Intervistato dal settimanale DANI Mirsad Tokaca, direttore del Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo, rende noti i dati della ricerca che sta conducendo per accertare i numeri effettivi delle vittime delle guerre degli anni novanta nella ex Jugoslavia
Di Emir Suljagic, DANI, 23 dicembre 2005 (tit. orig. Genocid nije u brojevima)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Mirsad Tokaca
Dani: Signor Tokaca, il Centro di ricerca e documentazione dovrebbe, entro il marzo dell'anno prossimo, finire il più ambizioso progetto bosniaco degli ultimi dieci anni: l'elenco di tutte le vittime della guerra. Potrebbe, per iniziare, dirci quanta gente è morta in realtà fra il 1992 e il 1995, delle diverse nazionalità?
Tokaca: Al 15 dicembre di quest'anno, sull'elenco si trovano 93. 837 nomi, di civili e di soldati, bosgnacchi, croati, serbi e gli altri. Fra essi ci sono 63. 687 bosgnacchi, 24. 216 serbi, 5. 057 croati e 877 altri. Inoltre, il numero dei nomi negli ultimi due mesi è cresciuto di 2.000: molti non capiscono che questa è la base di un progetto che non finisce mai. Entro la fine di marzo noi dovremmo terminare il progetto, consegnare i rapporti, ma quella non sarà la sua fine. Se entro marzo dovessimo avere sulla lista, per esempio, altri 5.000 nomi, è ovvio che non sospenderemo il progetto.
Dani: Che conclusioni si possono trarre in base ai dati che sono stati raccolti fino ad ora: in che periodo si moriva di più, esistono alcuni schemi che si ripetono in tutto il paese, come è la struttura delle vittime?
Tokaca: Nella nostra ricerca il territorio del paese viene diviso in sei regioni: Podrinje, Pounje, Posavina, Bosna, Vrbas e Hercegovina, perché all'epoca il paese era diviso in questo modo. Analizzando questi dati, abbiamo stabilito anche la distribuzione temporale delle morti, cioè abbiamo risposto alla domanda se la morte accadeva uniformemente oppure no dal 1992 al 1995; nella ricerca che ho fatto per esigenze del Tribunale si vede che, per esempio a Podrinje la maggior parte delle persone sono state uccise nei quattro mesi del 1992, fra aprile e agosto. Poi c'è una grande calma, dopo di che accade Srebrenica. Nelle vittime militari la distribuzione temporale delle morti è completamente diversa. Tutta un'altra cosa è la distribuzione temporale delle vittime civili, per esempio tutti colleghiamo Srebrenica con il luglio 1995, ma là non c'era solo la gente di Srebrenica, c'era tanta gente di Zvornik, Vlasenica, Bratunac, che era arrivata a Srebrenica, e là la storia si è conclusa in una forma condensata. Questi studi dimostreranno la struttura relativa al sesso e alla età delle vittime: abbiamo già pubblicato gli studi sul numero dei bambini uccisi nei quattro comuni nominati nella Bosnia orientale dai quali si vede che nel 1992 sono stati uccisi 427 bambini, nel 1993 sono stati uccisi 80 bambini, nel 1994 quattro e nel 1995 - 731 bambini.
Dani: Questi nuovi numeri hanno implicazioni tali da far convincere almeno una parte dell'opinione pubblica che in Bosnia ed Erzegovina è stato commesso un genocidio? E se sì, in che misura?
Tokaca: Questi numeri mi rendono solo più convinto che tutto sia accaduto nel 1992, che il genocidio sia accaduto proprio allora. Il genocidio non è una questione di numeri, specialmente dopo la sentenza a Radislav Krstic. Né la Convenzione sul genocidio parla di numeri, ma si basa sull'intento di eliminare o uccidere un gruppo, ma anche di esporlo a condizioni di vita che possono condurre alla sua estinzione. L'estinzione non significa che la vittima deve essere eliminata fisicamente, ma basta che non viva più nell'ambiente abituale, che i cittadini della BiH non vivano più nella loro patria, che la gente di Zvornik non viva più nella sua città... e questa era l'intenzione di chi ha attaccato la Bosnia ed Erzegovina. Questi numeri mi rendono solo più convinto che la storia dei numeri non è la storia del genocidio; l'identità delle vittime è la storia del genocidio, il modo in cui sono morti, il periodo di tempo in cui sono morti. Prendiamo come esempio Zvornik, per il quale le indagini mostrano che il crimine è accaduto nel periodo aprile- agosto, che l'apice delle uccisioni è stato nel maggio-giugno, e l'apice della scomparsa giugno-luglio, e che questi due fenomeni coincidono completamente. Lo stesso quadro si ripete, tranne nel caso di Srebrenica, Bratunac, Vlasenica, Sarajevo, Prijedor. Qua parliamo di vittime civili, e loro sono in proporzione inversa alla crescita della resistenza, al crescere della resistenza calava il numero delle vittime.
