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mercoledì 07 settembre 2022 17:07

 

Il formaggio nel sacco

18.11.2006   

Dal miele, alla frutta, ai formaggi. Sono stati più di trenta i produttori provenienti dai Balcani che hanno partecipato a Terramadre 2006, l'incontro mondiale delle comunità del cibo. Tra i vari prodotti anche il “formaggio nel sacco”. Un'intervista
Un grande sacco di pelle di pecora rivoltata di color marroncino chiaro: ecco come si presenta il “sir iz mijeha” (formaggio nel sacco) dell'Erzegovina.

Slow Food presenta così il formaggio che Slavica Samardzic è venuta a a far conoscere al pubblico dell'ultima edizione di Terra Madre, incontro internazionale di contadini e produttori promosso a Torino e in Toscana. Slavica è divenuta da poco tempo referente per Slow Food del presidio internazionale di Nevesinje, sua città natale. Qui è tradizione fare in casa il “formaggio nel sacco”, cosiddetto perché contenuto all'interno di una pelle di pecora affumicata. Slow Food ha deciso di attivarsi per tutelare e valorizzare questo prodotto tipico che, In Italia, ha raccolto grandi apprezzamenti dagli intenditori di settore.

Quale il percorso che l'ha portata a diventare referente di Slow Food a Nevesinje?

Nel 2003 avevo concluso un corso presso l'Istituto Economico di Bari e avviato uno stage presso la Cefa, Ong bolognese, dove ho conosciuto Paolo Bolzacchini. Lui è la prima persona che ha assaggiato, a casa mia in Bosnia, questo formaggio e si è poi trascritto la lavorazione. Continuava a ripetermi che era una cosa che non aveva mai visto. Un anno dopo, nel 2004, Paolo ha cominciato a lavorare per Slow Food ed è Slow Food che ha avviato tutto il progetto in cui sono coinvolta, al quale successivamente si è aggiunta un'organizzazione di Arezzo, UCODEP. Il progetto prevede la mappatura di tutti i prodotti tipici dell'Erzegovina, al quale collaborano anche l'Istituto zootecnico di Potenza e la Provincia di Arezzo.

Ci si è attivati affinché il prodotto “Sir iz mijeha” venisse presentato ad Arezzo, a Prato, e poi nell'aprile del 2006 a Vinitaly, fiera enologica internazionale, dove ha riscosso grande successo. Nel giro di venti giorni da questa fiera internazionale, Slow Food l'ha definito formaggio di presidio. I presidi di Slow Food sono progetti nati per sostenere i piccoli produttori e per salvaguardare i prodotti artigianali tradizionali di qualità.

Ci può raccontare quali sono le particolarità di questo formaggio?

Il formaggio viene fatto dal latte crudo di pecora o con latte misto d'estate, mentre d'inverno si usa il latte vaccino. La particolarità sta soprattutto in due fattori: che viene fatto con latte crudo, quindi non viene cotto, e che alla fine della lavorazione si ripone in un sacco di pelle di pecora previamente affumicato. A seconda di quanto è grande l'animale si ottengono forme che vanno dai 30 ai 70 chili di formaggio. Il formaggio stagiona da due a tre mesi e solitamente viene consumato come antipasto, con le patate lesse, con il prosciutto o con gli gnocchi fritti.

Siete organizzati in un'associazione di produttori? Avete il sostegno della municipalità di Nevesinje?

La municipalità, nella fase iniziale, non ha dimostrato alcun tipo di interesse. Si sono inseriti solo quando hanno visto che il progetto prometteva bene. Tutto quello che sta succedendo attorno a questo formaggio è frutto dello spirito d'iniziativa di poche persone, che non avevano alcun legame con la municipalità, a partire da Paolo fino a me e altre quattro famiglie di Nevesinje sino alla partecipazione di UCODEP. La municipalità si è presentata a lavoro finito... e quindi oggi sono ufficialmente coinvolti e informati dell'andamento del progetto. Ma ad oggi non abbiamo ottenuto alcun tipo di sostegno, né economico, né politico. Ora, dopo 15 anni, abbiamo una nuova rappresentanza politica che ha vinto di recente alle elezioni di ottobre, e ci aspettiamo che si muova qualcosa sebbene sappiamo che ci vorrà comunque parecchio tempo.

Come produttori non siamo organizzati in associazione, perché si teme di dover sostenere direttamente l'associzione e che questo abbia costi troppo elevati per gli associati. Nessuno dei produttori locali qui da me ha la possibilità economica di coprire queste spese.

Quali possibilità hanno i produttori locali di trasformare questa tradizione “casalinga” in fonte di reddito familiare e di sviluppo dell'economia locale?

Sono circa dieci le famiglie che si occupano attivamente della produzione di questo formaggio. Ma qui ogni famiglia ha una media di 2-4 vacche o 10-20 pecore, per non parlare di alcune famiglie che possiedono anche centinaia di pecore. Quindi il potenziale di produzione è grande ma la situazione dipende dal mercato che in questo momento non ci rende possibile produrre quantità maggiori. Il nostro formaggio viene piazzato esclusivamente in Erzegovina perché in altri luoghi della Bosnia Erzegovina non esiste questa tradizione e quindi non sono abituati a consumarlo. Dobbiamo considerare che c'è anche la questione del prezzo di questo prodotto, che costa al chilo tra i 4 e i 6 euro, un prezzo troppo elevato anche per la media degli abitanti del mio paese che abitano nei centri urbani. Al momento questo è il fattore di maggior impedimento.

Inoltre non ci è possibile esportarlo nei paesi dell'Unione europea, perché vi è il divieto di importare prodotti di origine animale dai paesi che non sono membri dell'Unione. Rispetto a questo so che UCODEP ha scritto la seconda fase del progetto “Sapori d'Erzegovina”, che non ho ancora letto e quindi non so ancora di preciso che cosa preveda. Per quanto mi riguarda ho in programma di fondare il consorzio di produttori di formaggio “Sir iz mijeha” e di fare richiesta per l'ottenimento del marchio DOP dell'Unione europea. Sappiamo che la procedura è lunga e complessa ma anche che la Ue ha già concesso questo marchio a prodotti provenienti da paesi terzi non membri, quale è ad esempio la Bosnia Erzegovina. Cercherò anche di ottenere il sostegno delle nostre rappresentanze governative affinché sostengano questa richiesta.

Il vostro prodotto potrebbe essere un buon potenziale per il settore del turismo agreste...

Era stato avviato un progetto, finanziato dalla Comunità Europea, dal titolo “rafforzamento del settore del turismo nell'area dell'Erzegovina”. Nell'ambito di questo progetto avevano organizzato un corso per guide turistiche al quale avevo partecipato. Ma finito il progetto, più nessuno ha continuato. Perché tutti i progetti finanziati dall'esterno da noi durano, cioè sono “sostenibili”, solo fintantoché permane questo supporto esterno. Nel momento in cui gli aiuti vengono meno, il progetto viene dimenticato. Purtroppo questa da noi è divenuta una tradizione e prassi ...


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