Gorizia e Nova Gorica rimangono città divise nonostante oramai entrambe facciano parte dell'UE. Il presidente sloveno Drnovsek lancia un invito ad un momento di riconciliazione con il collega italiano e croato. Ma la sua iniziativa rischia di rimanere incompiuta
Gorizia e Nova Gorica potrebbero tra non molto riconfermare la propria unitaria vocazione europeista ospitando il gesto di riconciliazione tanto atteso tra i presidenti di Slovenia, Croazia e Italia. Un omaggio alle ragioni dell'altro e un mea culpa per i misfatti storici delle proprie nazioni; sarebbe questa la ricetta che il presidente sloveno Janez Drnovšek lancia indirizzando proprio da Nova Gorica e dalla simbolica piazza Transalpina, accompagnato e consigliato dai due sindaci goriziani (Vittorio Brancati e Mirko Brulc) un invito ai due presidenti vicini.
Sia quello croato Mesić che quello italiano Ciampi avevano già auspicato un incontro presidenziale di riconciliazione. La proposta di Drnovšek - anche questa volta libera da ogni vincolo con il governo Janša - arriva così, all'improvviso, senza note ufficiali, via intervista radiofonica e dal colloquio con i sindaci e la stampa.
Lo stile è naturalmente quello del Drnovšek formato trascendentale, fresco fresco di viaggio e di meditazione collettiva interreligiosa a Bangladore in India a fianco del guru Ravi Shankar. Ma arriva soprattutto a pochi giorni dalla Giornata della memoria indetta dall'Italia l'11 febbraio, che è stato però soprattutto un'ennesima celebrazione a senso unico, una nuova occasione per ignorare le ragioni ed i ricordi dell' altro e di una parte stessa dei concittadini.
E così anche quest'anno, nonostante l'Europa, la voglia di memoria incalza da entrambe le parti. Una memoria tutt'altro che condivisa e che si lascia puntualmente strumentalizzare per approfondire il fossato tra le due nazioni. „Fermiamo il genocidio del popolo istriano!“ aveva scritto su uno striscione l'Unione degli Istriani - provocando ad alcuni indignazione ad altri ilarità - alla vigilia della giornata del ricordo e della manifestazione degli esuli istriani a Strasburgo.
Eccesso di retorica? Esagerazione? Semplice cattivo gusto? Sindrome da vittimismo alieno alla realtà? O solo provocatoria strumentalizzazione dei sentimenti a fini molto concreti: dulcis in fundo c'è infatti la rivendicazione di indennizzi più generosi per i beni abbandonati.
La solita Trieste avvolta nel tricolore ha pianto l'esodo istro-dalmato e i morti delle foibe. Dalla Slovenia invece è arrivato un nuovo promemoria storico, questa volta firmato dalle cime della storiografia slovena, senza scomode intrusioni italiane. Il documento, che viene in questi giorni pubblicato a puntate dal »Primorske novice« e in forma ridotta dal Delo, si basa su fatti documentati, come i crimini fascisti e quelli dell'occuopazione italiana nella »Provincia di Lubiana«, ma il taglio rimane un'altra volta a senso unico, senza particolari aperture verso la storia dell'altro e della comunità italiana in Istria, spinta, nel dopoguerra, all'esodo o costretta alla sottomissione ideologica.
E c'è pure qualcuno che soffia sul fuoco gridando allo scandalo da Bruxelles e da Stasburgo. Mojca Drčar Murko, già autorevole penna del Delo, oggi eurodeputata liberaldemocratica, accusa l'Italia di subdolo tentativo di invasione per aver approvato agli sgoccioli della legislatura la legge »bipartisan« che riconosce il diritto di ottenere la cittadinanza italiana per tutti gli Italiani di Slovenia e Croazia che siano discendenti diretti di cittadini del Regno, che prima della guerra comprendeva il territorio delimitato dal confine di Rapallo.
La minoranza italiana naturalmente esulta e saluta entusiasta la legge, ma c'è chi - come la deputata Murko - vi intravede una pericolosa operazione irredentistica e annuncia un'azione al parlamento europeo per fermare il provvedimento. Con un piccolo neo però, ed è proprio quello che fa tacere imbarazzato il governo di Lubiana. Anche la Slovenia infatti approvò, subito dopo l' indipendenza, una legge molto simile a quella italiana. Il diritto di cittadinanza viene infatti concesso dalla legislazione slovena a tutti quanti – di appartenenza etnica slovena - abbiano un' ascendenza slovena ovvero jugoslava. Molti anche tra la minoranza slovena in Italia usufruiscono della doppia cittadinanza. Nessuno per questo si è mai scomposto. Il polverone - per ora isolato - dell'europarlamentare potrebbe rimescolare tutte le carte. E' quindi probabile che la sua rimarrà un'iniziativa dalla voce fievole e ininfluente.
Comunque i temi da superare con un gesto storico di riconciliazione sono evidentemente tanti. Ma l'iniziativa di Drnovšek, degna di plauso e fortemente sostenuta dai due sindaci della città isontina divisa da un confine sempre meno visibile, rischia un'altra volta di rimanere uno dei tanti segnali di buona volontà. Nulla di più.
Al presidente infatti molti analisti imputano la poca consistenza del suo iperattivismo globale. Della mancata conferenza sul Darfur, ad esempio, voluta strenuamente dal presidente in Slovenia ma vanificata prima ancora che prendesse una qualche apparenza, Drnovšek ha colpevolizzato prima il settimanale Mladina, per aver pubblicato – a mò di informazione corredata da un lungo articolo critico e bilanciato - alcune delle famose vignette danesi, poi i burocrati dell'ONU, per finire con la Gran Bretagna, tutore principale dei negoziati sul Darfur in corso in Nigeria.
Il presidente poi ha sfiorato l' impeachment per non aver voluto, a sorpresa e dopo molti giorni di silenzio, firmare la nuova legge restrittiva sul diritto di asilo. La Costituzione non gli concede però tale autorità e così, prima della partenza per il subcontinente indiano, non gli è rimasto altro che porre la sua firma su quello che ha definito un passo indietro nel rispetto dei diritti umani e delle norme di civiltà.
Inoltre il presidente Drnovšek si prepara ora a lanciare il suo movimento (per la giustizia e lo. sviluppo) sulla scena politica, partecipando con proprie liste civiche, in chiara opposizione ai partiti tradizionali, alle prossime elezioni amministrative. E' poco probabile che la classe politica cui il presidente continua a lanciare i suoi strali disobbedienti lo segua con entusiasmo nelle iniziative da lui proposte. Anche quella di un incontro riconciliatore a Gorizia-Nova Gorica avrà bisogno per aver successo di raccogliere il consenso o almeno un apoggio convincente dei partiti parlamentari e del governo. E soprattutto ha bisogno di un'adesione convinta degli altri due presidenti.