Nazionalità greca? Allora sarà più facile ottenere un passaporto. Il parlamento greco ha approvato una normativa affinché gli albanesi ''di nazionalità greca'' possano facilmente ottenere la cittadinanza del paese ellenico
Lo scorso novembre il parlamento greco ha reso meno onerose le pratiche per la concessione della cittadinanza ai cittadini albanesi che dichiarano di essere di nazionalità greca.
Questa decisione – con la quale è evidente che la maggioranza parlamentare puntava a riconoscere il diritto alla cittadinanza greca agli appartenenti alla minoranza greca nell’Albania meridionale - ha scatenato polemiche sia in Grecia che in Albania.
In Grecia, il Pasok, formazione di sinistra ora all'opposizione, ha visto in questo passo un mezzo tramite cui il primo ministro conservatore Kostas Karamanlis intende “importare” voti a favore del proprio partito.
In Albania invece le reazioni sono divise tra chi interpreta quanto avvenuto con uno sguardo estremamente pragmatico ed altri invece che considerano la decisione del parlamento greco un tentativo di ingerenza negli affari interni albanesi.
Secondo fonti greche Tirana avrebbe intanto accolto con entusiasmo l'iniziativa e si sarebbe detta disponibile a garantire la doppia cittadinanza ai soggetti interessati.
In Albania è riscontrabile una certa disattenzione con cui è stata finora considerata la questione delle minoranze. Si tratta di un retaggio del comunismo che voleva dell’Albania una nazione omogenizzata e tendeva a minimizzare il più possibile la rilevanza numerica delle minoranze.
Ufficialmente si dichiara che la minoranza greca in Albania costituisca l'1,8% della popolazione complessiva, e si trova principalmente nelle zone montuose tra Saranda e Gjirokastra, terre che fungevano da rifugio a chi fuggiva all’invasione turca, perché poco accessibili.
Di recente è stato intrapreso un nuovo censimento da parte di Arqile Berxolli un professore dell’Accademia Albanese delle Scienze, che ha ribaltato le statistiche ufficiali rilevando che la minoranza greca costituisce il 3% della popolazione complessiva in Albania mentre in totale le minoranze etniche arrivano, sempre secondo quest'ultimo sondaggio, al 10% della popolazione.
Questi dati sono stati fortemente contestati poiché, secondo altri specialisti, i criteri di definizione delle minoranze erano piuttosto discutibili. Per ora non si hanno censimenti delle dette zone e inoltre gli spostamenti urbani e l’emigrazione hanno indubbiamente contribuito a modificare la realtà sul campo. Però sembra aumentare l’attenzione dei governi albanesi in materia di diritti delle minoranze, e non solo per quanto riguarda la minoranza greca, la cui situazione è sempre stata molto più pubblicizzata rispetto ad altre altre.
Sulla stampa albanese alcuni commentatori hanno considerato l'iniziativa di Atene da un punto di vista molto pragmatico: con un passaporto greco si è più liberi in Europa, e visto che secondo i sondaggi per la maggior parte degli albanesi l’Europa significa soprattutto viaggiare liberamente, il passaporto greco non è che un’agevolazione che lo stato albanese non può garantire.
Non è tra l'altro la prima volta che nei Balcani si hanno tentazioni del genere, basti pensare ai macedoni che richiedono la cittadinanza bulgara, o i moldavi con quella rumena. Di qui comunque il rischio, sottolineano varie testate albanesi, che aumenti artificialmente la rilevanza numerica della minoranza greca in Albania.
Dai più comunque la decisione greca è stata considerata quale un atto che non facilita i rapporti tra i due paesi, in primo luogo poiché non viene considerata prioritaria la concessione del diritto di cittadinanza ai cittadini albanesi da anni residenti in Grecia, che non vengono presi in considerazione se non in base al criterio della nazionalità greca. In secondo luogo rimane in sospeso la questione della comunità çam a cui la cittadinanza greca è stata tolta collettivamente dallo stato albanese.
