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La Bosnia e l’UE

24.01.2007    Da Roma, scrive Luka Zanoni

L'Alto Rappresentante Schwarz Schilling chiede un prolungamento della missione OHR in Bosnia, prima del passaggio di consegne all'UE. Ma quale lo stato del percorso del paese verso Bruxelles? Nostra intervista con Osman Topčagić, direttore dell’Istituto per l’integrazione europea
L'Ufficio dell'Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina (OHR) dovrebbe prolungare la propria presenza nel paese oltre la data prevista per il passaggio di consegne al Rappresentante Speciale dell'Unione Europea (EUSR). Lo ha dichiarato ieri a Sarajevo, incontrando i giornalisti, Christian Schwarz-Schilling, attuale Alto Rappresentante. Secondo Schwarz-Schilling, che non ha chiesto una prosecuzione del proprio personale incarico, la comunità internazionale dovrebbe mantenere la propria presenza e i propri poteri anche dopo il 30 giugno prossimo, per aiutare la situazione politica locale a fronte delle possibili evoluzioni dello scenario regionale. La preoccupazione è verosimilmente diretta a quanto potrebbe avvenire in conseguenza della definizione dello status del Kosovo. Quella che segue è l'analisi espressa solo pochi giorni prima di queste dichiarazioni da Osman Topčagić, direttore dell’Istituto per l’integrazione europea della BiH, incontrato durante il Convegno tenutosi presso il ministero degli Esteri italiano il 16 gennaio scorso

Osman Topcagic
L’Unione europea sostiene che la Bosnia Erzegovina (BiH), come si presenta oggi, non è uno stato funzionale. Esistono oggi nel paese iniziative nel settore delle riforme costituzionali?

Durante lo scorso anno ci sono stati dei colloqui ed è stato proposto un pacchetto sulla riforma costituzionale, che però non è passato in parlamento. Adesso è di nuovo al vaglio del nuovo governo, che ha affermato di voler lavorare alla riforma costituzionale della Bosnia Erzegovina, che deve essere funzionale, moderna e secondo gli standard europei. Quindi si riconosce che in BiH la costituzione possa essere un limite sulla strada verso l’integrazione europea. Mi aspetto che l’Unione europea, così è stato annunciato, sarà coinvolta maggiormente nel processo di preparazione della nuova Costituzione. L’idea, per quello che vedo, è che l’intero lavoro si focalizzi di più sul parlamento, e che si rinforzi la Commissione costituzionale del parlamento con un adeguato sostegno della Commissione europea.

Nel mese di novembre durante un seminario a Sarajevo lei ha detto che la Bosnia Erzegovina ha raggiunto importanti risultati nell’ambito dell’armonizzazione della sua legislazione con quella prevista dall’UE, cosa che ha ribadito nel suo intervento qui a Roma. Può essere più preciso al riguardo?

Penso che l’avanzamento maggiore lo abbiamo svolto nel rafforzamento istituzionale. Abbiamo introdotto una serie di istituzioni che sono necessarie sia per il processo d’integrazione europea, che per qualsiasi paese che voglia avere delle relazioni economiche con altri stati. Senza un ufficio di qualificazione veterinaria non avremmo potuto esportare carne, prodotti a base di carne, e così via, sul mercato dell’Unione europea. E questo mercato è aperto. Adesso con i nostri uffici veterinari, e altre attività, siamo già riusciti ad ottenere il permesso per esportare pesce. Questo è il primo passo, ed è molto significativo per noi. Andremo avanti su questa strada. In modo simile abbiamo creato un ufficio fitosanitario che dovrà fare una cosa analoga coi prodotti agricoli. Abbiamo un’agenzia per la sicurezza alimentare, che è molto importante. Subito ci siamo affrettati per adeguare la nostra legislazione all’Acquis comunitario, per far sì che sia compatibile con le norme europee. Lavoriamo agli aspetti tecnici, alle regole, abbiamo fondato un consiglio per la concorrenza. Dalla recente fusione di una banca italiana abbiamo esaminato come ciò possa influire sul nostro paese, per vedere se si creerà un ruolo dominante, insomma lavoriamo a ciò che serve per creare un’economia liberale.

Cosa manca ancora alla Bosnia Erzegovina?

Non siamo riusciti a stilare una lista completa di tutte le istituzioni che ci mancano, ma c’è un accertamento che ha svolto la Commissione europea che si riferisce a circa 100 istituzioni che lo Stato deve avere per poter accogliere interamente l’Acquis. In questo momento abbiamo 60 istituzioni, che vengono finanziate col budget statale. Tre anni fa ne avevamo solo 30, e ciò significa che un passo avanti è stato fatto. Ma forse non servono nemmeno così tante istituzioni per far sì che si accolga l’Acquis qui da noi. Queste attività si sviluppano su diversi fronti in BiH, sia quello istituzionale che quello legislativo, che è molto importante, quello educativo, quello della riforma amministrativa, e tutta una serie di altre attività. Credo che stiamo percorrendo una strada decisa verso la futura integrazione nell’Unione europea.

