funzionalità” dovrebbe essere proprio la parola chiave per il nuovo Alto Rappresentante.

Le prime interviste di Schwartz-Schilling sembrano quindi indicare una certa continuità con l’operato di Ashdown e dei suoi predecessori. Lo stesso Peace Implementation Council, nell’elencare le priorità che la Bosnia ed Erzegovina dovrà affrontare nei prossimi mesi, mette la modernizzazione della costituzione e la funzionalità dei suoi organi al primo posto, con lo scopo di creare uno stato che sia innanzitutto uno stato dei cittadini. Subito dopo però tra le priorità viene anche l’arresto dei criminali di guerra Karadzic e Mladic, latitanti oramai da più di 10 anni, e il completamento del processo di ritorno dei rifugiati e degli sfollati.

Se vi è continuità negli obiettivi, cambieranno invece gli strumenti a disposizione dell’Alto Rappresentante. Confermando quanto già era trapelato in precedenza, Schwartz-Schilling ha ammesso che sarà all’80-90% il Rappresentante Speciale della UE e al 10% l’Alto Rappresentante. Leggendo tra le righe, questo significa che il ruolo di Schwartz-Schilling sarà meno interventista di Ashdown e il suo ufficio avrà più il compito di consigliare che di imporre decisioni: “Noi dobbiamo aiutare, ma loro (i politici locali) devono negoziare” - ha dichiarato il nuovo Alto Rappresentante nel corso di un’intervista per la televisione bosniaca. Ciò significa che i famosi “poteri imperiali” dell’Alto Rappresentante, cioè i poteri di imporre e abrogare legislazione e di rimuovere i funzionari pubblici che violino le disposizioni del trattato di pace (i c.d. “Bonn powers”, ndc), verranno utilizzati sempre meno fino alla loro totale scomparsa, che dovrebbe coincidere con le nuove elezioni che si terranno ad ottobre del 2006. In questo senso, già Paddy Ashdown ha iniziato la fase finale dei Bonn powers, riabilitando circa un centinaio di persone che erano state rimosse dai propri incarichi e consentendo loro di lavorare di nuovo all’interno del settore pubblico. È legittimo credere che vi saranno altre iniziative simili, in vista di restituire piena sovranità alle autorità bosniache e renderle responsabili di fronte ai cittadini.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è se le autorità politiche bosniache sono pronte ad assumersi le responsabilità del paese, dopo un così lungo periodo nel quale le decisioni più importanti venivano o prese dalla comunità internazionale o fortemente sostenute dalla stessa, come la riforma della polizia, che di fatto lasciava poca scelta ai politici bosniaci. Al momento non sembra che i politici bosniaci siano divenuti consapevoli di questo processo, nè si vede una maggior responsabilizzazione verso le sorti del paese. Questo traspare evidente dai negoziati sulla riforma costituzionale, che dopo le riunioni di Bruxelles e Washington, continuano ora in Bosnia ed Erzegovina con una serie di meetings e negoziati che vedono impegnati gli ambasciatori di Regno Unito e USA. Dopo l’impeto iniziale, le parti sono ritornate sulle proprie posizioni, soprattutto quando si tratta di ridefinire l’assetto del nuovo governo.

Poco hanno giovato nel corso dei negoziati i tentativi soprattutto da parte dell’SDA [Partito di Azione Democratica, ndc] di modificare in modo radicale l’assetto costituzionale del paese e la seguente polemica che è sorta tra il membro bosgnacco della presidenza, Sulejman Tihic, e il principale negoziatore, Donald Hays. Le malcelate aspettative dell’SDA in questo caso erano che fosse la comunità internazionale a dettare il nuovo ordinamento costituzionale, il che è stato fermamente respinto dai negoziatori internazionali, che vogliono limitarsi ad un ruolo di esortazione e mediazione in questa fase delicata. Il tempo stringe e il progresso al momento è decisamente limitato e rimane da chiedersi se sarà possibile raggiungere gli obiettivi date le scadenze dettate dal calendario elettorale: entro marzo i nuovi cambiamenti costituzionali dovrebbero essere già approvati e divenuti legge.

Sempre in tema costituzionale, un altro episodio che ha suscitato scalpore è stata la nomina a giudice della Corte Costituzionale di Seada Palavric. Seada Palavric era la vicepresidente dell’SDA di Sulejman Tihic. Lo stesso Sulejman Tihic è stato il promotore di numerose richieste in campo costituzionale, la più famosa delle quali mira a cambiare il nome della Republika Srpska. Numerosi osservatori hanno notato l’incongruenza di tale nomina, dati i casi che la signora Palavric dovrà affrontare in qualità di giudice. L’episodio è alquanto sconcertante e ha provocato numerosi commenti ed articoli sui giornali in Bosnia ed Erzegovina. L’Ufficio dell’Alto Rappresentante ha criticato la nomina, sottolineando la necessità di aumentare la trasparenza di tali nomine in futuro, ma chiaramente nè voleva, nè poteva far nulla per bloccarla. In questo ha deluso molti bosniaci che si aspettano l’intervento risolutore della comunità internazionale.

Ma nel processo di trasferimento delle responsabilità, la comunità internazionale deve disimpegnarsi e lasciar che i politici bosniaci facciano le loro scelte e vengano giudicati dagli elettori. È quindi logico aspettarsi ulteriori atteggiamenti “non interventisti” in futuro e sarà da vedere se la risposta delle autorità locali denoterà la maturità che ci si aspetta da loro. Nel caso dei cambiamenti costituzionali e nel caso Palavric questa maturità non è stata dimostrata.
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