Slavoj Zizek, filosofo sloveno, esprime il suo punto di vista critico sulle relazioni tra Europa ed Islam. L'unica chance per la pace? L'ateismo, preziosa e dimenticata eredità europea
Di Slavoj Žižek, 21 aprile 2006, DANI (tit. orig. Zaboravljeno naslijeđe europske kulture L'articolo è stato pubblicato originariamente sul New York Times)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Slavoj Zizek
Per secoli ci siamo sentiti dire che senza religione siamo dei meri animali egoisti che lottano fra di loro soltanto per se stessi. Ci siamo sentiti dire che la nostra morale è simile a quella di un branco dei lupi. Soltanto la religione, ci è stato ripetutamente detto, ci può innalzare ad un livello spirituale superiore. Oggi che la religione sta divenendo sempre più un'ispirazione per omicidi e violenze in tutto il mondo, la convinzione che i fondamentalisti cristiani o musulmani o indu stiano soltanto abusando di noi oppure che stiano snaturando i nobili messaggi spirituali delle loro religioni sembra sempre di più vana. E perché non restituire dignità all'ateismo, una delle più grandi eredità della cultura europea e forse la nostra unica chance per la pace?
Più di cento anni fa Dostojevski, nei
Fatelli Karamazov e in altre sue opere, metteva in guardia dal pericolo della morale del nichilismo ateo, affermando che in realtà se Dio non esiste tutto è lecito. Il filosofo francese Andre Glucksmann ha addirittura applicato la filosofia di Dostojevski del nichilismo ateo all'11 settembre, intitolando il suo libro
Dostojevski a Manhattan.
Questa argomentazione è del tutto sbagliata: la lezione che stiamo imparando dall'odierno terrorismo è che se Dio esiste, allora tutto, incluso anche far saltare in aria mille passanti innocenti, è lecito - almeno soltanto per quelli che dicono di agire direttamente in nome di Dio visto che, ovviamente, il legame diretto con Dio giustifica la violazione dei semplici divieti umani e del rispetto. In breve, i fondamentalisti non si distinguono più dai comunisti stalinisti “atei”, ai quali era concesso tutto dato che vivevano se stessi come gli strumenti diretti della loro divina Necessità Storica del Progresso Verso il Comunismo.
Durante la settima crociata guidata da San Luj, Yves le Breton scrisse di aver incontrato una volta una vecchietta che camminava per strada portando in una mano una ciotola nella quale bruciava il fuoco, e nell'altra mano una ciotola piena d'acqua. Quando le chiese perché portasse due ciotole, la vecchietta gli rispose che con il fuoco farà bruciare il Paradiso fino a che non rimanga più niente, e con l'acqua spegnerà i fuochi dell'inferno: “Perché non voglio che qualcuno faccia del bene per avere il Paradiso come premio o per paura dell'Inferno, ma esclusivamente per amore verso Dio.” Oggi questa corretta opinione dell'etica cristiana vive principalmente nell'ateismo.
Le buone opere, o almeno quelle che s'intendono come tali, i fondamentalisti le compiono per soddisfare la volontà di Dio e per guadagnarsi la salvezza, e gli atei semplicemente perché è corretto. Non si tratta, forse, della nostra più elementare esperienza morale? Quando faccio una cosa buona, non lo faccio guardando Dio, per meritarmi la grazia di Dio, ma lo faccio perché altrimenti non riuscirei a guardarmi allo specchio. L'atto morale per definizione è un premio di per sé. David Hume, che era credente, lo ha ribadito in modo molto forte quando scrisse che l'unico modo per rispettare veramente Dio è agire in modo morale, ignorando l'esistenza di Dio.
Due anni fa gli europei discussero se il preambolo della Costituzione europea dovesse menzionare il cristianesimo come parte principale dell'eredità europea. Come al solito, si è arrivati ad una soluzione di compromesso, sotto forma di referenza verso le nozioni generali della “eredità religiosa” dell'Europa. Ma che ne è della più cara eredità moderna dell'Europa: l'ateismo? Ciò che fa dell'Europa moderna un elemento unito è che essa è la prima ed unica civiltà nella quale l'ateismo è stato interamente un'opzione legittima, e non un ostacolo all'adempimento delle funzioni pubbliche.
L'ateismo è l'unica eredità europea per la quale vale la pena lottare, e non solo perché assicura uno spazio pubblico per i credenti. Mi ricordo le discussioni che infuriavano a Lubiana, la capitale della Slovenia, la mia patria, mentre bolliva la controversia sulla Costituzione: bisognava o no permettere ai musulmani (per lo più emigrati dalle ex repubbliche della Jugoslavia) di costruire la moschea? Mentre i conservatori erano contrari alla moschea per motivi culturali, politici, e persino architettonici, il settimanale liberale
Mladina ostinatamente era a favore della costituzione della moschea, avendo in mente i diritti delle persone delle altre repubbliche jugoslave.
Tenendo conto della posizione liberale di
Mladina, non sorprende che questo settimanale sia stato fra le rare pubblicazioni in Slovenia che hanno ripubblicato le caricature diffamate di Maometto. E, in armonia con ciò, coloro i quali hanno espresso la più grande “comprensione” per le violente proteste musulmane suscitate da tali caricature erano quelle stesse persone che regolarmente esprimono la loro preoccupazione per il destino del cristianesimo in Europa.
I musulmani europei si trovano dunque ad affrontare una scelta difficile: l'unica forza politica che non li riduce a cittadini di secondo ordine e gli dà abbastanza spazio per esprimere la loro identità religiosa sono gli atei “i senza dio”, i liberali. Quelli che gli sono più vicini per la sociale prassi religiosa, cioè coloro che sono il loro riflesso cristiano allo specchio sono anche i loro più grandi nemici politici. Il paradosso sta nel fatto che gli unici veri alleati dei musulmani non sono quelli che per primi hanno pubblicato le caricature per l'effetto shock, ma coloro che, in segno di sostegno all'ideale della libertà di espressione, hanno ripubblicato quelle caricature.
Il vero ateo non ha bisogno di vantarsi delle sue opinioni provocando i religiosi con la blasfemia, ma respinge anche di ridurre il problema delle caricature di Maometto alla questione del rispetto delle convinzioni altrui. Rispettare le convinzioni altrui come il più grande valore può significare solo una di queste due cose: o trattiamo l'altro patronizzandolo ed evitiamo di ferirlo per non distruggere le sue illusioni, o accettiamo l'opinione relativista sui “regimi della verità” plurali, e quindi squalifichiamo, come imposizione violenta, qualsiasi netto insistere sulla verità.
Ma perché non sottoporre l'Islam - insieme a tutte le altre religioni - alla rispettabile, ma allo stesso tempo non meno spietata, analisi critica? Questo, e soltanto questo, è il modo in cui possiamo esprimere veramente il rispetto verso i musulmani: trattarli come persone serie e adulte responsabili delle loro convinzioni.