Paladini della trasparenza che invece erano spie. Ex ufficiali della Securitate che ora, da opinionisti, commentano quanto sta avvenendo. L'apertura degli archivi dei servizi di sicurezza sta sconvolgendo l'opinione pubblica rumena
La parlamentare Monica Musca
Dall’apertura degli archivi – finora tenuti segreti - dell’ex Securitate, la polizia politica del regime comunista in Romania, emergono quasi ogni giorno nomi di politici. Politici che in questi ultimi sedici anni nonostante abbiano avuto più occasioni per parlare del loro passato di fedeli collaboratori della temuta Securitate - quando spiavano e informavano su colleghi e in generale su tutti quelli con i quali entravano in contatto e che rappresentavano una potenziale minaccia per il regime - hanno optato invece per il silenzio.
La stragrande maggioranza degli ex (o attuali) collaboratori hanno probabilmente ormai nel sangue la pratica del celare segreti. Anche quando parlare era diventato, secondo quanto affermavano le nuove istituzioni, un dovere morale rispetto alle vittime.
Le nuove rivelazioni hanno duramente colpito l'opinione pubblica ed incrinato la fiducia nell'integrità morale di almeno parte dei parlamentari. In questi casi il silenzio equivale a mentire, hanno scritto molti quotidiani rumeni. E la bugia assume dimensioni e significati ancora più torbidi quando la persona in causa, per nascondersi, sta promuovendo leggi con l'obiettivo dichiarato di “fare pulizia morale” e “smascherare chi ha collaborato con i servizi segreti”.
E' il caso del deputato Monica Musca, 57 anni, ministro della Cultura fino a qualche mese fa, tra i politici più popolari della Romania. I suo discorsi erano sempre centrati sulla pulizia morale, sulla verità, sulla correttezza. Una verità che nel suo caso personale pensava non sarebbe mai venuta a galla. Ma tra le decine di dossier che in questi giorni vengono analizzati dai membri del Consiglio nazionale per lo studio degli archivi dell’ex Securitate c’era anche il suo. Pur se incompleto era abbastanza rilevante per svelare il passato di Monica Musca che negli anni '70 – '80, da assistente universitaria a Timisoara, spiava gli studenti stranieri.
”Dana” - questo il suo nome in codice - inviava regolarmente rapporti ai servizi segreti. Di lei si è parlato anche con un altro nome in codice, Eva. Musca è sospettata da alcuni giornali di aver collaborato con la Securitate – o meglio con le strutture che le sono succedute - anche dopo l’89.
In un primo tempo l'ex ministro ha negato qualsiasi coinvolgimento. Poi, man mano che le prove arrivavano dal Consiglio dello studio degli archivi, Musca ammetteva di aver collaborato “per patriottismo”.
Per patriottismo o no dopo l’89 Musca è entrata a far parte di un partito storico, quello liberale, dove era arrivata ad occupare ad un certo punto la carica di vicepresidente. Ora il Partito liberale del premier Calin Popescu Tariceanu ha escluso Monica Musca dalle sue strutture, ritirandole l’appoggio politico e chiedendole di dimettersi dal parlamento per lasciare il posto a “rappresentanti autentici del partito liberale”. Ma la Musca non ha alcuna intenzione di fare un passo del genere. E nel Parlamento non è la sola del resto ad aver collaborato con i servizi segreti. Ci sono anche alcuni ex ufficiali della Securitate che ora si ritrovano a proporre e votare le leggi del Paese.
Il caso Musca ha sconvolto la società romena e gli intellettuali. Il noto scrittore Gabriel Liiceanu ha pubblicato su un giornale una lettera aperta nella quale ha esternato tutta la propria delusione. Anche rispetto al caso dell'ex ministro della Cultura: ”In tutti questi anni, occupando varie cariche, ha fatto varie dichiarazioni sulla Securitate. E non ha mai parlato di un proprio impegno in quest'ultima. Non certo perché l’abbia considerato irrilevante o un atto “di patriottismo”, tenuto con modestia sotto silenzio, ma perché ha contato sul fatto che tutto sarebbe rimasto per sempre segreto. Lei ha violato in questo modo la legge, si è assunta una responsabilità penale, ha mentito agli elettori. Non autodenunciandosi lei è rimasta una povera bugiarda”.