Dani: Con questa indagine avete distrutto il mito che esisteva fra i bosgnacchi: che nella guerra sono stati uccisi 200.000 loro connazionali. Questa è la cifra che per la prima volta è stata data da Alija Izetbegovic nel 1993, durante la conferenza per la stampa dopo uno dei round delle trattative di Ginevra. In che modo spiega questa differenza delle cifre, da una parte, e se lei è cosciente del fatto che questa indagine non le ha certo portato tanti amici?
Mirsad Tokaca
Tokaca: Non so quando, dove e chi abbia detto questa cosa, non mi interessa. Per me non ci sono verità che non siano interrogative: per me era chiaro che questa cifra fosse troppa alta. Questo è stato ciò che mi ha spinto a condurre questa indagine. Il mito sulle vittime è un mito contro le vittime, e questo è il più grande favore che gli possiamo fare. Cambiare i numeri non cambierà nulla. Questi numeri mostrano l'intenzione e per il fatto che non si tratti di una tale cifra, e grazie a Dio non si tratta, possiamo ringraziare solo la coraggiosa resistenza dei cittadini di questo paese. Quando abbiamo iniziato l'indagine, anche noi abbiamo notato di avere un forte aumento della base di dati, ma dopo l'analisi abbiamo notato che c'erano tanti doppioni nel database: dalle istituzioni ufficiali abbiamo ricevuto le liste dove compaiono i nomi. Questa cifra di 200.000 è risultata dal fatto che a Sarajevo arrivavano informazioni da tutte le parti, e l'impiegato che li ha sistemati in modo non scrupoloso, alla fine ha sommato le pere le mele e ha ottenuto la cifra di duecentomila. Diciamo, in questo momento nel nostro database abbiamo 300.000 nomi, ma questo non è anche il numero delle vittime.
Dani: In alcuni articoli dei giornali che sono apparsi recentemente, è stato detto che nell'elenco del Centro il numero delle vittime militari è superiore a quelle civili. E' vero? e che significato ha per il risultato finale della ricerca?
Tokaca: No, no, il numero delle vittime civili è sempre stato più alto: ecco, per esempio, quando si tratta delle vittime bosgnacche, oltre il cinquanta per cento sono civili...
Dani: E che ne è delle vittime, e ce ne sono a migliaia, che sono state dichiarate militari nonostante fossero civili? So che nel caso di Srebrenica migliaia di persone sono state dichiarate come militari, perché era l'unico modo per le loro famiglie di sopravvivere e perché lo Stato non aveva gli strumenti per occuparsi di loro. Dove sono inserite queste vittime?
Tokaca: Non fa parte del mio lavoro classificarli. Se lo Stato ha detto che si tratta di vittime militari, allora sono vittime militari, benché anch'io possiedo i dati che indicano che non lo sono tutti. Se possiedo tre fonti e se una è quella ufficiale e se questa fonte afferma che la vittima è militare, allora io cosa posso fare? E' una questione che questo paese deve affrontare: ancora nel 1995, subito dopo Srebrenica, ho avvertito di questo problema alcune persone di questo paese. Per molte famiglie il fatto che un membro della loro famiglia facesse parte dell'Esercito della BiH era la salvezza della mera esistenza, una questione di sopravvivenza. E quando questa gente comune sceglie fra la menzogna sullo status durante la guerra e la sopravvivenza, allora sceglierà la menzogna. L'arrivo di una famiglia di Srebrenica a Sarajevo, subito dopo la guerra, significava questo - la sopravvivenza. E gli unici che potevano contare su una specie di aiuto erano i membri delle formazioni militari, cioè le loro famiglie. Invece, il governo non si è ancora occupato del problema delle vittime civili della guerra. Qua sta la risposta a questa domanda. Non si tratta di niente di nuovo: già da 60 anni in questo paese bastano due testimoni per approvare lo status di militare. Non volevo entrare nella questione, non ho nemmeno cercato di farlo, il mio compito era di scoprire chi è stato ucciso, di avere chiara questa cosa. E' assurdo che in questo paese, in nessuno di questi numerosi ministeri, non riusciate a trovate un database come il nostro. Perché? Per poter fare più facilmente manipolazioni con le vittime, perché, vi rammento, che il numero delle vittime anche dopo la guerra aumentava, e ogni anno dopo la guerra avevamo sempre più vittime rispetto all'anno precedente.
