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La Romania, paese rurale in transizione
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Data pubblicazione: 16.02.2007 08:49

L'ingresso nell'Unione della Romania contribuisce a ridisegnare la carta agricola dell'Europa a 27. Un'analisi dell'evoluzione e delle attuali caratteristiche del paese europeo a maggiore vocazione agricola. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di: Teresa Camerino*

L’ultimo allargamento dell’Unione Europea alla Romania e alla Bulgaria, avvenuto il 1° gennaio 2007, ha ulteriormente modificato e ridisegnato la carta agricola dell’Europa, data la forte caratterizzazione agricola dell’economia e della società di tali paesi ed in particolare della Romania.

Paese europeo tagliato fuori dall’evoluzione sociale, economica e politica del continente a causa dell’instaurazione, nel dopo guerra, di una dittatura, la Romania ha una storia agricola contemporanea che la avvicina molto agli altri paesi appartenenti all’Europa Centrale e Orientale. Nonostante ciò, la configurazione e la natura del settore agricolo romeno attuale conservano dei connotati del tutto singolari e che definiscono meglio l’evoluzione storica del Paese ora all’interno di una nuova compagine politica.

Confrontata con l’agricoltura dell’UE a 15 (prima del 2004) e dei 10 Paesi dell'Europa Centrale e Orientale (PECO), quella romena ha assunto un ruolo di maggior rilievo ed ampiezza nell’ambito dell’economia nazionale per la sua contribuzione al PIL, all’occupazione e in riferimento alla superficie agricola utilizzata (SAU). Come riportato in tabella, nel 2002 l’agricoltura ha rappresentato il 13,4% del PIL della Romania, impiegato il 36,4% del totale della popolazione attiva - il 69% della forza lavoro rurale - occupando il 62,1% dell’intero territorio. Contestualmente, l’UE-15 fino a poco tempo fa presentava dei valori di diversa portata e significato: il PIL agricolo dell’UE-15 è notevolmente ridotto all’1,6% del PIL totale, la sua superficie agricola utilizzata è di 40,6% dell’intero territorio, soltanto il 4,3% della sua popolazione lavora in agricoltura [European Commission. 2002. Directorate General for Economic and Financial Affairs. The European Commission Forecast for the Candidate Countries, ndr]. Il peso agricolo della Romania è quindi rilevante: tale constatazione porta alcuni studiosi a pensare che la sua integrazione all’interno dei meccanismi cardini nella Politica Agricola Comune creerà una nuova configurazione dell’agricoltura dell’Unione Europea dei 27 Stati.

Tabella. Alcuni indicatori dell’agricoltura dell’UE-15 e dei 10 Stati PECO, nel 2002


Fonti: Commissione Europea (Eurostat, Direzione Generale dell’Agricoltura), FAO e UNSO.
UAA: Superficie Agricola Utilizzata.
GVA: Prodotto Agricolo Lordo.
GDP: Prodotto Interno Lordo, PIL.

L’evoluzione dell’agricoltura romena

L’agricoltura romena ha vissuto una sua particolare evoluzione nel tempo: le strutture fondiarie, prima del 1945, erano marcate dalla forte presenza delle terre della nobiltà e del clero che rappresentavano la “grande” agricoltura, nazionalizzata e successivamente collettivizzata nel 1945. Durante il periodo della dittatura (1945-89), la collettivizzazione aveva raggruppato la maggior parte delle terre contadine nelle grandi «cooperative agricole di produzione»: il settore cooperativo così si affermava sempre più e cominciava a rappresentare una parte considerevole della classe agricola. Il processo di collettivizzazione agricola mirava al consolidamento delle proprietà terriere statali e a ridurre così la resistenza dei contadini verso la collettivizzazione stessa. Nel 1989, il cambiamento repentino del regime è accompagnato dalla necessità di ristrutturare il settore agricolo e la proprietà privata, mediante la ridistribuzione della terra ai proprietari preesistenti alla fase di collettivizzazione agraria.

