La Romania è tra i paesi che dall'Iraq non se ne sono mai andati e che restano a fianco della Coalizione dei volenterosi. In queste settimane sulle prime pagine dei giornali la vicenda - poco chiara - di due operai detenuti per tre mesi a Baghdad
Il 31 gennaio scorso il quotidiano “Evenimentul Zilei” di Bucarest fa uno scoop e pubblica un’inchiesta secondo la quale due operai romeni sono, da tre mesi, detenuti in Iraq, sotto l'accusa di spionaggio.
Sarebbero un falegname ed un elettricista, fermati il 31 ottobre dell’anno scorso, per aver filmato e fotografato senza permesso una base militare americana. I due - che lavoravano come operai per una ditta americana che imbottiglia acqua minerale per i soldati - sono stati condotti in una prigione di Baghdad mentre videocamera e cassetta sono state confiscate.
La notizia ha fatto presto il giro di tutte le redazioni in Romania e i giornalisti hanno cominciato a scavare, intervistando le autorità mentre alcune televisioni hanno mandato inviati speciali in Iraq. Finalmente, tre mesi dopo l’arresto degli operai, il ministero degli Esteri romeno è stato costretto a rilasciare comunicati e organizzare conferenze stampa. Il portavoce del ministero ha precisato che il 7 novembre dell’anno scorso è stata contattata da un rappresentante della ditta “Al Morrell Developement” che le ha comunicato che alla fine di ottobre i due operai romeni sono stati arrestati da militari americani.
Dell’arresto dei due quindi si sapeva. Ne erano al corrente il ministero degli Esteri, il Presidente della Repubblica, i servizi segreti e le famiglie dei sospettati di spionaggio. Non ne era informato invece il primo ministro, il liberale Calin Popescu Tariceanu, perché il ministro degli Esteri, un altro liberale, Mihai Razvan Ungureanu non aveva ritenuto necessario informarlo. In seguito è stato costretto a presentare le proprie dimissioni.
Ma partiamo da questo “caso di spionaggio” non provato, che resterà un'altro grande mistero, almeno come quello dei tre giornalisti rumeni rapiti e liberati due anni fa in Iraq.
Dopo due giorni di campagna mediatica si è saputo che, quasi miracolosamente, il falegname Adrian Ganceanu (39 anni) di Toplita e l’elettricista Nelu Ilie (41 anni) di Galati erano stati liberati. Dopo tre mesi di detenzione gli americani devono essere arrivati alla conclusione che i due erano innocenti. Ganceanu e Ilie hanno dichiarato che hanno filmato la base militare solo come “ricordo”.
C’e da dire che all’inizio la loro storia ha commosso il paese, ha avuto gli onori delle prime pagine dei giornali, ha aperto edizioni straordinarie di telegiornali. Spie o persone ingenue che facevano riprese in una base militare americana in Iraq? Comunque fosse la stampa chiedeva spiegazioni soprattutto per il black out di informazioni, chiedendosi inoltre perché continuavano ad essere detenuti e, se erano prigionieri di guerra, quanti mesi avrebbero dovuto aspettare per un processo.
Molte domande ... ma il compito delle autorità è stato facilitato dall’annuncio a sorpresa della loro liberazione. La radio pubblica romena attraverso il suo corrispondente in Iraq riesce ad intervistarli. Interviste che vengono riprese da tutta la stampa e che provocano altre domande. Un’analisi approfondita del quotidiano Jurnalul national fa emergere molti dubbi sia sul momento dell’arresto che su quello del rilascio. E soprattutto su quando sia stata realizzata l’intervista. In quest'ultima, realizzata il 5 febbraio, i due romeni, invitati a mandare un messaggio ai loro connazionali che si trovano ancora in Iraq, lo fanno volentieri. In modo più che sospetto. Adrian Ganceanu afferma: “Prima di tutto facciamo gli auguri di un buon Natale”. Ma è da notare che i romeni festeggiano il Natale il 25 dicembre. I giornalisti rimangono inoltre impressionati dal linguaggio dei due operai che rende onore al livello della scuola romena. I due infatti si esprimono con un vocabolario ricco ed usano nell’intervista parole ed espressioni del tipo: ”il ruolo primordiale”, ”reticenza”, ”la sincerità ha prevalso”, ”le cose sono degenerate”, ”devono organizzare un briefing relativo alla legislazione”, “questa nazione l’abbiamo conosciuta ora; è spontanea”, ”abbiamo visto sulle televisioni quello che si veicola”, “trauma psichico”, ”una questione apparentemente minore si può trasformare in una tragedia” ecc.
