Doveva essere una sede espositiva itinerante per la promozione degli artisti sloveni. Prima tappa Venezia. Ma da lì non si è più spostata divenendo una delle realtà culturali più vivaci in città. Un'intervista alla sua direttrice Aurora Fonda
Di Davide Fornari*
Aurora Fonda dirige a Venezia la galleria a+a – Centro espositivo sloveno, a due passi dal colosso di Palazzo Grassi. Il centro è una delle realtà culturali più vivaci della città, come ha dimostrato l’affollatissimo vernissage della mostra attualmente in corso “Formula New Ljubljana”, partecipazione della Slovenia alla 10^ biennale di architettura. «La galleria ha una storia molto particolare – racconto Aurora Fonda – è stata fondata agli inizi degli anni Novanta a Madrid come sede espositiva itinerante per la promozione di artisti sloveni. Avrebbe dovuto cambiare sede ogni lustro, ma arrivata a Venezia non si è più spostata. Principalmente perché la Slovenia non possiede un padiglione, come altri paesi, ai giardini della Biennale. Ma Venezia è anche una vetrina eccezionale, che ci permette di organizzare scambi con paesi stranieri».
Come è organizzata l’attività culturale della galleria?
Il centro si occupa della promozione di artisti sloveni: ogni autunno si riunisce una commissione in cui ogni istituzione culturale slovena ha un rappresentante che presenta delle proposte. Questa commissione stabilisce un programma che è composto al 70% di mostre di artisti sloveni, e al 30% di artisti stranieri. Tra una mostra e l’altra, invece, organizziamo degli eventi invitando artisti stranieri in modo da organizzare a nostra volta scambi con mostre di artisti sloveni all’estero.
La galleria ospita anche mostre ed eventi di artisti italiani?
Con due milioni di abitanti e una programmazione intensa, si può dire che abbiamo promosso ampiamente l’arte e la cultura slovena. Per questo ci sembra bene e ci fa piacere collaborare con la città che ci ospita. Siamo una realtà no profit ed elastica: se un artista o un curatore hanno un progetto espositivo, una performance, anche eventi teatrali – nei limiti dei nostri spazi – interessanti e validi, li ospitiamo. Non dobbiamo chiedere fondi particolari, riusciamo a promuovere facilmente gli eventi, e ci piace essere un laboratorio.
Qual è invece il rapporto tra il centro e gli artisti degli altri stati che facevano parte della Jugoslavia?
Abbiamo avuto artisti serbi, rumeni, bulgari, ma ci mancano tempo e spazio, poiché dobbiamo principalmente rispettare il programma che ci viene proposto, nonostante ciò cerchiamo di essere disponibili indipendentemente dalla loro provenienza.
La galleria ha seguito gli sviluppi della cultura slovena dall’indipendenza ad oggi?
A essere sincera, no. La commissione è costituita da diverse istituzioni slovene e dunque ci ritroviamo ad avere proposte a volte conservatrici e altre intraprendenti, e quindi la galleria non ha mai preso una vera e propria linea di evoluzione che seguisse il contemporaneo dall’indipendenza in poi. Mi piacerebbe, ma visto che vengo tacciata di volermi occupare sempre di contemporaneo e di non prendere in considerazione gli artisti che fanno parte della storia dell’arte slovena – che peraltro è abbastanza giovane – mi adeguo con piacere. Da storica dell’arte ovviamente trovo stimolante ospitare artisti storicizzati, ma in questo senso la galleria si scosta da una linea precisa che potrebbe avere.
La mostra ospitata ora, mostra la grande vitalità dell’architettura slovena. Se si paragona la situazione all’Italia si ha l’impressione che la cultura slovena sia molto più vicina al dibattito europeo, ed aperta agli scambi: la mostra è stata realizzata insieme allo staff di Actar, casa editrice barcellonese.
La Slovenia è un paese giovane, e a mio parere ha cercato di agganciarsi alla cultura europea apportando un contributo particolare ed interessante. Forse il fatto di essere un paese piccolo, ma con un’identità che è vissuta come importante nata come incrocio di varie culture ha fatto si che ciò che poteva essere un handicap è diventato il suo punto di forza. Artisti, architetti, istituzioni che danno un supporto alla cultura hanno sfruttato la situazione con intelligenza. Il Ministero della Cultura sloveno ad esempio è estremamente presente nella promozione della cultura sia in Slovenia che all’estero. Basti pensare che se si dimostra la propria attività di artisti o storici dell’arte, si entra a far parte degli albi e quindi la pensione e la sicurezza sociale sono pagate dallo stato.
Qual è il futuro del centro?
Il nostro centro continuerà sulla linea intrapresa. Ma se dovessimo fare quello di cui una città come Venezia ha bisogno, dovremmo avere un budget elevatissimo, uno staff molto più ampio e comprare uno spazio più grande per poter fare dei programmi paralleli e soprattutto di ricerca su piani molteplici. Un bel sogno che credo non sia solo mio.
Il sito della
Galleria a+a
*Davide Fornari sta effettuando un dottorato in "Design del prodotto e della comunicazione" presso lo IUAV di Venezia