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Strasburgo vota sulla Turchia

08.09.2006    Da Bruxelles, scrive Rosita Zilli

La commissione Esteri del Parlamento europeo accoglie la relazione Eurlings sulla Turchia. Critiche ad Ankara su diritti civili, rapporti con Cipro e genocidio armeno. A fine mese la discussione in plenaria. Le reazioni della Turchia
Ankara (foto M. Fontasch)
Sembra non avere fine la lunga telenovela che lega a doppio filo la Turchia all’Unione europea e di cui ieri, a margine della sessione plenaria del Parlamento europeo tenutasi a Strasburgo, si è registrato un nuovo episodio. È stata infatti accolta favorevolmente dalla commissione esteri la relazione presentata dal deputato europeo olandese Camiel Eurlings (Partito Popolare), dalla quale emergono al contempo soddisfazione per l’avvio dei negoziati di adesione e rammarico per il rallentamento subito dal processo di riforme turco.

La relazione evidenzia “mancanze persistenti” in tema di libertà di espressione, di diritti religiosi e delle minoranze, di relazione tra civili e militari, di applicazione delle leggi sul terreno, dei diritti delle donne, sindacali e culturali e di indipendenza del sistema giudiziario. Non manca inoltre un invito alla Turchia a “rinvigorire” il processo riformistico e ad “intraprendere azioni concrete per la normalizzazione delle relazioni bilaterali” con Cipro “il prima possibile”. La commissione invita in particolare Ankara a ratificare, come stabilito al momento dell’avvio del processo di adesione, il protocollo concernente l'estensione dell'unione doganale a tutti i dieci nuovi membri dell'Unione europea, Cipro inclusa. Il governo turco non applica infatti a Nicosia l'estensione del suo accordo di unione doganale con l'Ue e non consente alle navi greco cipriote di attraccare nei porti turchi e neppure agli aerei di atterrare nei propri aeroporti. Un’inosservanza, questa, che le è valsa pochi giorni fa le minacce della presidenza finlandese dell'Ue di sospendere parzialmente il negoziato per l'adesione.

La relazione Eurlings rinnova inoltre l'invito ad operare una riforma del sistema elettorale, con l'abbassamento della soglia del 10% sotto la quale i partiti politici non possono entrare a far parte del Parlamento turco. La Commissione si è infine espressa con una voce sola riguardo alla necessità che la Turchia riconosca il genocidio armeno avvenuto negli ultimi anni dell’impero ottomano (1915 – 1916), ponendola come condicio sine qua non per l’eventuale adesione turca all'Ue.

Il filo rosso che passa lungo la relazione è quindi uno solo: una richiesta chiara e precisa di operare con urgenza le necessarie riforme e di essere attivi sul fronte delle aperture politiche. Gli europarlamentari non hanno però desistito dall’esplicitare un monito dal tono piuttosto ambiguo ripetendo che “i negoziati non portano automaticamente all’accesso” ma che, a prescindere dal loro esito, la Turchia deve rimanere “saldamente ancorata alle strutture europee”. Quasi un mettere le mani avanti su un processo dall’andatura incerta.

Le reazioni del governo turco alla relazione Eurlings non si sono fatte attendere e sono state improntate ad una sostanziale durezza. Un comunicato del Ministero degli Esteri turco ha affermato la costernazione “per sforzi miranti ad imporre delle pre-condizioni lontane dall'essere obiettive su questioni che necessitano una seria disciplina accademica”. Il comunicato si riferisce poi alla richiesta di riconoscimento come “genocidio” del massacro degli armeni come ad “elementi redatti con considerazioni politiche, non compatibili con la credibilità del PE”. Il genocidio provocò, secondo gli armeni, 1,5 milioni di morti tra i cristiani armeni mentre Ankara sostiene che le vittime furono poche centinaia di migliaia, equamente divise tra la parte armena e la parte turca.

Prima dell’inizio della votazione, Eurlings ha affermato che “purtroppo il passo delle riforme è chiaramente rallentato” ed ha espresso la sua speranza affinché il governo turco guardi alla sua relazione “come a un segnale ed un incentivo a reintrodurre la vigorosa velocità verso le riforme che aveva mostrato l’anno prima che iniziassero i negoziati di adesione”.

In ogni caso, la relazione della Commissione esteri, che passerà al vaglio della seduta plenaria di Strasburgo a fine settembre, ha natura “non vincolante”. Ma non è un buon segnale per Ankara. Il prossimo esame per il percorso di avvicinamento della Turchia all’Unione europea sarà in pieno autunno, quando la Commissione europea presenterà la relazione sui progressi compiuti dal governo turco. Spetterà poi al Consiglio europeo di dicembre delineare il futuro sviluppo della tormentata relazione tra Ankara e Bruxelles.


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