La nuova KESH: “terapia Bojaxhi” e fede in Dio
Come il governo, anche la Corporazione Elettro-energetica Albanese (KESH) entra nella “fase 2”. La crisi energetica dei mesi scorsi e il terremoto elettorale hanno spinto Berisha a licenziare Andi Beli, che dirigeva l’ente da un anno e mezzo. A inizio marzo, il premier ha affidato la KESH al viceministro dell’Economia e dell’Energia, Gjergji Bojaxhi, precisando che “il nuovo direttore è stato assunto per garantire 24 ore di elettricità al giorno, privatizzare la diffusione energetica e gestire al meglio l’azienda”. Berisha e Bojaxhi hanno però caratteri diversi: euforico e ottimista il primo, assai misurato il secondo, sempre prudente nelle dichiarazioni pubbliche. Riguardo alle “24 ore di luce”, il nuovo direttore ha subito evidenziato che l’elettricità albanese dipende ancora dalle precipitazioni – “e la pioggia non è nelle mie mani, ma in quelle di Dio. Io non sono Dio”.
Bojaxhi accusa la KESH di aver sopravvalutato le riserve idriche, “responsabilità che ricade su tutto lo staff dirigenziale”. E così, spiegando che l’ente necessita di una “radicale riorganizzazione”, il nuovo direttore è partito in quarta coi licenziamenti – ma nulla in confronto alle epurazioni seguite al cambio di governo del 2005, che costarono il posto a circa 1500 dipendenti della Corporazione.
Pur sottolineando che il settore energetico ha bisogno di grandi investimenti nella rete della diffusione e nella produzione, nell’immediato la strategia di Bojaxhi consiste nel garantire ad ogni costo l’importazione. E mentre la Banca d’Albania rimarca che, nel 2006, l’import energetico è costato cinque volte in più rispetto all’anno prima, la Banca Mondiale prevede che il prezzo dell’energia aumenterà del 16% entro fine anno. Confermando che “il costo continuerà a salire per realizzare la performance finanziaria della KESH”, Bojaxhi ha intanto dichiarato guerra “ai furti d’elettricità e agli allacciamenti abusivi”, lanciando controlli a tappeto in tutta Tirana. Tra i 400 doppi allacciamenti tagliati spiccano quelli del neo ministro della Cultura, Ylli Pango, e del segretario socialista Pandeli Majko, che in una reazione davvero bipartisan si sono dichiarati vittime di un equivoco.
Grandi e piccole centrali idroelettriche
Pioggia o meno, le risorse idriche albanesi rimangono pur sempre la massima attrattiva energetica del paese. Diverse ditte straniere sembrano ambire alla costruzione di grandi centrali idroelettriche e fonti locali parlano di un gruppo tedesco interessato a prendere in concessione il bacino della Vjosa.
Altro fulcro d’interesse è il Drin, dove si prospettano la realizzazione della centrale di Skavica e di quella di Bushat. Gli esperti – e Bojaxhi – puntano su quest’ultima, che costerebbe solo 100 milioni di dollari, mentre il complesso progetto di Skavica ne richiederebbe mezzo miliardo. E’ intanto terminata la riabilitazione della centrale di Fierza, anch’essa sul Drin, che garantirà una maggiore efficienza dell’impianto. Tra i finanziatori esteri del lavoro figurava anche la Cooperazione Italiana.
Ma nell’ultimo mese Berisha è apparso euforico per un’altra iniziativa, la concessione delle piccole idrocentrali (HEC) disseminate per il paese. Secondo il ministero dell’Economia e dell’Energia, in Albania esistono 83 impianti, concentrati soprattutto nel Sud. Il primo ministro ha trionfalmente annunciato la costruzione di altre 17 mini HEC, allettando gli investitori al grido di “non c’è business più redditizio che costruire idrocentrali in Albania!”.
Tutte le centrali saranno date in concessione secondo i parametri della nuova legge, basata sulla formula costruzione-sfruttamento-trasferimento allo Stato albanese nell’arco di 35 anni. Tra i beneficiari della concessione risulta l’italiana Essegei, cui il governo ha affidato la riabilitazione di 25 HEC. Finora sarebbero una cinquantina le centrali date in concessione dal governo e Berisha ha garantito che l’energia da esse prodotta avrà un mercato sicuro, perché “la KESH la acquisterà al prezzo d’importazione dell’anno precedente”. Tuttavia, i critici del progetto fanno notare che nel 1985, quando le minicentrali erano al culmine dell’operatività, non coprivano più del 3% della produzione energetica e non le giudicano pertanto la “salvezza del paese” prospettata dal premier.
