Balcani Cooperazione Osservatorio Caucaso
mercoledì 07 settembre 2022 15:27

 

Romania: non aprite quella porta

21.02.2006    scrive Mihaela Iordache

Dopo anni di silenzi ora le autorità rumene hanno creato un Istituto che avrà il compito di fare luce sui crimini commessi nel periodo comunista. Il Paese in bilico tra voglia e paura di verità
Nicolae Ceausescu
Sono passati sedici anni dalla caduta del comunismo in Romania e le autorità romene hanno deciso di creare un Istituto per l’investigazione sui crimini compiuti durante il periodo socialista dal 1945 al 1989. Una decisione a sorpresa, presa solo ora nonostante siano anni che da più parti si proponga un'istituzione in grado di ricostruire le verità di quegli anni. Ora è stato il primo ministro liberale, Calin Popescu Tariceanu, a far sapere che “è arrivato il momento di non temere più di parlare di questi argomenti sensibili”.

Il successo dell’iniziativa dipende ora in maggior parte dal sostegno politico che riuscirà a raccogliere. Da parte sua l’attuale premier liberale ha annunciato che seguirà personalmente i lavori dell’Istituto.

Quest'ultimo potrà investigare e ascoltare ex attivisti del PCR (partito comunista romeno). Là dove si potranno accertare casi di abusi ogni inchiesta si potrebbe concludere con la scrittura di dossier penali a carico degli accusati.

Molti analisti e storici rumeni hanno dichiarato di apprezzare l’iniziativa dell’esecutivo di Bucarest senza nascondere però i dubbi e lo scetticismo sui risultati cui potrebbe giungere il lavoro dell’Istituto. La nuova istituzione - che beneficerà di un buget e di una sede propri - dovrà compiere una ricerca accurata sugli abusi commessi in Romania tra il 1945 e il 1989, dall’instaurazione della dittatura comunista fino al suo crollo con la rivoluzione dell’89.

Un periodo in cui presidenti della repubblica furono i leader comunisti Gheorghe Gheroghiu-Dej (1948-1960) e Nicolae Ceausescu, restato al potere per più di un quarto di secolo.

Visto però che in quel periodo le fonti di informazione erano fortemente controllate gli storici ritengono difficile, se non impossibile, fare una stima del numero di persone decedute. Secondo alcune stime sarebbero più di un milione le persone arrestate, interrogate, torturate e “rieducate” nei lager nel periodo della presidenza Gheorghe Gheorghiu-Dej. Sempre in quegli anni di diretta e dura influenza di Mosca, decine di migliaia di “nemici del popolo” sarebbero stati assassinati.

Altre fonti parlano di un totale di due milioni di vittime dei gulag in Romania. Ma per avere un quadro vicino alla realtà, il neo costituito Istituto dovrà avere accesso ad informazioni e archivi che appartenevano agli organi del partito comunista. Molti di questi ultimi, tra cui quelli dei ministeri della Difesa o della Giustizia, sono però secretati perché ritenuti importanti per la sicurezza nazionale.

I sostenitori dell'attività dell'Istituto hanno in questi giorni affermato che fare chiarezza sul proprio passato, riconoscere errori e crimini commessi significa fare “pulizia morale”, essenziale per garantire rapporti sociali e politici sani. Molti di questi sono vittime del regime socialista o parenti dei dissidenti che hanno subito la dura repressione.

Quando sta però accadendo nelle società post comuniste dell’Europa dell’Est, inclusa la Romania, non incoraggia molto a pensare che si arriverà ad analisi approfondite del periodo storico comunista e dei crimini ad esso connessi.

Dibattito che esce dai confini dell'Europa dell'est. La settimana scorsa il Parlamento del Consiglio d’Europa di Strasburgo ha approvato una risoluzione nella quale viene sottolineato che dopo la caduta dei regimi comunisti in Europa non ci sono state indagini approfondite e nemmeno dibattiti sui crimini commessi e di cui l’opinione pubblica sa troppo poco. Nella risoluzione si ricorda che la comunità internazionale non ha condannato i crimini del comunismo come ha invece fatto nel caso del nazismo. L’Assemblea Parlamentare del Consiglio dell’Europa ha inoltre reso omaggio alle vittime del totalitarismo comunista ed ha invitato i partiti comunisti e i loro membri a riesaminare la storia del comunismo e a condannare senza ambiguità i crimini del passato. La risoluzione è stata approvata dopo tre ore di dibattiti accesi e le insistenze - senza successo - dei partiti socialisti che chiedevano di rimandare il testo alle commissioni speciali. Anche se le sue proposte non sono state accolte in tutto, il parlamentare Goran Lindblad, promotore dell'iniziativa, ha affermato che quest'ultima costituisce “un buon punto di partenza per una condanna internazionale del totalitarismo”.

Secondo alcuni storici romeni un processo del comunismo dovrebbe svolgersi almeno su tre piani: giuridico, politico e culturale. Finora solo sul piano culturale, con libri, film e documentari si è cercato di denunciare crimini e abusi. Il processo ad Elena e Nicolae Ceausescu del dicembre 1989 è stato fatto in fretta e furia per condannare a morte la coppia, considerata troppo pericolosa in quei giorni di insicurezza e caos totale. In Bulgaria invece Todor Jivkov è deceduto a casa sua con la nomea di chi ha rispettato la legge vigente a suo tempo mentre leder comunista tedesco Erich Honeker è morto di cancro in Cile.

Sembra comunque che solo nell’ex repubblica democratica tedesca (DDR) si sia manifestato maggior interesse – sotto la pressione dell’opinione pubblica dell’ovest - di portare alla luce e condannare ex capi di partito e dei servizi segreti della Stasi, colpevoli dell’eliminazione di persone che tra il 1961 e il 1990 tentavano di fuggire scavalcando il muro di Berlino.

In Romania solo dal 2000 è consentito l’accesso agli archivi dell’ex polizia politica. La legge n.187 del '99 dava accesso ai dossier ai membri del cosiddetto Collegio, appositamente costituito, salvo a quelli che riguardavano la sicurezza nazionale. I servizi segreti hanno da allora spesso invocato questa postilla tant'è che - hanno più volte lamentato i membri del Consiglio - di fatto l'accesso agli archivi è stato, salvo in rarissimi casi, negato.

Dall’altra parte, molta gente è ancora sospettosa del passato e crede che sia meglio non pubblicizzare molto gli abusi comunisti, soprattutto quelli che hanno a che fare con la polizia politica. Perché sapere che per anni sei stato tradito dal miglior amico o da un parente che informava regolarmente gli organi di repressione non è certo facile da accettare. Per molte vittime è però essenziale saperlo. Premono invece perchè nulla si sappia i collaboratori della vecchia Securitate. Molti ufficiali e collaboratori della polizia politica, riciclatisi, occupano tutt'ora cariche importanti nella società, nella politica, negli affari e nei media. A loro non serve la verità. Perché la stanno ancora costruendo.
Consulta l'archivio