170 km di collegamento autostradale. Un progetto in cantiere da parecchi anni e non particolarmente gradito alle istituzioni internazionali. Ora il governo Berisha è deciso a portare a termine ciò che considera l’autostrada per il Kosovo
Dopo otto anni di traversie, il completamento della superstrada Durazzo-Kukës sembra finalmente in fase di avvio. Lo scorso settembre il premier albanese Sali Berisha ha siglato un contratto da 418 milioni di euro con il consorzio turco-americano Bechtel-Enka, incaricato di costruire un segmento del tracciato, la cui lunghezza complessiva sarà di 170 km. Il website del Ministero dei Trasporti albanese dedica una lunga pagina al più ambizioso progetto infrastrutturale mai realizzato nel paese, destinato a “riunire il Kosovo con
l’altra parte dell’Albania” – e soprattutto a fornirgli un agevole sbocco all’Adriatico.
La storia della strada inizia nel 1999, al termine dei bombardamenti NATO sulla ex Federazione di Jugoslavia. L’esodo degli albanesi kosovari verso l’Albania aveva rivelato le pessime condizioni della rete viaria schipetara, soprattutto nel Nordest del paese. Mentre circolavano voci su una ipotetica “strada Clinton”, che si voleva finanziata da una donazione del presidente americano, all’inizio di luglio il Ministero dei Trasporti albanese e le forze NATO presenti nel paese siglavano un accordo che prevedeva la ricostruzione della strada Durazzo-Kukës. Pochi giorni dopo, il giovane premier albanese Pandeli Majko dichiarava che “la realizzazione dell’asse Durazzo-Kukës sarà uno degli obiettivi principali del Patto di Stabilità”, legando il progetto al suo nome: iniziava così la complessa vicenda della “strada Majko”.
Tuttavia, nonostante le pressioni di Majko e Rugova riguardo all’urgenza di un’autostrada Durazzo-Kukës-Priština, la comunità internazionale sembrava avere altre priorità. La questione si colloca sullo sfondo di quella più ampia del Corridoio VIII Durazzo-Varna, un progetto fortemente voluto dagli USA che, alla metà degli anni Novanta, lo ritenevano di grande valore strategico in caso di disgregazione della Russia. Gli europei miravano invece a uno sviluppo regionale balcanico più equilibrato, tanto che la destra albanese ha più volte accusato la Commissione Europea di “boicottare la realizzazione dei grandi assi albanesi”.
Tuttavia, Majko non si diede per vinto: poiché nel 2002 la Durazzo-Kukës non era ancora nell’agenda delle istituzioni internazionali, optò per l’autofinanziamento. Nacque la cosiddetta “tassa Majko”, stabilita da una legge votata all’unanimità e sostenuta incondizionatamente dal mondo imprenditoriale, sul quale gravava col prelievo dell’1% sulle importazioni. Nel 2003 il presidente del consiglio Fatos Nano presentava il progetto di un tracciato di 175 km, che avrebbe permesso di coprire la distanza fra Durazzo e Morina in due ore contro le sei attuali. Il costo totale ammontava a 300 milioni di dollari, ma in cassa ce n’erano soltanto 32 devoluti dalla Banca Mondiale e 30 derivati dalla “tassa Majko”. Pur impegnandosi a completare almeno il segmento Milot-Rrëshen, era evidente che il governo assegnasse la priorità ad altre arterie, e le realizzò quasi tutte, progettando inoltre la Lushnja-Fier, la Fier-Valona e la Fier-Tepelena, da terminare nel 2007. Mentre in tutti questi casi i finanziatori esteri erano stati solleciti (BERS, Banca Europea degli Investimenti, Cooperazione Italiana), nessuno dimostrava interesse per la Durazzo-Kukës, una strada strategica soltanto per Albania e Kosovo.
