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Romania: sieropositivi ed emarginati

17.03.2006    scrive Mihaela Iordache

La metà dei bambini europei sieropositivi vivono in Romania. Sono stati nella maggior parte vittime di trasfusioni con sangue infetto. Negli anni '80 si nascondeva il problema che solo ora si inizia, con difficoltà e pregiudizi, ad affrontare
Bambino in un ospedale di Bucarest (Internet)
Nel 2005 si stima che sono morte a causa dell’AIDS tre milioni di persone, il 70% delle quali solo in Africa. Si muore però anche in Europa dove la Romania resta il paese con il numero più alto di pazienti affetti da HIV\AIDS nell'Europa Sud Orientale.

All'inizio degli anni novanta si scoprì che oltre il 50% dei bambini sieropositivi europei vivevano in Romania. Secondo una statistica pubblicata dalla Commissione per la prevenzione dell'AIDS di Bucarest, il 31 dicembre 2005 erano registrati 9825 malati di AIDS dei quali 7263 bambini ed adolescenti. Ora si parla di oltre 11.000 persone colpite.

Solo l'anno scorso più di 360 bambini sono deceduti a causa della malattia. Negli ultimi cinque anni invece oltre 4300 persone malate di AIDS sono scomparse. La maggior parte dei giovani ha contratto l'infezione alla fine degli anni ottanta attraverso trasfusioni di sangue eseguite negli ospedali della Repubblica Socialista di Romania. Soprattutto negli orfanotrofi: molti bambini sottonutriti infatti e con resistenza immunitaria debole venivano spesso sottoposti a trasfusioni di sangue e quindi erano più esposti.

Dell'esistenza del virus si è saputo in Romania quando le autorità comuniste decisero che si potesse sapere, alla fine degli anni ottanta, mentre in altri paesi era già noto dal 1981, quando fu diagnosticato per la prima volta. E da allora i medici si sono confrontati con migliaia di casi di bambini infetti, che non rispondevano ad alcun trattamento e che in molti casi erano già ridotti a pelle ed ossa, in stadi avanzati della malattia. Molte di queste immagini shock hanno fatto il giro del mondo. Per la stessa gente comune fu una scoperta da brividi.

Le autorità guardarono con fastidio alla campagna internazionale che mostrava i bambini romeni malati di AIDS perché ritenevano ingiusto mostrare solo i problemi del paese. Ma quest'atteggiamento andò a discapito dell'individuazione di strategie e piani di azione per aiutare le migliaia di giovani infettati in tenera età con una siringa non sterilizzata.

I primi casi di AIDS nei minori sono stati riferiti all'Organizzazione mondiale della sanità nell'89 ma ancora poco si sapeva nel paese su quante persone erano state colpite dal virus.

Nei giorni scorsi, nell'ambito di una riunione regionale tenutasi a Bucarest tra i rappresentanti dell'Europa del Sud-Est, il ministro romeno della Salute, Eugen Nicolaescu, ha dichiarato che “paghiamo ora, con risorse importanti, gli errori fatti per la maggior parte dal regime comunista, errori in seguito ai quali 10.000 persone, soprattutto bambini, sono stati infettati probabilmente nelle unità sanitarie”. Il ministro ha ricordato che “l'intera regione attraversa un periodo di transizione, con molte priorità che derivano dalla necessaria riforma economica o dalle situazioni di post conflitto e che aspettano una soluzione”.

Il ministro romeno ha affermato che nell’attuale contesto “problemi come HIV/AIDS trovano comunque un posto sulla nostra agenda di priorità. Anche se non mancano le difficoltà”.

In effetti, secondo le stime della Banca Mondiale, se non si prendono misure efficaci, entro il 2010, l'1% della popolazione della Romania potrebbe essere infetta da HIV. Nel 2000, l’HIV/AIDS è stata dichiarata priorità nazionale e in questo senso è stato varato il Programma nazionale di accesso accelerato al trattamento e cure mediche.