Inoltre i giornalisti scoprono che Ganceanu - come egli stesso dichiara -. ha avuto un’esperienza all’estero: ”Sono stato 15 anni all’estero e ho avuto contatti con i servizi diplomatici”. Qui si può anche pensare che abbia avuto contatti esclusivamente in quanto cittadino romeno all’estero. Ma restano molti altri punti di domanda. I due raccontano, nell’unica intervista rilasciata al corrispondente della radio pubblica romena, di essere stati trattati bene in prigione e di non essere stati trattati diversamente agli altri detenuti. Aggiungono però anche di aver ricevuto la visita dell’ambasciatore romeno e del console a Baghdad il 26 novembre e di aver chiesto: ”Signor console, vi preghiamo di fare tutto il possibile per tirarci fuori di qui; non sappiamo quanto ancora possiamo resistere. Siamo tra 400 arabi fanatici”.
Alla domanda su come siano riusciti a convincere gli americani della loro innocenza, rispondono: ”Con la sincerità. E anche grazie ai rapporti eccellenti tra lo stato romeno e quello americano”. ”Sono convinto - dice Ganceanu - che un ruolo di primo piano lo abbiano avuto l’ambasciata romena a Baghdad, il MAE, il presidente della Romania, quindi le autorità che hanno il compito di occuparsi dei cittadini romeni all’estero”.
Chi invece avrebbe voluto essere informato (e non lo è stato) dei due romeni prigionieri a Baghdad è il primo ministro Calin Popescu Tariceanu. Il capo del governo ma anche leader del partito liberale, sempre ai ferri corti con il principale alleato – il partito democratico - formazione politica da dove proviene il presidente della Repubblica Traian Basescu. Il ministro degli Esteri Mihai Razvan Ungureanu – anch'egli liberale ma vicino a Basescu - per tre mesi non ha detto nulla al premier e ha tenuto informato solo il presidente.
Conflitti che in Romania creano confusione e tensione assicurando spettacolo su tutti i canali televisivi. Il 5 febbraio, appena tornato dalle ferie, il ministro degli Esteri Mihai Razvan Ungureanu ha rassegnato le dimissioni richieste dal premier Tariceanu. Il motivo ufficiale è la mancata informazione sul caso dei due operai, la ragione avrebbe anche a che fare con la vicinanza del ministro al Presidente della Repubblica.
Quanto a Ungureanu, ha spiegato di non aver ritenuto necessario informare il premier perché sarebbe stato di competenza dei servizi consolari. Invece il presidente è stato informato in qualità di capo del Consiglio supremo per la difesa dello stato che coordina anche i servizi segreti.
C’è un ulteriore particolare non trascurabile. L’estate scorsa il Partito liberale del primo ministro Tariceanu aveva proposto il ritiro delle truppe romene dall’Iraq, idea respinta non solo dal presidente Basescu ma anche dall’allora ministro degli Esteri Ungureanu (nel governo di centrodestra che da un pò di tempo è un governo di minoranza dopo il ritiro dei conservatori). Comunque alla fine la storia ha avuto un lieto fine. I due operai romeni sono tornati in patria. L’unico a perdere qualcosa è stato il ministro degli Esteri compensato in qualche misura dal premier che gli ha affidato la guida dell’Istituto di studi liberali.
Se la politica si infiamma, le missioni di pace all’estero invece non corrono rischi di finanziamento. Il ministero della Difesa di Bucarest ha annunciato che quest’anno 3200 di militari romeni potrebbero partecipare simultaneamente in missioni internazionali. Attualmente la Romania ha in Iraq, Afghanistan e nei Balcani Occidentali 1700 militari. La differenza fino a 3200 che può offrire l’esercito è rappresentata da unità e sottounità con effettivi completi di azione per quali c’è gia l’approvazione del Consiglio Supremo per la difesa dello stato e del Parlamento.