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Albania, lezioni di indipendenza istituzionale

24.10.2006    scrive Indrit Maraku

Braccio di ferro tra il governo e il presidente della Repubblica per la destituzione del procuratore generale. Moisiu boccia la richiesta di destituzione. Gli analisti locali apprezzano il rispetto della costituzione e dell’indipendenza delle istituzioni
Sollaku e Moisiu
Con una lettera inviata al Parlamento lo scorso 13 ottobre, il Presidente albanese della Repubblica, Alfred Moisiu, ha ufficialmente rifiutato la richiesta di destituire il Procuratore generale, Theodhori Sollaku, voluta dalla maggioranza di centro-destra del premier Sali Berisha. Sollaku viene accusato dai democratici di aver favorito il crimine organizzato dormendo sui dossier in possesso dall’istituzione da lui guidata.

Ma il capo dello Stato – al quale spetta secondo la Costituzione il compito di nominare e di rimuovere il Procuratore generale, se pure su proposta del Parlamento – dopo una riflessione lunga due mesi, ha valutato la richiesta come incostituzionale e senza prove. Una decisione che ora rischia di trasformarsi in uno scontro istituzionale tra governo e presidenza mai visto prima nel Paese.

Accuse al Presidente

Immediata e durissima la reazione del centro destra in seguito alla quale Moisiu si è trovato nel giro di 24 ore sotto l’accusa di essere uno dei più grandi criminali del Paese. Astrit Patosi, deputato del Partito democratico (Pd) e capo della commissione parlamentare che indagava sull’operato del procuratore Sollaku, ha definito la decisione di Moisiu come “un pauroso incoraggiamento del crimine organizzato”. Patosi si è spinto oltre, fino ad accusare direttamente il Presidente della Repubblica: “Questa decisione dimostra che la simbiosi fra criminalità e politica è una grave malattia che ha infettato anche i vertici dello Stato”, ha dichiarato Patosi.

Mentre il deputato Gazmend Oketa (Pd), anch’egli parte della commissione parlamentare d’inchiesta, ha accusato Moisiu, i suoi figli e i suoi familiari di esseri legati al traffico di droga, interpretando la decisione del presidente della Repubblica come “un dovere” del capo dello Stato rispetto ai dossier che lo riguarderebbero e che sono in depositati in procura.

Nel fiume di accuse nei confronti del Presidente si è immesso anche il capo del Parlamento, Jozefina Topalli, che ha parlato di “un incidente storico senza precedenti” dove “un Presidente si contrappone al sovrano, lasciando in carica un Procuratore generale sul quale pesa una montagna di accuse”.

La difficile decisione di Moisiu

Lo scorso fine luglio, in una sessione dove non sono mancati calci e pugni tra i deputati, il Parlamento ha votato la rimozione del Procuratore generale, trasferendo così la patata bollente nelle mani del Presidente della Repubblica. Il premier Sali Berisha aveva fatto capire in più occasioni di voler chiudere in fretta la questione, sollecitando Moisiu ad una rapida decisione. Ma il capo dello Stato aveva da subito messo in chiaro che intendeva prendere tutto il tempo che la Costituzione gli concede per riflettere.

Perché, come aveva spiegato lo scorso 22 settembre, nella sua prima dichiarazione pubblica sull’argomento, “non è una questione di nomi ma una questione costituzionale, che attiene direttamente ai rapporti fra istituzioni indipendenti”. Dopo tre giorni, il primo ministro Berisha aveva risposto assicurando di essere pronto a rispettare “qualunque decisione il Presidente riterrà ragionevole, poiché la Costituzione precisa chiaramente che il Procuratore generale viene rimosso dal Presidente”.

Nella lettera recapitata al Parlamento, dopo due mesi di riflessioni e consultazioni con “diversi esperti di diritto costituzionale locali, europei e americani”, Moisiu ha sottolineato che “nonostante uno Stato funzioni come un insieme […], al centro dell’interdipendenza istituzionale rimane il concetto di autonomia e indipendenza costituzionale”. Concetto che, secondo il capo dello Stato, è venuto meno nell’operato della commissione parlamentare d’inchiesta, la quale “non può prendersi gli attributi di un tribunale […], attributi che non spettano nemmeno al Parlamento stesso”.

