Il ministro turco Aydin propone corsi di storia delle civiltà e un canale televisivo per facilitare il dialogo tra Oriente e Occidente. L’alienazione nei confronti del sacro da un lato e l’incapacità di rinnovamento dall’altro sono tra le cause della crisi attuale secondo il ministro. Nostra traduzione
Di: Erdal Sen, per Zaman, 19 Febbraio 2006 (Titolo originale: “Il ministro Aydin : l’Occidente non sa che noi diamo i nomi di Gesù e Mosè ai nostri bambini”)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni
All’indomani della crisi delle caricature il progetto comune nel quale sono impegnate Spagna e Turchia sul tema del “Dialogo tra Civiltà” acquisisce una rilevanza ancora maggiore.
Il responsabile del progetto per la Turchia, il ministro Aydin, a differenza dell’opinione dominante, non interpreta le offese al profeta Maometto come una provocazione. Aydin ritiene che dietro la vicenda si nascondano due ragioni molto concrete: la prima riguarda l’ostilità nei confronti l’Islam. La seconda invece l’alienazione dell’Occidente nei confronti del sacro. Rispondendo alle domande di Zaman, Aydin è critico verso la mancanza di conoscenza dell’Occidente ed insiste sulla importanza di una corretta informazione.
Dopo aver sottolineato come sia impossibile per una persona definirsi intellettuale senza conoscere il contributo dell’Islam alla cultura occidentale, Aydin continua: “Le civiltà islamiche hanno influenzato il Rinascimento europeo. Le opere di Ibn-I Sina (Avicenna) si possono ritrovare in centinaia di testi di medicina ma queste cose non si conoscono. Non si sa nemmeno che noi ai nostri bambini diamo nomi come Isa (Gesù) e Musa (Mosè). Ci sono nostri immigrati in Europa con questi nomi ma questo non ha suscitato l’interesse di nessuno. L’Occidente ha bisogno di essere informato, lo si può fare attraverso corsi di storia e forse anche attraverso un canale televisivo”. Il ministro, dopo aver ribadito di trovare rivoltanti le caricature, si è detto convinto che questa vicenda potrà avere risvolti positivi. In questa prospettiva ha ricordato come la Turchia presenterà alle Nazioni Unite un piano d’azione fondato su due punti principali: la creazione di un canale satellitare, “un canale delle civiltà”, a livello mondiale e l’inserimento nei programmi scolastici dei paesi delle Nazioni Unite di un corso di storia comune delle civiltà.
Rispondendo alle domande di Zaman, il ministro Aydin ha sottolineato come dietro la crisi delle caricature ci siano ragioni storiche, sociali e politiche. Nel corso della conversazione Aydin non si è soffermato solo sull’Occidente ma anche sul mondo islamico.
“Persone civili non avrebbero fatto quello che è stato fatto al Profeta. Essere civili significa rispettare le altre culture. In Occidente vi è un pregiudizio negativo nei confronti del Profeta Maometto fin dagli albori dell’Islam. A partire dalla penisola arabica fino alle regioni settentrionali l’Islam ha occupato terre che in gran parte erano cristiane. Questi pregiudizi poi si sono tutti cristallizzati al momento della conquista di Costantinopoli. Il movimento islamico ha potuto arrivare fino ad Istanbul proprio per la tolleranza che i musulmani, a differenza dei cristiani, hanno saputo mostrare. Dobbiamo riconoscere questo sostrato presente dentro la cultura occidentale.
Vi è poi un secondo elemento. La mancanza di rispetto dell’Occidente nei confronti della propria tradizione religiosa. Sta per uscire un libro del Papa, “Sradicamento” nel quale critica profondamente l’Europa. La vicenda delle caricature non è nata dal nulla, nasce invece da un contesto molto solido. L’Occidente si è allontanato dai propri valori sacri. Non riesce a chiedersi da dove provenga il rispetto per un profeta da parte di milioni di persone. E’ per questa ragione che pubblica caricature di questo genere. Rivendica anzi il diritto di insultare Dio sulle prime pagine dei giornali. In Occidente si pensa: “Se possiamo prenderci gioco dei nostri dei perchè non farlo anche con quelli degli altri?”
L’Occidente deve rinunciare ad azioni che si fondano su di un sentimento di superiorità culturale: “La mia è una cultura superiore, siamo noi, intellettuali, sopra tutto. Noi siamo i moderni e i democratici”. Cercano giorno e notte di fare in modo che si diventi come loro. Se ci si avvicina ad una cultura con questo atteggiamento, non si può fare a meno di creare dolore. E dove c’è dolore c’è anche alienazione, una condizione che può provocare situazioni difficili. A volte la definisco presunzione culturale, altre volte, quando mi sono arrabbiato l’ho definito razzismo culturale. Se si vuole un dialogo interculturale, è necessario farlo cominciare con il rispetto. Il dialogo è possibile solo tra eguali. Se invece si parte dal presupposto che la mia cultura è superiore, non è più possibile parlare di dialogo ma di una sorta di immoralità. Se non vi è rispetto tra le parti, si tratta di una presa in giro e non di dialogo.
Nel mondo islamico ci sono occupazioni, sfruttamento economico, si va verso una nuova forma di colonialismo, ci sono povertà e disoccupazione. In gran parte di questi paesi non ci sono regimi democratici. Tutti elementi che portano a creare un certo humus.
Se in Occidente c’è un logoramento della dimensione religiosa, da noi c’è un mondo incapace di rinnovarsi sul piano scientifico e del pensiero. Quali riforme per la religione islamica, intesa come sistema morale, per le modalità della sua interpretazione e critica, in che modo queste riforme si possano riflettere sulla cultura religiosa, su tutti questi temi il mondo islamico non si è certo dimostrato efficace. Vi è stata la diffusa opinione che trattare di queste questioni equivalesse ad una mancanza di rispetto. Con il tempo però si è andato consolidando un fronte che ritiene che non si debba insistere in un atteggiamento di questo genere. Noi dobbiamo far conoscere ed alimentare questo fronte.
Nei confronti dei musulmani infatti si sta consolidando un’ostilità molto grave. Noi dobbiamo esserne consapevoli e cercare di trovare delle contromisure, attraverso l’arte, l’istruzione ed i media. Contemporaneamente è necessario che di tutto ciò si occupi anche la politica.