La preponderanza della nazionalità sulla cittadinanza è stata considerata inammissibile nel contesto balcanico da Sabri Godo, leader del Partito repubblicano - formazione di destra - che pone il quesito: “Quali sarebbero le conseguenze se tali disposizioni le applicasse anche l’Albania per tutti gli albanofoni fuori dai confini dello stato albanese?”.
Ardian Vehbiu, giornalista di Bota Shqiptare, ha rilevato in un suo articolo di commento che vi è in Grecia un latente tentativo di controllo sull'Albania: non manca infatti chi chiama l’Albania meridionale “Epiro del Nord, e definisce gli albanesi ortodossi come i greci, che vivono bistrattati dai turchi, e dai cattolici del nord”.
Inoltre molti hanno messo in relazione la nuova normativa sulla concessione della cittadinanza con la nomina dell’ennesimo vescovo greco a capo di una diocesi ortodossa albanese, definendo entrambi gli accadimenti come ingerenze indebite. In campo religioso è cospicua in Albania la presenza greca, incoraggiata inizialmente per mancanza di personale religioso albanese nel post-comunismo. Quest'ultima fa sì che la chiesa ortodossa albanese dipenda sempre più dalla chiesa greca mentre dal 1920 essa è autocefala.
Intanto Lizander Saraçi, giornalista di Tirana, ha messo on-line un sito, www.peticioni.org, in cui si raccolgono le firme per una petizione rivolta al governo e al parlamento albanese per provvedere a creare un sistema di monitoraggio del processo di attuazione della disposizione in questione.
Si chiede di evitare equivoci tra la rinuncia alla cittadinanza albanese e l’accesso alla doppia cittadinanza. Si teme che la questione lasci ampio spazio alle speculazioni poiché – secondo i promotori - in Grecia l’accesso al soggiorno regolare richiede la conversione all’ortodossia, e il cambiamento del nome se si è musulmani. Quest'ultimo è un fatto piuttosto strano agli occhi degli albanesi per lo più estremamente laicizzati, che però proprio per questo motivo non hanno grandi problemi a dichiarare identità religiose diverse dalla propria se cruciale affinché un atto amministrativo vada in porto.
Tra i sostenitori dell’atto del parlamento greco vi è invece Panajot Barka, docente universitario e giornalista di Dropulli, nei pressi di Gjirokastra, noto in passato per essere un portavoce dei diritti della minoranza greca.
Egli considera tale politica come un ottimo strumento per avvicinare i due paesi, e per avvicinare l’Albania all’Europa. Panajot Barka però argomenta il tutto facendo una distinzione culturale tra Grecia e Albania che pochi studiosi considerano valida. All’ombra di Samuel Huntigton e citando vari interventi di Kadare egli scrive: “I Balcani è noto che siano tradizionalmente stati luogo di scontro tra civiltà, tra cui quella greca rappresenta la civiltà bizantina, mentre l’Albania rappresenta la civiltà ottomana”. Questa è per l’Albania l’occasione – secondo il docente universitario - per varcare la soglia verso la direzione giusta, per cui gli albanesi hanno più volte optato come si può evincere dai matrimoni misti tra albanesi musulmani e greci che sono sopravvissuti persino a vari tentativi di imporre un taglio netto tra le due comunità". Egli accusa di anti-grecismo e di nazionalismo arcaico tutti coloro che si sono pronunciati contro l'iniziativa greca.
Unanimemente è stata comunque espressa sfiducia nei confronti della classe politica albanese che non ha saputo costruire un adeguato prestigio a livello internazionale, e che si presenta estremamente vulnerabile nella protezione dei propri cittadini all’estero.
La stragrande maggioranza dei media - anche se in pochi con toni accesi - ha denunciato l’iniziativa greca in quanto atto che rischia di creare un rapporto diseguale tra la Grecia e Albania, enfatizzando la necessità che i due paesi si impegnino reciprocamente per poter migliorare i propri rapporti, e contribuire alla stabilità nei Balcani.