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Il generale nella tempesta

18.08.2006    Da Sarajevo, scrive Massimo Moratti

Una serie di atrocità commesse dalle forze croate e bosniache nei confronti dei serbi, nel corso dell'operazione Tempesta, nel 1995. Le mostrano tre video amatoriali. Uno ritrae Atif Dudakovic, generale di Bihac, che dà l’ordine di incendiare villaggi serbi. Scoppia la polemica politica: tentativo di raccogliere voti o desiderio di giustizia?
Atif Dudakovic
Gli anniversari e le ricorrenze nei Balcani non servono solo a commemorare la storia passata, ma anche a produrne di nuova. La tecnologia e i filmati amatoriali contribuiscono enormemente al processo di rielaborazione del passato che sta avvenendo con sempre maggior rapidità nei paesi della ex Jugoslavia. Questi due elementi, produzione di video amatoriali e ricorrenze storiche, miscelati sapientemente da mano esperta producono risultati espolosivi nelle opinioni pubbliche di Bosnia ed Erzegovina, Croazia e Serbia. Gli echi di tali esplosioni vengono poi amplificati dalla cassa di risonanza dei vari partiti politici, che ne fanno ampiamente uso per conquistare il proprio elettorato.

E così, come l’anno scorso l’anniversario dell’eccidio di Srebrenica fu contraddistinto dall’improvvisa “scoperta” del video degli Scorpioni, che provocò un’ondata di sdegno (seguita poi da una serie di arresti) in Serbia, quest’anno, l’anniversario di Oluja, l’operazione croata che pose fine all’esistenza della Republika Srpska di Krajna, segna la scoperta di un’altra serie di video filmati, che sono stati ritrovati proprio all’inizio di agosto.

I video, fatti recapitare ad arte all’emittente belgradese B92 pochi giorni prima dell’anniversario di Oluja mostrano una serie di atrocità commesse dalle forze croate e bosniache nei confronti dei serbi, nel corso di Oluja. Tre video puntano direttamente l’indice contro i “Black Mamba” delle forze croate e gli “Hamza” della 505 Brigata di Buzim dell’Armija della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina. I video mostrano rifugiati e sfollati serbi che vengono maltrattati dalle unità croate e musulmane, le unità musulmane che uccidono un prigioniero serbo e simili episodi di violenza. Ma il video che ha destato più scalpore è quello che ritrae Atif Dudakovic, generale di Bihac, comandante del V corpo dell’Armija della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina che dà l’ordine di incendiare i villaggi serbi della Krajna occidentale, nelle zone di Sanski Most, Petrovac, Kljuc.

È nei confronti di Dudakovic che si scatenano le principali accuse. Il suo ruolo è paragonabile a quello di Gotovina nella condotta di Oluja. Lo stesso Dudakovic ha dichiarato che l’operazione Oluja è servita tanto ai croati quanto ai bosgnacchi per riprendere il controllo della Krajna occidentale. Ma, questa volta l’Aja è fuori causa e saranno i tribunali locali a decidere. Il tribunale dell’Aja sta chiudendo i battenti infatti e non prevede la possibilità di indiziare nuove persone per i crimini di guerra. La stampa locale riporta che le autorità della Republika Srpska avevano già preparato un rapporto nei confronti di Dudakovic nel 2002 e lo avevano inviato all’Aja.

Tocca quindi alle procure locali iniziare le investigazioni. Negli ultimi anni, dopo diverse riforme, la prosecuzione dei crimini di guerra commessi nell’ex Jugoslavia da parte dei tribunali locali ha fatto decisamente segnare dei passi avanti. Mentre in passato il sistema giudziario di ogni paese tendeva ad accusare di crimini di guerra esclusivamente i membri delle forze armate “nemiche” , e aveva una mano molto leggera quando si trattava di metter sotto processo i “propri” soldati, negli ultimi anni le cose sono decisamente migliorate sia in Croazia, che in Serbia che in Bosnia ed Erzegovina.

