Quale il percorso della Bosnia Erzegovina verso l' ''Europa dei cittadini''? Una tesi di laurea, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Foto di Antonello Nusca
Di Daniele Magrin
Quale “BiH dei cittadini” si potrebbe un giorno apprestare a fare il suo ingresso nell’ “UE dei cittadini”? Quanto è vasto il divario tra società civile e istituzioni bosniache? In che modo viene percepito l’ennesimo intervento straniero in questioni così delicate come quelle delle riforme costituzionali e quanto esso può giovare alla causa del paese balcanico?
Sono domande cruciali, che pochi si sono posti, in questo ultimo anno di inizio trattative tra la l'Unione europea e lo stato balcanico. Si dimostrano punti ancor più focali nell’ambito delle necessarie riforme costituzionali che consentirebbero alla Bosnia Erzegovina di adeguarsi agli standard europei.
Lo stallo che si è venuto a creare proprio nell’ambito delle discussioni partitiche e diplomatiche attorno al nodo delle riforme è chiarificatore di una situazione difficile da sbloccare. La stessa condotta politica, interna ed esterna alla Bosnia Erzegovina, in questo frangente sembra aver dimenticato il fondamentale ruolo della società civile.
Essa, un tempo vivace ed attiva, appare depressa e isolata dal contesto di un paese in cui i politici non hanno la capacità di coinvolgere i cittadini.
Svetlana Broz, nipote di Tito che si sta adoperando da anni per rivivificare il sentimento civile della società bosniaca, sostiene in maniera decisa il ruolo attivo della gente di Bosnia Erzegovina nella politica del proprio paese. Conscia che il processo potrebbe richiedere ancora molti anni, si domanda anch’essa quale sia il motivo per cui, nel corso delle discussioni intrapartitiche attorno alle riforme, non si sia mai svolto alcun sondaggio d’opinione.
Assieme alla Broz, anche il Consigliere del Presidente del Cantone Una – Sana si interroga sul ruolo delle diplomazie internazionali, rappresentate soprattutto da quella statunitense piuttosto che da quella europea, portatrici del chiaro intento di bloccare formalmente i punti salienti degli accordi di Dayton.
Con “Europa dei cittadini” si dovrebbe pensare a quel complesso di valori che vedono il cittadino al centro dell’Unione, progetto attorno al quale si sta cercando di creare l’Europa del futuro. Al momento di iniziare il dialogo con un potenziale nuovo stato membro, l’UE dovrebbe guardare a questi valutando se esso ha in sé il fondamentale pilastro di una forte e solida società civile. Essa dovrebbe far riferimento ad una classe politica che la coinvolga nelle sue scelte. Il nuovo interlocutore, oltre ai parametri economici ed istituzionali, dovrebbe garantire una solida comunità di base. Non si può aspirare ad un’”Europa dei cittadini” senza una comunità solida e priva di frizioni interne, capace di guardare all’Unione europea in maniera matura ed indipendente.
Una questione che va risolta al meglio è quella dell’identità, è capire chi siano veramente i bosniaci e chi, tra serbi, croati e musulmani, si senta davvero “bosanac”. Senza questo sentimento civico e di appartenenza, mancherà sempre alla BiH un’identità che prima esisteva nella Bosnia jugoslava. La guerra ha sconvolto quegli equilibri consolidati e ha distrutto le basi per la BiH attuale in previsione dell’entrata in Europa in un futuro che può anche non essere molto prossimo.