Il Presidente della Repubblica ha fatto notare che 5 dei 7 membri della commissione parlamentare che doveva indagare su Sollaku sono anche firmatari della richiesta per la sua rimozione, “violando così il concetto di supposizione d’innocenza”. “Diversi membri di questa commissione – spiega Moisiu – anche quando le indagini erano in corso, hanno pubblicamente dichiarato come già provate le accuse [a carico del procuratore generale], mentre esse dovevano ancora essere verificate dalla commissione”.

Infine, sottolineando di “non aver riscontrato nell’operato del Procuratore generale violazioni della legge tali da rimuoverlo dall’incarico”, il Presidente ha aggiunto che la proposta giuntagli per la sua destituzione “non trova appoggio nei criteri e nelle procedure previste dalla Costituzione e dalla giurisprudenza costituzionale”.

La decisione del 77enne Moisiu, ex generale in pensione, è stata vista positivamente dai media indipendenti locali. Gran parte degli analisti politici, specialmente in seguito alla marea di accuse pervenute dalla maggioranza all’indirizzo del Presidente, hanno applaudito il suo ruolo da “protettore della Costituzione e dell’indipendenza istituzionale”.

A congratularsi con Moisiu è stato anche un deputato del Pd, Spartak Ngjela, l’avvocato destituito dagli incarichi di partito qualche mese fa dopo i disguidi con il leader Berisha. “Ha cominciato a funzionare l’istituzione del Presidente della Repubblica, che non ha mai funzionato dal 1992 ad oggi. Ora sembra dare segni che abbiamo a che fare con un’istituzione che protegge la Costituzione. Il Presidente ha fatto un gesto solenne nel nome del popolo, senza guardare a destra o a sinistra. Il fatto che abbia preso una decisione contraria alla volontà della maggioranza politica è un segno di indipendenza”, ha dichiarato Ngjela.

A denti stretti

Il giorno seguente la decisione presidenziale, il Procuratore generale, Theodhori Sollaku, ha rotto il silenzio ringraziando il Presidente per la sua decisione che ha definito come “giusta e in difesa della democrazia costituzionale”. Secondo Sollaku, il provvedimento di Moisiu non è solo “una vittoria morale e legale dell’istituzione della Procura, ma anche un momento di riflessione non soltanto per quelli che hanno ideato questo processo, ma anche per la Procura stessa nell’esercizio delle responsabilità costituzionali e legali”.

Oltre le congratulazioni giunte a Sollaku dalla sinistra, i media di Tirana hanno riportato anche quelle, seppur in forma privata, dell’ambasciatrice USA in Albania, Marcy Ries.

In questi anni di democrazia, l’istituzione del Procuratore generale ha sempre subito gli umori della classe politica. Ma diversamente dai suoi predecessori, Theodhori Sollaku ha stretto i denti non facendosi scoraggiare dalle pressioni e dalle accuse del governo: nel 1992, Maks Haxhia ha dovuto abbandonare l’incarico alla prima richiesta di Berisha; Alush Dragoshi, nel 1997, non è riuscito a sopportare le pressioni dell’allora neo premier Fatos Nano mollando al primo tentativo di rimuoverlo dalla carica; Arben Rakipi ha abbandonato la sua poltrona nel 2002 perché non piaceva né alla sinistra né alla destra.

Theodhori Sollaku non se n’è andato soltanto perché così voleva l’uomo più potente del Paese, Sali Berisha. La tattica di dichiarare una persona colpevole e soltanto dopo cominciare a raccogliere prove contro di lui, questa volta non ha funzionato.

Qualcuno ha già chiesto al Procuratore di fare causa al premier per diffamazione, ma Sollaku ha preferito riunire i capi delle procure di tutte le prefetture per ridare tono al lavoro investigativo dell’istituzione, che come anch’egli ha ammesso “si è un po’ perduto in questi mesi” di accuse e indagini parlamentari.
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