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Chi a Stoccolma non c'era

11.12.2006   

Orhan Pamuk nei giorni scorsi si è recato a Stoccolma per ritirare il premio Nobel. Ma in molti in Turchia non sono affatto orgogliosi che un proprio concittadino abbia ottenuto quest'alto riconoscimento. Tutt'altro. Una nostra traduzione
Di Altan Oymen, Radikal, 9 Dicembre 2006

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni


Ho un ex compagno di scuola con cui ho parlato al telefono nei giorni scorsi. Ci saremmo dovuti incontrare ma in questo periodo per me è impossibile. “Dove vai questa volta?” mi ha chiesto “a Stoccolma”, “Perché?” “Per ascoltare il discorso di Pamuk per il Nobel”.

Non gli è piaciuta questa risposta. “Non hai altro da fare? Per poter prendere il Nobel ha parlato male della Turchia, se non lo avesse fatto non glielo avrebbero dato”. Io ho cercato di spiegare ma non ci siamo capiti. Alla fine però il mio amico ha dovuo ammettere che non aveva mai letto Pamuk, forse leggerà “Neve”.

Quando è stato annunciata la vittoria di Pamuk io ero all’aereoporto di Chicago. Ho chiesto un’informazione ad un inserviente, un ragazzo di 25 anni. Mi ha chiesto da dove venivo. “Dalla Turchia”, mi ha stretto la mano dicendomi: “Salam Aleykum la Turchia è il paese di Orhan Pamuk”.

Era un albanese arrivato in America dopo aver vinto la lotteria della Green Card. Ogni anno 50.000 stranieri vengono estratti a sorte ed hanno la possibilità di trasferirsi in America. L’amministrazione americana apre le braccia ad immigrati bianchi, compresi gli albaesi, per cercare di contrastare il flusso di ispanici.

Abbiamo parlato un pò. Conosceva Pamuk prima che vincesse il Nobel, aveva letto “Neve”. Sono entrato nella più importante catena di librerie del mondo, Barnes&Noble. Al piano terra ci sono dei libri e sopra una scritta “Leggi questo libro, tutti ne parlano”. I libri erano di Pamuk. Ho chiesto ai librai e mi hanno detto che avevano organizzato lo stand subito dopo l’annuncio di Stoccolma. Nei magazzini però i libri di Pamuk erano finiti e adesso li stavano ristampando.

Prima di arrivare in Svezia sono passato dalla Germania, la situazione era la stessa. Tutte le librerie avevano riservao uno spazio dedicato a Pamuk. Giornali e riviste pubblicavano sue interviste. Come in molti altri paesi, dall’Italia all’Estremo Oriente. Ed in ogni paese, almeno tra le persone interessate alla letteratura, dicendo Turchia viene in mente Pamuk e viceversa.

Per quanto riguarda la Svezia è facile indovinare. Dal controllo dei passaporti ai tassisti quando sanno che sono turco cominciano a parlare di Pamuk. Tutti poi si congratulano con l’ambasciatore turco a Stoccolma. Anche se lui dicesse che Pamuk ad aver vinto il Nobel e non lui, là si usa così: ci si congratula anche con gli ambasciatori dei paesi dei vincitori del Nobel.

Sappiamo benissimo invece che nel nostro paese la situazione è diversa. Ho già detto della posizione del mio ex compagno di scuola. Dello stesso avviso ho molti altri amici, nella stampa e nella politica. Continuano a mettere in relazione il premio Nobel con quanto Pamuk ha detto due anni fa ad un giornale svizzero. Pamuk a questo proposito ha già fatto svariate precisazioni ai giornali e alle televisioni. Anche i giurati del Nobel nella motivazione hanno sottolineato come nella loro decisione le frasi di Pamuk non abbiamo avuto nessun ruolo.

A questo proposito i commenti però non sono ancora finiti. Anzi recentemente in televisione qualcuno ha anche confuso la Svizzera con la Svezia. “Pamuk ha fatto quell’intervista con un giornale svedese. Il giornalista gliel’ha proposto a nome dei giurati del Nobel e gli ha fatto dire quelle frasi. Così i giurati poi hanno deciso”.
Nei giorni scorsi è venuta fuori un’altra teoria: i giornalisti turchi che sono andati a Stoccolma per la cerimonia del Nobel non sono dei critici letterari ma degli esperti di politica. Questo dimostra che la ragione del Nobel a Pamuk non è letteraria ma politica.

Abbiamo ascoltato nei giorni scorsi il discorso di Pamuk all’Accademia Reale. Ed è stato particolarmente interessante essere presenti in quell’occasione, vedere come al termine del suo discorso 700 persone si sono alzate per applaudirlo, magari fossero stati là anche quelli che hanno prodotto certe teorie.....
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