Nel frattempo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) si dichiarava perplesso sulle modalità
formali dell’impiego della “tassa Majko”, che fino al dicembre 2003 aveva accumulato nelle casse dello Stato circa 45 milioni di dollari. Il pacchetto fiscale per il 2004 ne decretò pertanto l’abolizione, ma la sostituì con l’aumento dell’imposta sui carburanti e con un nuovo balzello sugli automezzi. Ne conseguirono altre ipotesi di sabotaggio – l’Europa avrebbe abolito la “Majko” temendo un calo delle importazioni, o forse era il solito complotto francese per sostenere i serbi. Tuttavia la progettazione della Durazzo-Kukës proseguì fino al termine del mandato socialista, nel luglio 2005, fra le recriminazioni della destra – “Majko è l’unico socialista patriota”, si diceva all’epoca.
La questione dell’autostrada per il Kosovo torna prepotentemente alla ribalta con la vittoria elettorale del Partito Democratico: il premier Berisha dichiara subito che il collegamento fra Albania e Kosovo è una priorità assoluta del suo governo e ne garantisce l’inaugurazione entro il 2009. Il presidente del consiglio accusa la “rivolta comunista” del 1997 di aver impedito la realizzazione di un “suo” progetto del 1996 e taccia i socialisti di aver sperperato i fondi destinati alla Durazzo-Kukës. Secondo il PD (Partito democratico) la sinistra è stata troppo pavida innanzi ai timori internazionali che vedevano nell’asse stradale un altro passo verso la “Grande Albania”.
Mentre Majko aveva fatto un martellante lobbing per convincere gli eventuali finanziatori del valore economico dell’arteria, i berishani ne affermano con disinvoltura l’interesse strategico nel riunire “l’intera nazione albanese”; mentre Majko sottolineava la necessità di promuovere il turismo in Albania, la destra punta a trasformare Durazzo non in una spiaggia, bensì in un porto commerciale del Kosovo.
Nell’estate 2006 viene indetto un appalto internazionale cui partecipano una ditta austriaca, una croata, una kuwaita e una statunitense. Vince quest’ultima, la Bechtel International Inc., azienda leader negli USA che ha realizzato il tunnel della Manica e ricostruito i campi petroliferi in Kuwait. A settembre, Berisha annuncia raggiante che Bechtel costruirà il segmento Rrëshen-Kalimash, lungo 57 km, per la modica cifra di 418 milioni di euro. Da parte sua, l’opposizione socialista denuncia la mancanza di trasparenza dell’appalto, a partire dall’ingresso a sorpresa della turca Enka Construction & Industry, consorziata con Bechtel pur non avendo partecipato alla gara.
L’evidente diffidenza delle istituzioni internazionali per l’operazione Durazzo-Kukës si manifesta nel rifiuto di finanziarla. Nonostante le insistenze albanesi, la Banca Mondiale si è opposta categoricamente, adducendo l’irragionevole aumento del costo da 2 a 8 milioni di dollari a km e mettendo in guardia sia il governo sia gli eventuali finanziatori stranieri dal cimentarsi in un’impresa tanto azzardata. E così il ministro dei Trasporti Basha ha dovuto dichiarare che l’ingente investimento sarà affrontato solo col budget dello Stato con l’aiuto di “alcuni partner internazionali”, senza tuttavia fornirne i nomi né spiegando come il governo salderà 418 milioni alla Bechtel-Enka. Al momento l’unica ipotesi sembra quella del credito commerciale, promossa dal ministro delle Finanze Bode, ma l’ottimismo governativo è stato smorzato dal duro monito del FMI, che esorta il governo albanese alla massima prudenza nel chiedere prestiti milionari per la Durazzo-Kukës.
La decisione del governo di realizzare la strada, nonostante l’opposizione della Banca Mondiale, è orgogliosamente presentata come “il primo gesto di indipendenza dell’Albania dagli organismi internazionali”. Il ministro degli Esteri Mustafaj ha dichiarato che “la decisione di costruire ad ogni costo questa strada è uno splendido esempio della sovranità diplomatica conseguita dal governo albanese”. Una sovranità che, oggi come oggi, non tutti nei Balcani possono permettersi. Sembra proprio che l’Albania sia tornata ai tempi del “tutto con le nostre forze!”, il motto favorito di Enver Hoxha.