Il socialdemocratico Zeljko Komsic, croato, neoeletto alla presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, conferma di voler essere presidente di tutti i cittadini, qualunque nome portino. Intervista di Nezavisne Novine, nostra traduzione
Intervista di D. Mumunovic per Nezavisne Novine, 4 ottobre 2006; traduzione di Ursula Burger Oesch per Le Courrier des Balkans
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
Sarajevo (foto Nicola Lux)
In un’intervista rilasciata a Nezavisne novine il socialdemocratico Zeljko Komsic, nuovo rappresentante croato nella Presidenza della Bosnia-Erzegovina (BiH), sottolinea che sarà il Presidente di tutti i cittadini del Paese. Sa di avere sulle spalle un ruolo estremamente importante, ma resta convinto di poter lavorare per il bene di tutti i cittadini di Bosnia-Erzegovina
Nezavisne Novine: È rimasto sorpreso da un simile trionfo sugli altri candidati come Ivo Miro Jovic e Bozo Ljubic? Come commenta il fatto di avere ottenuto molto più successo del suo partito politico, l’SDP?
Zeljko Komsic: Non è vero che io abbia ricevuto più voti dell’SDP. Quanto al resto, so che può suonare ridicolo, si dirà che parlo così ora che le elezioni le ho vinte, ma per quanto concerne la vittoria su Jovic e Ljubic, noi eravamo persuasi che essa fosse possibile. La mia vittoria netta è stata forse facilitata dalle divisioni interne dell’HDZ [Unione Democratica Croata, ndc], ma io davvero me lo aspettavo. Nelle nostre previsioni preliminari ci aspettavamo il risultato che poi si è verificato.
Vesna Pusic, la presidentessa del Partito nazionale croato (HNS) di Croazia, ha sostenuto che lei è il primo membro della Presidenza di Bosnia-Erzegovina ad essere eletto da cittadini anziché da popoli, ed ha concluso che si trattava di un evento molto importante per la Bosnia-Erzegovina, ma che ciò implicava per lei anche una grande responsabilità. Lei è cosciente di questa responsabilità?
Sono d’accordo con Vesna Pusic. La mia posizione è particolare, è vero, ma essa non è né nuova né sorprendente. Durante tutta la campagna elettorale noi abbiamo fatto di tutto per esortare i croati a votare Zeljko Komsic, in quanto candidato croato dell’SDP, dato che io sono croato. Spero comunque che essi non abbiano votato per me unicamente per questa ragione. Anche dei bosgnacchi e dei serbi hanno votato per me, e questi non li menziona nessuno, anche se – secondo alcune stime – sarebbero circa 110.000 nella Federazione [una delle due entità della BiH, ndc]. I miei elettori appartengono anche alla categoria degli «altri» [appartenenti ad altre nazionalità e gruppi etnici, ndt], categoria che tutti hanno dimenticato. Il fatto che tutti costoro abbiano votato per me rappresenta un segnale positivo per la Bosnia Erzegovina. Poi, se c’è chi distorce i fatti e pretende che la mia vittoria sia una cosa dannosa per la Bosnia Erzegovina, questo non è un problema mio.
Ha intenzione di visitare le regioni del Paese a maggioranza croata e di dialogare con la gente?
Ma certo, questo è il mio lavoro. Quello che mi differenzia da Ivo Miro Jovic, per esempio, è il fatto che il mio lavoro sarà anche quello di andare a Konjevic Polje [regione serba, ndt]. Vedere come la gente vive laggiù, e come si potrebbe risolvere il problema di quella chiesa ortodossa costruita sul terreno di Fata Orlovic...
Questo vuole dire che lei sarà il presidente di tutti i cittadini, qualunque cognome portino...