E nei confronti di Dudakovic si annuncia l’apertura di una serie di inchieste, sia in Bosnia ed Erzegovina, che in Croazia. Gli uffici del procuratore speciale per i crimini di guerra della Serbia ha passato immediatamente l’informazione in merito al caso ai colleghi in Bosnia ed Erzegovina ed in Croazia. I procuratori dei tre paesi hanno contatti regolari e proprio alcuni giorni prima della pubblicazione dei filmati si erano riuniti con il procuratore del tribunale per l’ex-Yugoslavia Carla del Ponte per coordinare l’azione regionale. Il portaparole della Camera per i Crimini di Guerra della Bosnia ed Erzegovina ha annunciato di aver ricevuto i materiali e che infatti la procura stava già investigando l’operazione tempesta. Lo stesso ha fatto la procura croata per mano del procuratore Mladen Bajic. Insomma le procure sono all’opera, sembra che la cooperazione regionale in materia stia dando i suoi frutti e che ostacoli burocratici e politici non ostacolano il lavoro comune.

Rimane da vedere come e quanto la politica potrà influenzare l’operato dei giudici. Sul caso Dudakovic si sono gettati a capofitto i politici della Republika Srspka. Il primo ministro della Republika Srpska Dodik e il presidente della stessa Savic hanno immediatamente segnalato il caso alla procura della Bosnia ed Erzegovina, chiedendo l’immediata apertura di un’inchiesta. Seguono a ruota i partiti minori della Republika Srspska e alcune le associazioni degli internati della RS, tradizionalmente vicine all’establishment della RS.

Contro Dudakovic poi si sono scagliati anche gli ex autonomisti, i seguaci di Fikret Abdic di Velika Kladusa che erano stati sconfitti da Dudakovic nel conflitto intra-musulmano, tra gli autonomisti di Velika Kladusa e le forze di Bihac. In più Dudakovic viene accusato anche dell’assassinio del generale Vlado Santic, generale croato, che fu ucciso in circostanze misteriose nel 1995, mentre cercava di coordinare la cooperazione del HVO, le truppe croato bosniache con quella dell’Armija di Bosnia ed Erzegovina. In Croazia poi si accusa Dudakovic di aver fatto parte dell’esercito jugoslavo che nel 1991 attaccò Zara. A quel tempo Dudakovic era infatti ancora un’ufficiale della JNA.

Ma a favore di Dudakovic si leva la voce di Sulejman Tihic, membro bosgnacco della presidenza del paese, che difende l’operato del generale, facendo notare l’importanza strategica di Oluja, che ha permesso di sollevare l’assedio di Bihac. Tihic nega tutte le accuse mosse nei confronti di Dudakovic e ha accusato Dodik, Cavic e Kostunica di interferire col lavoro dei sistema giudiziario per aver pubblicamente chiesto l’arresto di Dudakovic. Con Tihic, naturalmente si sono schierate le associazioni di ex-combattenti del Cantone di Bihac, che si sono dichiarati pronti a diferendere Dudakovic nel caso qualcuno venisse ad arrestarlo.

Di certo non è invidiabile il ruolo dell’Ufficio del Procuratore della Camera per Crimini di Guerra del Tribunale della Bosnia ed Erzegovina, che si trova tirato in ballo a gran voce dai politici locali, i quali richiedono l’apertura di inchieste per crimini di guerra più per scopi di campagna elettorale che per un sincero desiderio di giustizia. Ma il Tribunale della Bosnia ed Erzegovina e le procure locali si trovano a far fronte a circa 13,000 persone che potenzialmente potrebbero essere indiziate per crimini di guerra in Bosnia ed Erzegovina. I tribunali mancano delle risorse umane per far fronte ad una tale mole di lavoro. Il Procuratore della Bosnia ed Erzegovina, Marinko Jurcevic, va ripentendo da mesi che il paese e la classe politica devono adottare una strategia precisa per sostenere il lavoro dei tribunali bosniaci e aumentarne le capacità sia in termini di personale che di materiali. Se questo avvenisse, secondo le stime di Jurcevic, sarebbero comunque necessari almeno 10 anni per processare tutti i potenziali crimiinali di guerra.

Da parte del mondo politico non vi è stata nessuna risposta pubblica alle richieste di Jurcevic: i politici locali sono pronti ad usare i media a gran voce chiedendo l’apertura di inchieste per processare criminali di guerra appartenenti ad altri gruppi etnici, peccato però che nessuno di loro abbia incluso nel proprio programma elettorale delle misure concrete a sostegno dell’Ufficio del Procuratore della Bosnia ed Erzegovina contro i criminali di guerra.
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