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La collaborazione delle procure balcaniche

05.03.2007   

Lavorare insieme per consegnare alla giustizia gli accusati di crimini di guerra è stato il tema della recente conferenza di Belgrado sulla collaborazione regionale delle procure di Bosnia, Croazia e Serbia. Nostra traduzione
Di Aleksandar Roknic, IWPR, 19 febbraio 2007 (tit. orig. Balkanski tužioci razmatraju saradnju)

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak


La collaborazione regionale per la cattura delle persone responsabili per i crimini commessi durante i cruenti scontri avvenuti negli anni novanta, sono stati uno dei temi principali dell’incontro dei procuratori per i crimini di guerra della Bosnia, Croazia e Serbia, tenutasi recentemente a Belgrado.

La conferenza del titolo “La giustizia nella regione”, che si è tenuta all’inizio di febbraio, è servita ai procuratori come un’occasione per valutare gli sforzi che si sono fatti fino ad ora sul piano della collaborazione e anche per trovare il modo di svilupparla ulteriormente.

Quando nel 2010 il Tribunale dell’Aja chiuderà, i procuratori dei paesi della ex Jugoslavia si accolleranno del tutto il peso di consegnare alla giustizia i sospettati per i crimini di guerra. E a giudicare dal numero dei casi dei quali dovranno occuparsi, il loro lavoro durerà per anni, se non per decenni.

I procuratori statali della Serbia, Croazia e della Bosnia hanno firmato nel 2005 un accordo sullo sviluppo della collaborazione reciproca. Secondo le disposizioni dell’accordo, Zagabria, Belgrado e Sarajevo sono in dovere di scambiarsi i dati informativi che potrebbero servire alle indagini sui crimini di guerra.

Questa collaborazione regionale è stata valutata come un grande passo avanti nel processare i crimini di guerra nei Balcani. Fino a poco tempo fa questo era quasi impensabile, e invece oggi i procuratori statali della regione scambiano le informazioni e i documenti, con la possibilità che i procuratori di un Paese possano andare nell’altro Paese per indagare sui crimini di guerra, e persino per assistere all’udienza dei testimoni.

Tuttavia, questo processo non fila sempre liscio.

Uno dei principali ostacoli, nella per altro riuscita collaborazione fra i paesi, rappresenta la questione su dove saranno processati i colpevoli. Bosnia e Croazia affermano in modo determinato che i sospettati devono essere processati nei paesi dove determinati crimini sono stati commessi, mentre la Serbia crede che i processi debbano tenersi nel Paese dove i sospettati sono stati arrestati.

Per peggiorare le cose, tutti i tre procuratori sottolineano che la costituzione non gli permette la consegna dei propri cittadini ai tribunali degli altri paesi, tranne nel caso dei tribunali internazionali come il Tribunale dell’Aja.

L’efficacia della magistratura locale diventa ancora più importante alla luce della strategia d’uscita del Tribunale dell’Aja. Si aspetta che il tribunale finisca il lavoro nel 2010, lasciando ai tribunali in Serbia, Bosnia e in Croazia lo spaventoso compito di processare diverse migliaia di casi di crimini di guerra. Soltanto in Bosnia fino ad ora sono stati denunciati al governo locale circa 13.000 individui. Invece, nessuno sa quanti di loro saranno accusati, né quanto tempo sarà necessario per portare a termine tutti i casi.

Durante conferenza di Belgrado, il procuratore statale della Bosnia, Marinko Jurcevic, ha detto che in Bosnia, in vari modi, tutti sono stati colpiti dalla guerra.

“Non esiste una persona in questo Paese che non abbia perso qualcuno della famiglia o la proprietà”, ha precisato.

“La punizione dei responsabili per i crimini di guerra è decisiva per il futuro delle persone in Bosnia e nella regione”, ha detto Jurcevic, aggiungendo che il processo dei sospettati è l’unico modo per togliere il peso della colpa collettiva dai paesi che hanno preso parte al conflitto.

Il procuratore per i crimini di guerra della Serbia, Vladimir Vukcevic, è d’accordo sul fatto che la fiducia, le relazioni amichevoli e la professionalità rappresentano “la chiave della porta della giustizia e lo sviluppo della collaborazione regionale nel processare i sospettati per i crimini di guerra”.

“Ci siamo reciprocamente dati la mano e abbiamo iniziato insieme a risolvere i problemi, almeno quelli più sensibili”, ha detto Vukcevic, aggiungendo che questo è il modo migliore per portare rispetto a tutte le vittime colpite durante le guerre nella ex Jugoslavia.

Parlando durante la conferenza, il vice procuratore statale della Croazia, Josip Cule, ha detto che la collaborazione regionale funziona e che l’ufficio del procuratore statale croato ha inviato alla Serbia cinque casi.

Il portavoce della procura del Tribunale, Olga Kavran, ha detto che i procuratori dell’Aja sostengono fortemente questa collaborazione regionale.

“Siamo consapevoli che i tribunali locali nella ex Jugoslavia devono assumersi il difficile compito della persecuzione penale di centinaia e forse anche di migliaia di sospettati di crimini di guerra che non saranno processati davanti al Tribunale dell’Aja”, dice Kavran.

Secondo la sua spiegazione, il Tribunale fino ad oggi ha accusato 100 persone, e ci si aspetta che questo numero entro la fine del mandato del tribunale arriverà a 130. Kavran aggiunge che alcune decine di casi momentaneamente si trovano nella fase istruttoria, dopo di che saranno inoltrati ai procuratori locali.

Ma uno dei loro problemi più grossi è che le prove che ha raccolto la procura di un paese non sono valide di fronte ai tribunali dei paesi vicini. Le uniche prove dei crimini di guerra che sono accettate universalmente davanti ai tribunali della ex Jugoslavia sono quelle raccolte dal Tribunale dell’Aja.

Invece, il portavoce dell’ufficio del procuratore della Serbia per i crimini di guerra, Bruno Vekaric, indica il fatto che il problema menzionato in alcuni casi è stato risolto creando dei team d’indagine a livello regionale da parte dei procuratori.

“La nostra idea è di formare delle squadre di ricerca comuni composte dai procuratori di tutta la regione”, ha detto Vekaric.

Il portavoce del procuratore statale della Bosnia, Boris Grubesic, sottolinea che aiuta anche la comunicazione diretta fra i procuratori.

“La collaborazione fra gli uffici dei procuratori adesso è resa più facile, perché noi comunichiamo direttamente, e non attraverso i ministeri, come si faceva prima”, ha detto Grubesic.

“I procuratori adesso possono chiamarsi e chiedere i documenti che gli servono urgentemente. Fino ad oggi dai procuratori della regione ci sono arrivate oltre 100 richieste per i documenti, per le udienze dei testimoni o per lo scambio delle prove”.

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