Assolutamente. Il lavoro alla Presidenza assomiglia al mio precedente incarico, quello di presidente della municipalità. Indipendentemente da chi ha votato per me, il mio dovere è quello di occuparmi di tutti, al meglio delle mie possibilità. Questo lo dico veramente senza alcuna demagogia. Fino ad ora in Bosnia Erzegovina abbiamo avuto una logica perversa, secondo la quale era sottinteso che ogni membro della Presidenza si occupasse solamente di coloro che l’avevano eletto. Quando si adempie alla più alta carica di uno Stato, il compito consiste nell’occuparsi dell’intero Paese e di tutti i suoi cittadini, indipendentemente da quali che siano i loro orientamenti, le loro nazionalità, le schede elettorali che essi hanno depositato nell’urna. Questa è la mia logica.
L’HDZ non riconosce la sua vittoria, l’HDZ 1990 mette in questione la sua legittimità ed il fatto che molti croati non erano favorevoli alla sua nomina. Cosa intende fare per conquistare la fiducia della gente di Siroki Brijeg o di Capljina [in Erzegovina occidentale, ndt], quella stessa fiducia che lei ha già ottenuto presso la gente di Sarajevo?
L’idea che la maggioranza dei croati sarebbe contro di me è solo una bugìa di Ivo Miro Jovic. Da sempre io sono a mio agio in Erzegovina e questo non è destinato a cambiare. Io sono croato, e da questo deriva la mia legittimità. Una parte della mia famiglia vive in quella regione, loro sono di Kiseljak. Io sono uno di loro. Una logica perversa regna in Bosnia Erzegovina sulla rappresentanza esclusiva delle comunità. È una cosa che non funziona. D’altronde, queste persone che mi attaccano e contestano la mia legittimità sono state al potere per quindici anni. Parlando del popolo croato, chiediamoci allora: dove si trova ormai la metà dei croati di Bosnia-Erzegovina? Signori, voi che eravate al potere, rispondete a questa domanda. Ancora oggi, voi vi vantate di essere i soli ad avere il diritto di rappresentare i croati, quando la metà di essi non si trova neppure più nel Paese. Per nascita io sono quello che sono, e da lì deriva la mia legittimità. Se questo dà fastidio a qualcuno, non è un problema mio. Questo è il mio Paese, e io mi voglio sentire a casa mia su ogni millimetro del suo suolo.
Quali saranno i suoi primi atti ufficiali, una volta che lei sarà ufficialmente insediato su una delle tre poltrone della Presidenza? Ha già in vista un piano per i suoi primi cento giorni in questo incarico?
La mia personale posizione, come risulta anche dalla posizione politica dell’SDP, è che la Presidenza di Bosnia Erzegovina debba cambiare il proprio ruolo. I poteri operativi ed esecutivi devono assolutamente essere trasferiti al Consiglio dei ministri, che deve giocare pienamente il ruolo di governo.
Sì, ma questo non è possibile senza delle modifiche costituzionali...
Esatto. Ecco dunque la risposta sulle mie prime attività, una volta arrivato alla Presidenza. Bisogna riaprire il dibattito sulle modifiche costituzionali, perché il nostro Stato, così come funziona attualmente, è bloccato dalla burocrazia e dall’amministrazione. Ci sono molti meccanismi che ne impediscono il normale funzionamento. Bisogna aspettare che la maggioranza parlamentare venga confermata ufficialmente, e vedere se si può finalmente implementare ciò su cui già c’è un accordo. Quella sarebbe la Bosnia Erzegovina che io sogno? No! Ma su queste cose si è creato un consenso. Presto o tardi, noi dobbiamo affrontare la questione delle modifiche costituzionali.
Lei crede che i suoi colleghi in seno alla Presidenza della BiH, in particolare Haris Silajdzic, cambieranno la retorica che hanno utilizzato prima delle elezioni?
Non posso sapere cosa faranno gli altri. Però si può già vedere che i palloni si sgonfiano, e che sta prendendo piede una retorica offensiva. Si vedrà come si evolveranno le cose, e il primo vero test sarà il processo di riforme costituzionali. Il lavoro di membro della Presidenza non dipende dalle posizioni personali degli uni verso gli altri. Si basa sul fatto che noi tutti siamo obbligati dalla legge, dall’etica ma anche dalla Costituzione, a lavorare insieme e a collaborare.