In questo clima di furia contro chi nel passato ha fatto parte della polizia politica, mandando spesso in rovina le vite di amici o addirittura parenti che dissentinvano dal regime, le rivelazioni arrivano a cascata.
Presto i casi non si conteranno più. Due presidenti di partiti del Parlamento di Bucarest sono stati accusati di legami con la Securitate. Il numero dei parlamentari che hanno lavorato per la Securitate è destinato a crescere. In questi tempi sono molto ricercati – per essere intervistati - anche gli ex o gli attuali agenti.
Tra questi ad esempio l'ex ufficiale Ilie Merce, ora deputato del partito Romania Grande, con una ricca attività nella Securitate. Tra i suoi numerosi compiti c’è stato anche quello - nel biennio ‘85-’86 - di combattere le testate radiofoniche estere in lingua romena, come Radio Europa Libera. Merce ha lavorato per il Servizio romeno di informazioni fino al 1996, poi accusato di passare informazioni al Partito Romania Grande (considerato ultranazionalista) ha lasciato il sistema e si è iscritto nella stessa formazione politica. Non ha cercato però di nascondere il proprio passato, di cui oltretutto si dichiara fiero. Ora “da patriota informato sui fatti”, partecipa come opinionista a varie trasmissioni televisive.
Senza dubbio assistiamo ad un periodo di grandi convulsioni morali anche legate ad una lotta intestina nei servizi segreti. Quest'ultima alimenta, manipola e intossica l’opinione pubblica. Ci sono rivelazioni incrociate e spesso emergono “novità” la cui sincerità dovrebbe essere messa in dubbio.
C'è chi tira in ballo anche i servizi segreti stranieri. Secondo l’ex capo del Servizio romeno di informazioni di Costanza, sul Mar Nero, l’avvocato Gheorghe Dinu, “in questi giorni assistiamo ad una diversione, una manipolazione orchestrata da servizi segreti stranieri di spionaggio per destabilizzare la Romania”. Dinu ha difeso in questi giorni anche il Presidente della Repubblica, Traian Basescu, accusato di aver collaborato con la Securitate quando era comandante di navi, prima dell’89. Secondo l’ex capo dei Servizi segreti della città sul Mar Nero a carico di Basescu non vi sarebbe un dossier di collaboratore né prima né dopo l’89.
La pensa invece diversamente l’ex Presidente della Romania, Emil Constantinescu, che annuncia di voler portare nell'aula di un tribunale sia gli attuali responsabili dei servizi segreti, sia il Consiglio per gli studi degli archivi per non aver risposto alla sua richiesta di verificare il dossier dell’attuale capo dello stato, Traian Basescu.
Secondo Constantinescu, Basescu è “un erede del sistema della Securitate, lo stesso sistema che ora denuncia”. Basescu si limita invece a precisare: ”Ho fatto quello che dovevo fare. Ho chiesto l’apertura degli archivi della Securitate. Era inconcepibile che la Romania entrasse nell’UE con gli archivi intatti”. Poi aggiunge di non aver collaborato con i servizi di sicurezza comunisti ma solo di aver elaborato delle note informative che ”tutti quelli che andavano all’estero dovevano scrivere al rientro”.
Ma se qualcuno trovasse un suo dossier, il presidente si dice disposto a renderlo pubblico. Intanto il senatore indipendente, Ioan Talpes, ex capo dei servizi di informazione esteri butta altra benzina sul fuoco creando ancora più confusione. Talpes, come “persona informata sui fatti” annuncia che altre rivelazioni incendiarie stanno per arrivare. Ci sarebbe infatti un archivio ancora intatto con nuovi film e microfilm speciali.
Non è purtroppo un film quanto accade in questo periodo in Romania. La stampa ha individuato gli attori: “I traditori, le vittime, i boia”. Ormai tutti si chiedono dove si andrà a finire. Chi ha dovuto soffrire per la polizia politica spera nella verità, nella giustizia. Chi ha collaborato e ha avuto benefici non sembra farsi molti problemi di coscienza. Questi ultimi affermano di essere loro ora le vittime di una vera e propria “polizia politica”.