Da alcuni giorni nelle sale italiane sta girando "La vita segreta delle parole", della regista catalana Isabel Coixet. Un film che è per molti il necessario complemento di “Grbavica”, il film di Jasmila Zbanić che ha vinto l’Orso d’oro a Belino. Un'intervista
Le parole che nascondono la violenza della guerra di Bosnia in un film molto forte e intenso, da pochi giorni nelle sale italiane dopo essere passato, nella sezione Orizzonti, alla Mostra di Venezia 2005. Si intitola “La vita segreta delle parole” e l’ha fatto Isabel Coixet, regista catalana con all’attivo film importanti (il festival “Sguardi altrove” di Milano le ha dedicato una personale nelle settimane scorse).
Ana (Sarah Polley) è una giovane che ha studiato da infermiera a Dubrovnik ma lavora in una fabbrica in Danimarca, nascondendo, dietro una diligenza perfino eccessiva sul lavoro (è precisissima e non ha mai fatto un giorno di ferie, tanto che i colleghi si lamentano di lei) il tremendo segreto delle violenze subite nella guerra in Bosnia.
Convinta dal direttore a prendersi un periodo di pausa, risponde all’annuncio di ricerca di un’infermiera per prendersi cura di un ustionato su una piattaforma petrolifera (Tim Robbins). Per i primi giorni l’atteggiamento di silenziosa dedizione della giovane non cambia. Mentre l’uomo, che non può vedere, si apre al racconto e alle confidenze. Con il tempo, tra i due si stabilisce un rapporto speciale e il silenzio di Ana erompe in un lungo racconto delle atrocità subite e del senso di colpa per l’amica che invece perse la vita in un campo di detenzione.
Quando il ferito può essere trasportato in un ospedale sulla terraferma la missione dell’infermiera si conclude. Ma recuperata la vista, l’uomo andrà in cerca di lei, dalla psicologa (Julie Christie) che l’ha in cura. E gli rivela segreti importanti, come il figlio frutto di stupro etnico che le è stato sottratto. E che, in qualche modo, fa de “La vita segreta delle parole” il necessario complemento di “Grbavica”, il film di Jasmila Zbanić che ha vinto l’Orso d’oro a Belino e sarà in Italia nei prossimi mesi.
“Per me – ci ha spiegato la regista Isabel Coixet - le parole in un film sono importanti in un film almeno quanto le immagini. Mi interessa quando le parole perdono un po’ il loro significato e si crea un’ambiguità. All’inizio il silenzio di lei e il cinismo di lui sono una forma di difesa, poi il mutismo si trasforma in un fiume di parole che ricompone i ricordi”.
Come mai la scelta di una piattaforma petrolifera?
“Mi capitò qualche anno fa di andare su una piattaforma petrolifera in Cile. Mi colpirono molto le particolari condizioni atmosferiche e di vita in questo luogo. E conobbi diverse persone come la Ana del film, molto curiose e capaci di adattarsi alle condizioni più difficili. Però fare un film su una piattaforma petrolifera non è una buona idea, è molto complicato”.
E la guerra nei Balcani? Come nasce il suo interesse?
“Negli anni ’90, mentre era in corso, il pensiero della guerra mi ossessionava: un giorno mi assalì il desiderio di andare a Sarajevo e fare qualcosa. Non lo feci perché mi mancò il coraggio, ma cominciai a raccogliere materiali e ne nacque un documentario per l’International rehabilitation council for torture victims, raccontando di 7 donne che erano state nei campi di concentramento. Restai per due mesi tra Sarajevo, Mostar e Srbrenica, trovai donne piene di vita, molto forti. Una donna aveva delle mani strane, quasi consumate. Sua sorella mi spiegò poi che questo derivava dal fatto che se le lavasse in continuazione, da qui è venuta una delle caratteristiche della mia Ana. Scoprii il dramma di queste donne e sentii che era importante parlarne, far conoscere al mondo quello che avevano subito. Il personaggio interpretato da Julie Christie è invece costruito su una delle attiviste dell’Irctv”.
L’interpretazione di Sarah Polley è incredibile, toccante, come l’avete raggiunta?
“Quello che ha fatto Sarah nel film viene da un luogo tanto profondo che è difficile parlarne. L’avevo già diretta ne “La mia vita senza te” e ho scritto il ruolo pensando a lei. È la più brava attrice della sua generazione, può interpretare qualsiasi ruolo”.
E Tim Robbins?
“Mi suggerirono lui, ma era una specie di sogno, pensavo che non avrebbe mai accettato. Poi mi dissero che aveva visto il mio “Con o senza me” e che gli era piaciuto. Ci siamo incontrati a Londra e sentii la sua presenza fisica molto forte. Dopo aver letto il copione disse: quando si comincia? Sul set è stato molto bello. Tra Sarah e Tim, che interpretano personaggi che vengono da pianeti diversi, s’è creata una corrente umana molto forte”.