In Romania la divisione di una diocesi ha causato polemiche, manifestazioni ed accesi dibattiti. Con il coinvolgimento anche dei servizi segreti. Alla ribalta il tema del rapporto tra Stato e Chiesa
Mentre centinaia di fedeli protestavano davanti al palazzo del patriarcato di Bucarest il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena prendeva la decisione di dividere in due la diocesi di Ardeal. Dopo mesi di lotte intestine un comunicato stampa del Patriarcato romeno ha infine annunciato, senza peraltro commentarla, la decisione storica.
La nuova diocesi di Transilvania, avrà sede a Cluj Napoca mentre la vecchia, quella di Ardeal, rimarrà a Sibiu. In un certo senso la decisione - presa dal Santo Sinodo con 38 voti a favore e due astensioni – conferma voci che già circolavano ed ha apparentemente calmato gli alti prelati mossi in questi mesi più da propri interessi che da quelli dei fedeli, come ha commentato gran parte della stampa romena.
La diocesi di Ardeal (che ha giurisdizione su quattro contee) resta al terzo posto come importanza nella chiesa romena davanti a quella della Transilvania. Questo però più dal punto di vista formale che sostanziale dato che ha perso fedeli e che nelle due contee di Covasna e Harghita la minoranza magiara, localmente maggioritaria, non è di religione ortodossa.
Sin da novembre - quando era stata preannunciata la divisione della diocesi proprio il giorno successivo all'elezione di Laurentiu Streza come metropolita di Ardeal - e fino il 18 gennaio - quando è stata presa la decisione - molti religiosi e fedeli hanno protestato, sostenendo che un'eventuale divisione avrebbe rappresentato una scissione in seno alla chiesa ortodossa rumena ed addirittura una scissione territoriale dell'Ardeal.
Il vescovo vicario, Vicentu Ploieseanu, provò a calmare gli animi, dichiarando che nessuno avrebbe dovuto temere un indebolimento dell'unità della chiesa. Ma nella chiesa un indebolimento, causato dalle continue lotte per il potere, era già avvenuto.
In questi ultimi mesi infatti sono stati citati vari argomenti, più o meno credibili, a favore della divisione della diocesi tra i quali la distanza geografica tra i suoi centri vitali oppure la necessità di dare risposta ai fedeli e religiosi raggruppati intorno alla nuova diocesi della Transilvania.
Ma la divisione arriva in realtà dopo una serrata lotta per il potere. Tra due gruppi: quello di Laurentiu Streza (58 anni) metropolita di Ardeal e quello di Bartolomeu Anania (75 anni), vescovo di Cluj e ora metropolita della Transilvania. Laurenziu Streza, il metropolita di Sibiu, è visto come un religioso favorevole all'ecumenismo mentre Bartolomeo Anania sembrerebbe piuttosto ostile ad un tale orientamento, puntando più sul conservatorismo ortodosso. Gli spiriti si sono infiammati con la recente elezione di Streza che ha provocato lo scontento di Anania e la richiesta da parte dei suoi sostenitori di dividere la Metropolia.
Alla fine l'ha avuta vinta quest'ultimo, descritto in un articolo del giornale "Romania libera" come "ex agente del dipartimento di informazioni estere della Romania". Non è quest'ultima un'accusa particolarmente scandalosa: dopo la caduta del comunismo nell'89 molti alti prelati romeni sono stati accusati sui giornali di essere stati collaboratori del regime nonché della polizia politica. Un altro giornale di Bucarest, "Averea", riportava invece la dichiarazione di Dan Ciachir, rinomato esperto di affari religiosi secondo il quale "Sua Eminenza Laurentiu Streza non è accettata dagli abitanti di Ardeal ed è stato eletto soprattutto da padre Daniel (n.r. metropolita della Moldova romena), dai servizi segreti e dagli universitari di Sibiu".
Ancora oggi continuano ad arrivare da una parte e dall'altra accuse che hanno a che fare "con i servizi segreti", una malattia ereditata dall'ex regime comunista.
Agli esperti non è comunque sfuggito l'aspetto politico della vicenda. Perché il Metropolita Bartolomeu Anania godrebbe di un appoggio che arriva proprio dal mondo politico: il leader del Partito democratico (partito da cui proviene il presidente della Repubblica, Traian Basescu), Emil Boc, che è anche sindaco di Cluj Napoca, ha commentato infatti la decisione del Santo Sinodo ritenendo che sia corretta e che rifletta la volontà degli abitanti di Ardeal. Mentre a Sibiu, il sindaco appartenente alla minoranza tedesca, Klaus Johannis, ha sostenuto invece la necessità di mantenere unita la diocesi ed è ha protestato al fianco dei fedeli nella Piazza Grande di Sibiu, senza però successo.
Nel comunicato della Patriarcato si legge che "poiché la costituzione della nuova diocesi della Transilvania era richiesta da una parte del clero e dei fedeli per poter procedere con un'attività pastorale-missionaria più intensa e dall'altra osteggiata per timore di indebolire l'unità della chiesa nazionale, il Santo sinodo della chiesa ortodossa romena, come garante dell'unità della chiesa, ha deciso che i due gerarchi delle due diocesi si incontrino periodicamente - almeno tre volte all'anno - per elaborare e applicare un piano comune di cooperazione permanente a livello pastorale e sociale".
In tutto questo periodo particolarmente confuso gli alti rappresentanti della Chiesa ortodossa romena sono stati spesso protagonisti sulla stampa. Non pochi hanno sottolineato come siano stati dominati più da interessi individuali e vicini al potere politico che non dallo sforzo di prestare più attenzione alle azioni di carità ed al ruolo sociale della chiesa. Inoltre alla Chiesa ortodossa viene rimproverata una mancanza di modernità. Infatti se a livello dei vertici della chiesa si è mostrata spesso di larga apertura verso il dialogo ecumenico e la Romania è stata il primo Paese ortodosso a ricevere la visita di un Papa (Bucarest, 7-9 maggio 1999 Papa Giovanni Paolo II) alla base non vi sono le stese percezioni e sul dialogo interreligioso c'è ancora molto da lavorare.
La Romania conta - secondo dati del governo di Bucarest - 18,8 milioni di fedeli ortodossi (86,7% della popolazione), cifra che pone la Chiesa ortodossa romena al secondo posto per numero di fedeli tra le chiese ortodosse dopo quella russa. La Chiesa ortodossa riceve dallo stato diversi sussidi, incluso parte degli stipendi dei preti. Le dichiarazioni dei politici nel contesto delle polemiche recenti in seno alla Chiesa ortodossa rumena, e le dichiarazioni di stampo prettamente politico di molti rappresentanti del clero rumeno, hanno riportato alla ribalta il tema dei rapporti tra stato e chiesa. Tutto ciò in un contesto particolarmente sensibile dato che il Parlamento sta esaminando un disegno di legge sui culti religiosi che ha ricevuto obiezioni da parte della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa e da parte delle varie chiese – non però quella ortodossa - della Romania. Una delle critiche riguarda proprio un coinvolgimento troppo marcato dello stato in aspetti che, ad avviso dei critici, riguarderebbero esclusivamente le chiese.