Nelle sue prese di posizione, il presidente della Commissione nazionale per la lotta all'AIDS, Adrian Streinu Cercel, ha dichiarato che “in Romania i bambini infettati con HIV hanno diritti che nessuno al mondo ha”. Un'affermazione ardita: questi “diritti” constano di un supplemento nutrizionale di 54.000 lei al giorno (circa 1 euro e mezzo), una somma mensile di due milioni di lei (circa 58 euro) che i genitori o un parente possono ricevere come accompagnatore, ed infine di cure gratuite che costano allo stato annualmente 28 milioni di dollari.

L'anno scorso Cristian Traicu dell'Organizzazione “Angeli Custodi-Medgidia” - membro dell'unione nazionale delle organizzazioni per le persone affette di HIV/AIDS, UNOPA - aveva fatto un appello alle autorità chiedendo di rispettare il diritto alla vita, alle cure e ad un posto di lavoro, quindi il diritto “ad una vita decente”.

I giovani ammalatisi dal canto loro riportano che l'80% di loro sono stati infettati non per loro causa ma per trasfusioni di sangue infetto o con siringhe non sterili. “Se nessuno ha pagato per il male che mi hanno fatto quando avevo 2-3 anni, allora lo stato ha l'obbligo di assegnarci una somma mensile che ci assicuri una vita decente”, ha dichiarato un giovane malato di AIDS, citato dalla stampa di Bucarest.

Nell’ottobre del 2002 è entrata in vigore la legge 584 relativa all'adozione di misure contro la diffusione della malattia in Romania nonché alla tutela delle persone sieropositive o affette dall'AIDS. Secondo la legge le persone in causa hanno diritto alla vita, a non essere discriminate, alla libertà di movimento, al lavoro. Inoltre i funzionari che hanno accesso ai dati privati devono per legge mantenere la riservatezza.

Ma non accade sempre così. Ci sono casi in cui una persona ha perso il lavoro perché sieropositiva oppure perché aveva un bambino malato di AIDS. I pregiudizi sociali nei confronti di queste persone persistono e conducono all’isolamento. Molti genitori hanno dovuto cambiare più volte la casa o la scuola dove studiava il figlio malato. Altri hanno preferito abbandonare il figlio malato invece di lottare per lui.

Nella Valle del Jiu, una regione mineraria sommersa dalla povertà, vivono 97 minori sieropositivi, in maggior parte nati tra il 1989 e il 1990. Negli ultimi due anni almeno dieci bambini sono morti a causa del virus. Le mamme continuano ancora a chiedere come sia stato possibile che da genitori sani siano nati bambini malati. I giovani sanno di essere “diversi” ma vogliono vivere come se non lo fossero. Hanno una volontà di ferro, anche se il loro corpo può essere abbattuto da un semplice raffreddore. Le autorità e le ONG cercano di spiegare alla gente come si diffonde la malattia e perché i piccoli devono essere accettati. Compito non facile. Molti di questi bambini non hanno mai seguito un corso scolastico.

Un esempio dei molti pregiudizi ancora presenti è stata la costruzione del Centro Santa Maria per bambini sieropositivi abbandonati dai genitori nel villaggio Golesti della contea di Vrancea. La gente del posto ha protestato contro la presenza dei bambini nelle loro vicinanze ma alla fine gli spiriti si sono calmati anche grazie alle spiegazioni, ai depliant e all’informazione circa la trasmissione della malattia dati rgazie ad una campagna che ha avuto eco nazionale. Qualcuno dei giovani del centro ha anche potuto essere inserito nella scuola del villaggio e frequentare i corsi.

La gente di Golesti considerava i bambini affetti dall'AIDS come un pericolo, anche se vivevano confinati in un centro privi di contatto con l'ambiente esterno. I minori sono coscienti che la gente non li vuole, e non riescono a darsene una ragione spesso ritenendo di aver sbagliato qualcosa. Presso la Fondazione Romanian Angel Appel sette bambini sieropositivi elaborano una banca dati con testimonianze dirette che riguardano la discriminazione sociale. E’ un progetto a cui partecipano Romania, Russia, Italia, Spagna e Portogallo. Forse le loro testimonianze dirette riusciranno a cambiare qualcosa nella percezione delle persone nei loro confronti. Forse molti capiranno che questi hanno bisogno d'aiuto ma soprattutto d'affetto. Perchè per loro ogni istante della vita conta. E si conta.
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