A giugno dovrebbe chiudere l’Ufficio dell’Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina (OHR), cosa succederà dopo?

Questa questione verrà decisa al prossimo incontro del Consiglio per l’implementazione dell’Accordo di Dayton, il 26 e 27 febbraio prossimi a Bruxelles. Ed è stato chiaramente detto che nella decisione si terrà conto dello sviluppo della situazione della Bosnia Erzegovina, come procede il processo di riforme e quale è la situazione nella regione e le possibili implicazioni per la Bosnia Erzegovina. Vedremo cosa si deciderà, adesso è presto per avanzare giudizi.

Non sarebbe forse meglio per la BiH firmare prima l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione e poi chiudere l’Ufficio dell’Alto Rappresentante?

Io penso che la firma dell’Accordo di associazione e stabilizzazione sia la miglior conferma del processo di avanzamento della Bosnia Erzegovina. E credo che si debba considerare se la Bosnia Erzegovina è in grado di firmare l’Accordo prima di prendere la decisione sulla chiusura dell’OHR. Se riusciamo a raggiungere la riforma della polizia entro la fine di febbraio, inizio marzo, allora già a marzo potremmo parafare l’Accordo di stabilizzazione e associazione e firmarlo in seguito, verso maggio, giugno. E questo è un aspetto. Il secondo aspetto ovviamente riguarda la situazione regionale e soprattutto la soluzione dello status del Kosovo e le possibili implicazioni per la Bosnia Erzegovina. Io ho l’impressione che in Bosnia Erzegovina si debba aspettare a chiudere l’Ufficio dell’Alto Rappresentante finché la situazione della regione in generale non si sia stabilizzata.

Quanto pensa possa influire la situazione del Kosovo sulla Bosnia Erzegovina?

Siamo nella stessa regione e sicuramente c’è una certa influenza. Sicuramente la gente della Bosnia Erzegovina seguirà con attenzione quello che succederà, ma la seguiranno anche gli investitori stranieri che non sono solo interessati alla Bosnia Erzegovina ma all’intera regione. Si tratta di uno spazio relativamente piccolo ed è collegato da tutti i lati. Quando penso alle possibili implicazioni della situazione in Kosovo ricordo che nel 1999, quando la NATO bombardò sia la Serbia che il Kosovo, fu molto sentito da noi in Bosnia Erzegovina. Ma non ci fu nessun’altra situazione di crisi. Nel 2004 quando ci furono i disordini in Kosovo, ci furono forti reazioni in Serbia, anche in Bosnia Erzegovina la cosa fu molto sentita, ma non accadde nulla. Spero che anche adesso non accada nulla di negativo. Ovviamente è una questione delicata, ma credo che tutti siano consapevoli della necessità di mantenere la stabilità della Bosnia Erzegovina.

Non pensa quindi che ci possa essere il cosiddetto “effetto domino”?

Non può esserci un effetto domino. Lo si invoca riferendosi all’esperienza del recente passato… ma io non credo che ci sarà. Credo che la gente oggi sia più interessata alla sicurezza personale, alla prosperità, ecc. Certo, c’è un forte sentimento riguardo a tutto ciò, ma non credo che accadrà qualcosa di negativo.

Quanto è lontana la Bosnia Erzegovina da altri paesi della regione come la Macedonia, che ha lo status di paese candidato per l’UE, o la Bulgaria e la Romania che sono appena entrate nell’Unione?

Dipende molto dalla velocità delle riforme e anche dalla situazione in Unione europea. Solitamente si dice che con la firma di questo accordo [SAA, ndr] si è a un terzo del cammino verso la membership nell’Unione europea. Il passo successivo sarà lo status di candidato. Il nuovo premier della Bosnia Erzegovina, Nikola Spiric, ha espresso l’aspettativa che durante il suo mandato la Bosnia Erzegovina ottenga lo status di candidato. Questo è ambizioso, ma direi che è reale. Perché penso che si possa raggiungere questo obiettivo e poi procedere coi negoziati per diventare membri a pieno diritto. Ma questo fra qualche anno ovviamente.

Quindi lei pensa che questo sia il governo che porterà la Bosnia Erzegovina più vicino all’UE?

Esiste un programma di 15 punti, che è frutto di un accordo tra i partiti politici che fanno parte del nuovo esecutivo della Bosnia Erzegovina, su cui c’è scritto che desideriamo raggiungere lo status di candidato entro la fine del mandato, cioè entro il 2010. Ripeto, dipende da noi ma anche dall’Unione europea, da quanto sarà pronta a proseguire l’allargamento. Ma io credo che debbano lasciare aperta la porta dell’Unione europea, perché non sarà davvero completa senza gli stati dei Balcani occidentali. Oggi siamo circondati da paesi membri dell’Unione europea e penso che sia interesse di tutti che anche noi si diventi membri, ovviamente nel rispetto delle condizioni.
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