In particolare, la riforma fondiaria 18/1991 portava in sé l’intero significato di questa nuova azione politica, disciplinando le modalità della retrocessione delle terre: le principali disposizioni seguivano il principio secondo cui la restituzione doveva essere effettuata rispettando il limite di 10 ettari (ha) di terra per ogni famiglia, ripristinando così la struttura fondiaria precedente al 1945. Inoltre, solo per alcune categorie di associazioni di agricoltori che raggruppavano le terre delle ex-cooperative e delle aziende agricole statali, era applicato un limite di distribuzione più elevato che superava i 100ha.

Un’agricoltura duale

La filosofia di tale riforma fondiaria è stata guidata da due idee fondamentali. In primo luogo, la restituzione è stata percepita come l’azione più legittima per compensare la popolazione rurale dei problemi e delle difficoltà vissute durante il periodo di collettivizzazione agraria e di pianificazione centralizzata della produzione. In secondo luogo, la terra è stata ridistribuita favorendo sul piano tecnico e finanziario le forme associative dell’organizzazione di produzione, rispetto alla gestione individuale e familiare, nonostante la loro minore presenza sul territorio.

Tale riforma e le altre che sono succedute hanno contribuito a creare una nuova conformazione dell’agricoltura romena, rendendola essenzialmente duale: da una parte, le piccole aziende agricole di sussistenza a conduzione familiare (3,4 milioni, con superficie media di 1,17ha) e le aziende agricole familiari di semi-sussistenza (10.000, con superficie media di 3,3ha) [Le aziende agricole di sussistenza sono quelle fattorie (“gospodaria” in romeno) che, gestite da una famiglia, finalizzano la loro attività ad una auto-produzione e ad un auto-consumo. Le aziende agricole di semi-sussistenza riportano le stesse caratteristiche delle prime ma si differenziano da quelle per la loro capacità di vendere il surplus produttivo al mercato (locale), ndr], e dall’altra, le grandi aziende agricole che prendono il posto del settore statale, le società agricole commerciali (22.670, con una dimensione media di 451ha) e le associazioni familiari senza statuto legale (92.648 di 103ha in media).

Dominato da un’agricoltura in gran parte estensiva, basata innanzitutto sulla cerealicoltura (grano, mais, soia) e sull’allevamento bovino e suino, circa l’89% del territorio romeno (212.700 Km2) é rurale [National Agriculture and Rural Development Plan 2000-2006, ROMANIA, NATIONAL PLAN FOR AGRICULTURE AND RURAL DEVELOPMENT Over the 2000-2006 period - UNDER THE EU SPECIAL ACCESSION PROGRAM FOR AGRICULTURE AND RURAL DEVELOPMENT (SAPARD), November 22nd, 2000, 578 p., ndr]. In Romania il 47,3% dell’intera popolazione (21,7 milioni di abitanti) vive nelle zone rurali; così una parte consistente della popolazione risulta essere tuttora l’unica protagonista dello spazio rurale e la diretta tutrice di un modus vivendi che ha salvaguardato un’identità culturale e colturale.

Le zone rurali sono caratterizzate da una forte dipendenza dalle loro aziende agricole a conduzione familiare. Spesso la popolazione rurale vive in condizioni di vita difficili: i livelli del capitale umano, in termini di educazione e di qualificazione professionale, sono drammaticamente bassi; l’accesso al credito e all’informazione è limitato così come la capacità organizzativa e associativa. I servizi sociali e sanitari sono spesso inadeguati e la maggioranza delle infrastrutture, i trasporti, le telecomunicazioni, la gestione delle acque, ha bisogno di un’amministrazione che limiti l’impatto negativo sull’ambiente umano e naturale [World Bank. 2001. World Development Indicators. Washington D.C.: World Bank, ndr].

In una configurazione istituzionale e politica in fieri, nella quale l’agricoltura e il suo spazio rurale rappresentano dimensioni rilevanti e indistinte tra loro e una priorità forte sul piano economico, il processo d’integrazione della politica agricola e di sviluppo rurale romena nella PAC pone diversi interrogativi in relazione all’elaborazione di una politica che tenga conto delle peculiarità e delle vocazioni del settore agricolo e rurale romeno.

*Teresa Camerino è diplomata al CIHEAM, IAM di Montpellier, in "Società rurali" e presso lo stesso Istituto sta terminando il Master internazionale con tesi sulla politica agricola romena