Dani: Temo che non sarà difficile convincere me dei risultati delle vostre indagini, ma in che modo risponderete agli argomenti di un capo della SDA che andrà fra le vittime di Srebrenica o di Prijedor e dirà :”Mirsad Tokaca diminuisce il numero degli uccisi”?
Tokaca: Loro lo stanno già facendo e in modo molto perfido sfruttano le associazioni delle vittime. Io so quello che voglio e so esattamente cosa produce questo elenco, e non si tratta solo di questo tipo di reazioni. Ciò che abbiamo fatto ha delle conseguenze a lungo termine. E' una sorta di de-collettivizzazione della verità e con questo abbiamo lasciato senza argomenti le persone che vorrebbero creare tre o quattro verità parallele, che percorrono strade in modo parallelo, che sono divise da un muro di vetro e che non si ascoltano fra di loro. Con questo noi abbiamo voluto dire: “Stop, adesso siete tutti nella stessa barca!” La mia impressione è che le famiglie delle vittime si siano un po' spaventate di tutto ciò, in particolare in quelle associazioni delle vittime che si trovano sotto il diretto controllo politico. Come se gli avessi tolto l'unico argomento sul quale si poggiavano, perché si erano immaginati di essere i rappresentanti di tutte le vittime. Chiudere le vittime nella loro sfortuna impedisce qualsiasi idea di libertà; queste persone sono prigioniere della loro sfortuna e a loro è lasciato solo di essere vittime, che per loro era unico l'appoggio, l'unico ramo al quale sono rimasti aggrappati e loro adesso hanno impressione che io abbia tagliato questo ramo.
Dani: Da tempo si stanno facendo i preparativi per fondare la Commissione per la verità e la riconciliazione e in questa iniziativa è incluso anche Donald Hays, ex vice dell'Alto rappresentante. Se non sbaglio, nell'Assemblea parlamentare si è tenuta anche una discussione pubblica su questa questione, ed è stato formato anche un gruppo di lavoro... cosa ne pensa: a questo paese serve una commissione per la verità e la riconciliazione, e se sì, come deve essere?
Tokaca: Questa storia dura già da alcuni anni. Ci sono diversi modi per affrontare l'argomento: io sono per un assoluto dominio della giustizia, dell'amministrazione della giustizia, della polizia e, in aggiunta a ciò, dico che potrebbe essere un'istituzione di tipo statale. Mi astengo dal definirla, perché l'idea della commissione è compromettente, non certo grazie a me, ma alle persone che da anni girano attorno a questo progetto. Venire in Bosnia e dire che ci serve la commissione secondo il modello della repubblica sud africana è una stupidaggine, specialmente quando lo si fa nella fase critica del lavoro del Tribunale dell'Aja. Le istituzioni della giustizia sono fondamentali per il futuro di questo paese, ma ci sono troppi assassini in questo paese. Adesso la questione è quale meccanismo costruire per aiutare non tanto di arrivare alla verità - dovrebbe chiamarsi commissione per accettare la verità - ma alla sua accettazione, perché ce ne sono così tante di verità approvate, e verificate da parte del tribunale. Nella proposta di legge sulla commissione per la riconciliazione, che Jakob Finci ha inviato al Parlamento, c'è scritto che la commissione si occuperà degli avvenimenti accaduti dal 10 dicembre del 1990 in avanti, cioè a partire dalle prime elezioni, e che si occuperà delle violazioni dei diritti umani?! Io non accetterei qualcosa che non rispetti le decisioni del Tribunale, le risoluzioni dell'ONU e che non sia un'indagine sulle violazioni delle norme del diritto umanitario internazionale. Perché la guerra c'è stata, e in guerra alcuni diritti umani possono essere sospesi in modo del tutto legale. Non mi serve l'uovo del cuculo che qua sono stati violati i diritti umani: qua è stato commesso un genocidio! Se questa commissione, a prescindere da come si chiamerà, non si occuperà di queste cose, allora di cosa si occuperà? La domanda chiave è se la commissione deve soltanto constatare la situazione oppure deve, in base a questi esami, proporre dei cambiamenti. La verità è che noi in questo momento conduciamo una vita che è il prodotto del genocidio: io voglio la risposta alla domanda perché faccio questa vita. Noi in questo paese ci metteremo d'accordo sul bilancio della guerra, ci metteremo d'accordo anche riguardo Omarska e Keraterm e riguardo Celebica, ma non sulla causa della guerra.
