In una serie televisiva popolarissima in Bosnia la storia di un contadino che, grazie ad un'ascesa sociale irresistibile, diventa primo ministro. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di Eva Ciuk
Un contadino che diventa ministro? In Bosnia è possibile. Basta non dichiararsi bosniaco, serbo o croato e non schierarsi con nessun partito etnico. Poi non c'è bisogno nemmeno di una formazione degna di un politico, per non parlare di esperienza politica. Insomma, basta convincere gli elettori di avere le caratteristiche necessarie per diventare il leader ideale, capace di rappresentare al meglio l'intera popolazione della Bosnia.
Ci è riuscito il protagonista di "Viza za Buducnost“ una delle serie televisive più seguite in Bosnia Erzegovina. Da contadino diventa ministro. Arrivato a Sarajevo, inizia a lavorare come cameriere. Il caso gli fa conoscere personaggi importanti che riesce a convincere che il vero "visto per il futuro" (Viza za budučnost ppunto) della Bosnia è la creazione del partito dell'Unione dei contadini e dei cittadini, dove ad assumerne la guida è proprio lui, membro di un gruppo etnico inventato, quello degli Indiani.
Viza za budučnost trova ispirazione nella riflessione sulla vita quotidiana e sui fenomeni negativi che si manifestano nella società bosniaca. "Una caricatura dei comportamenti di coloro che stanno creando e manipolando il futuro della Bosnia" ha spiegato la produttrice Suhreta Duda Sokolović che ha precisato che si tratta di "una serie che gioca con i punti deboli del nostro popolo che continua ad essere prigioniero dei nazionalismi. Viza za budučnost guarda con ottimismo verso il futuro: la vita quotidiana ispira la creazione di situazioni comiche che ci fanno ridere e ci allontanano dal risetnimento e dalla voglia di vendetta. Un'eredità emotiva della della guerra dovrebbe iniziare a far parte del passato, di un capitolo chiuso!".
Una buona e sana risata come una delle migliori terapie per chiudere col passato? "Alla gente piace Viza perchè permette di riconoscere la stupidità degli errori che ognuno di noi fa nella vita quotidiana. E la gente inizia a ridere su situazioni che ancora oggi non è capace di affrontare in un contesto più serio".
Ma Viza za budučnost piaceva alla gente anche prima della guerra. La casa di produzione Moebius, i cui titolari sono Suhreta e suo marito, ha scioccato il primo ciak nel 1989 sfidando le minacce che partivano dal mondo politico, la censura e le aggressioni dei media nazionali. Viza za budučnost è riuscita a soppravvivere grazie all'appoggio di un numero record di spettatori e, come spiega Suhreta sul set montato in periferia di Sarajevo, "perchè Moebius è un'impresa indipendente e libera e segue le regole del mercato e non della politica".
Sul set si sta girando una scena in cui il ministro fa finta di non riconoscere un vecchio amico parrucchiere che gli chiede un piccolo prestito. Lo stesso amico che a suo tempo gli aveva fatto conoscere "gente importante" per la sua ascesa politica. Suhreta commenta: "I nostri politici si comportano come il Ministro: ignorano le proprie origini, non si chiedono quali siano i reali bisogni della nostra gente e si umilano assecondando le imposizioni della comunità internazionale che non può conoscere le vere esigenze della nostra popolazione".
Suhreta racconta avendo in mente che poco distante da molte settimane, un gruppo di agrictori bosniaci – e non è fiction – è in sciopero ed ha creato un presidio davanti al palazzo del governo, situato di fronte ad un edificio bombardato che continua ad imporsi ai passanti come un fantasma del passato.
Nel tendone centrale cinque agricoltori ammazzano il tempo giocando a carte. Hajrudin Babajić vive nella provincia di Tuzla e spiega che non vi è intenzione di mollare nonostante i già 137 giorni di sciopero. Con la loro insistente presenza vogliono far capire ai governi delle due Entità che gli agricoltori non avrebbero più tollerato la distruzione dell'agricoltura locale causata dall'insufficienza di sovvenzioni che permetterebbero invece a loro avviso di mettere in moto un reale sviluppo dell'agricoltura locale.
"I prodotti dei nostri agricoltori non possono concorrere con i bassi costi di prodotti stranieri che invadono il mercato bosniaco" spiega Hajrudin Babajić con marcata determinazione. Trasportato da un moto di rabbia aggiunge: "E' da dieci anni che il popolo bosniaco continua a subire le conseguenze dell'attività politica insostenibile di due Entità di governo: quella della Republika Srpska e della Federazione croato-musulmana. Ogni Entità tira dalla propria parte e cerca di imporre i propri interessi ed ovviamente quelli della comunità internazionale. Noi agricoltori chiediamo che sia urgentemente fondato un unico ministero dell'Agricoltura attento alle esigenze dello sviluppo locale che porti avanti una politica di protezionismo nei confronti dei nostri prodotti locali che sono buoni, ecologici e genuini. Senza questi provvedimenti la nostra economia è destinata a sprofondare nel momento in cui solcheremo i mari dell'Unione europea".
Prima di salutare il gruppetto di agricoltori, che avevano interrotto la loro partita a carte per raccontare a noi i motivi della loro protesta, la domanda: "Chi vincera?“ Hajrudin Babajić si volta per un istante verso il palazzo del governo e risponde sorridendo: "La vita è un gioco e nel nostro gioco vincerà il migliore".