Dani: Lei crede nella capacità degli attuali apparati repressivi di processare i crimini di guerra, tenendo presente che la polizia locale è piena zeppa di assassini? Il più famoso è Goran Novic, ex inquisitore di Omarska, oggi capo della Direzione per l'addestramento dei quadri della SIPA (State Investigation and Protection Agency, ndt.), ma sicuramente non è un caso isolato...
Tokaca: Boban Simsic, oggi processato per crimini di guerra, fino a ieri era un regolare poliziotto a Visegrad. Qua tutto viene fatto al contrario: l'Alto rappresentante discute sulle riforme della polizia dieci anni dopo la fine della guerra, invece doveva essere la prima cosa da fare. E in modo tale che queste formazioni criminali e corrotte saranno sciolte: nei crimini importanti hanno partecipato le formazioni della polizia. Non credo, perché è possibile approvarlo matematicamente, che quella polizia possa fare qualche cosa. La costituzione di Dayton, articolo 3, punto e, contiene l'ordine di togliere tutti i sospettati di crimini di guerra da tutti i posti nell'apparato d'amministrazione; l'attuale proposta di fondazione della commissione per la riconciliazione non nomina la possibilità della loro eliminazione! Senza lustrazione, senza togliere le persone che hanno commesso i crimini, non c'è salvezza per noi. Si tratta di uno degli elementi aggiuntivi, fuori dal tribunale, che bisogna applicare.
Dani: L'accusa contro la Serbia e Montenegro: in questo momento la BiH è pronta per questo processo e per dirlo in modo peggiorativo, in che stato sono le nostre azioni? Devo riconoscere di essere rimasto impressionato quando, durante l'ultima discussione di questo processo, ho visto chi c'era nella parte serba della sala, ad iniziare da Tibor Varadi e via di seguito. Dalla nostra parte, togliendo gli stranieri, non c'era nessuno di rappresentativo, e ad un diplomatico, al quale non era affatto chiaro cosa ci facesse nella nostra delegazione, in mezzo alla discussione, gli è suonato il cellulare...
Tokaca: Qui, oggi, cos'è lo Stato? Bisogna prima chiarire una cosa: tutti i diritti e gli obblighi della RBiH sono stati presi sulla base di un accordo internazionale, fra l'altro anche questa accusa. Dunque, essa è stata ereditata, e se è fondata oppure no non è più una cosa controversa. Per quanto riguarda l'organizzazione, lo Stato non è per niente pronto, perché l'accusa, guardando dal punto di vista delle istituzioni, non esiste. I preparativi per questo processo non sono istituzionalizzati, lo Stato ha tolto il budget per l'accusa e poi è stata formata un'associazione che raccoglie i soldi. E di questo sono responsabili i più alti funzionari politici, quelli che si legittimano come difensori dello Stato e del popolo che ha sopportato le più grandi sofferenze. C'erano tutte le condizioni di legge per far entrare l'accusa nel budget, ma loro hanno rinunciato. Invece di dire: “Non ci sarà budget se questo non farà parte nel budget”. Io sono spaventato. Nonostante tutte le cose in senso fattuale vadano a nostro vantaggio, credo che la gente che ha condotto questa questione e la sta conducendo non lo stia facendo nel modo giusto. Ogni paese normale avrebbe avuto più squadre per sostenere l'accusa: da noi purtroppo non è così. Da noi tutto è stato ridotto a poche persone. Che ci portino via le fate. A noi non succede nulla per merito nostro e potrebbe solo accadere che i giudici capiscano di cosa si tratta. Mi dispiace doverlo dire, non è il momento per dirlo, ma io ho paura. Io amo questo paese e non mi servono le illusioni. Credo che la giustizia sia dalla nostra parte, ma ci sono tante finezze, questioni tecniche che fanno perdere o vincere. Alcune persone mi hanno chiamato e mi hanno chiesto la lista delle vittime più o meno in questo modo: “Daccelo, per Dio, mettilo su un dischetto!” Ma ci sta a malapena su un DVD! Questa è una causa che vale milioni e nessuno mi può convincere che questo paese non sia riuscito a trovare alcuni milioni di euro e ad investirli, perché questo è un investimento. Quindi, si poteva calcolare che la causa vale tot soldi, e se noi non non avevamo personale all'altezza, allora avremmo potuto cercarlo all'estero e pagarlo. Ho partecipato ad alcune conferenze riguardo l'accusa e devo dire tutto era sotto sopra, e c'erano persone che dovevano farsi sentire prima di me. Ciò poteva essere fatto in modo molto più responsabile, è una questione che riguarda tutti noi. Voglio credere che vinceremo noi, grazie ai fatti, perché dalla nostra parte c'è soltanto la nostra tragedia. Tutto il resto è contro di noi.