Albania a tutto gas: il parco energetico di Fier
Dopo un anno e mezzo di braccio di ferro tra investitori stranieri e governo albanese, Berisha ha ufficializzato che il rigassificatore destinato a servire l’Italia, inizialmente previsto nella baia di Valona, sorgerà invece nei pressi di Fier. “Ringrazio le aziende estere della comprensione, perché all’inizio avevano scelto Valona, ma il dialogo col governo le ha convinte a trasferire il progetto a Fier”, ha trionfalmente dichiarato il premier a inizio marzo.
L’area sacrificata dista 650 metri dall’Adriatico ed è inclusa fra le foci della Vjosa e del Seman. Qui, su una superficie di 210 ettari, sorgeranno un rigassificatore della capacità annua di 10 miliardi di m3, una centrale termica della potenza di 1200 MW, una stazione di diffusione per l’alta tensione, un gasdotto diretto in Italia e un pontile dove attraccheranno le navi cariche del gas proveniente da Egitto, Algeria e Libia. Il complesso sarà realizzato entro il 2009 dal consorzio svizzero ASG Power in collaborazione con l’italoamericana SAIPEM-Black&Veatch.
Sulla carta, questo progetto da 1,9 miliardi di euro dovrebbe risolvere tutti i problemi energetici dell’Albania, perché lo Stato acquisterà gas ed energia a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, coprendo il fabbisogno interno. Il resto della produzione – 8 miliardi di m3 di gas – è destinata ai mercati europei, mentre una linea ad alta tensione immetterà l’Albania nel circuito internazionale.
Scarso entusiasmo a Fier, il cui Consiglio regionale si opponeva al parco perché il litorale risultava “protetto”. Ma il governo ha modificato lo status dell’area, facendo cadere la difesa delle autorità locali. La Regione lamenta che il rigassificatore “mette una croce definitiva sullo sviluppo turistico della zona”, ma ASG Power ribatte che “il parco migliorerà l’ambiente, poiché le industrie del circondario useranno il gas anziché altre fonti inquinanti”. Inoltre, la fase di allestimento darà impiego a 3500 lavoratori (pagati in media 300 euro al mese), mentre ben 350 fortunati saranno assunti in pianta stabile quando il parco diverrà operativo.
Progetti in caldo: le centrali termiche (TEC)
Il governo garantisce che il gas prodotto a Fier alimenterà le centrali termiche albanesi, altro progetto caldeggiato da Berisha, che ha annunciato “la costruzione di molte TEC”. La centrale più discussa è quella prevista nella baia di Valona: scampato il pericolo del parco energetico, il porto ionico dovrà rassegnarsi ad ospitare una TEC e il terminal della Petrolifera Italo-Rumena. La centrale sarà realizzata dal consorzio italiano Ansaldo-Maire (Tecmont) e garantirà una capacità di 90 MW, coprendo il 15% del fabbisogno energetico albanese. Berisha aveva chiesto la dislocazione dell’impianto, opzione respinta della Banca Mondiale che finanzia il progetto: governo e società civile denunciavano che la TEC devasterà l’ecosistema della laguna di Narta, dove sorge il delizioso monastero medievale di Zvernec. Ma, energia albanese a parte, la termocentrale è destinata ad alimentare l’oleodotto americano AMBO, che collegherà Burgas a Valona. La posizione strategica del porto albanese e la possibilità di raffreddare a basso costo la TEC grazie all’acqua marina spiegano l’ostinazione della Banca Mondiale, ma gli abitanti di Valona non sono meno duri e l’Alleanza per la Protezione della Baia, guidata dal noto intellettuale Fatos Lubonja, ha indetto pochi giorni fa l’ennesima protesta contro la TEC, AMBO e la Petrolifera.
Tira una brutta aria anche a Fier, dove aprile si è aperto con l’annuncio del licenziamento di 150 dipendenti della TEC già esistente, operazione prevista dalla concessione dell’impianto. Il direttore della centrale ha affermato che “i tagli sono inevitabili per spianare la strada agli investitori stranieri”, mentre il ministro dell’Economia e dell’Energia, Genc Ruli, sostiene che, una volta riabilitato, l’impianto raggiungerà la potenza di 180-200 MW, pari al 30% del fabbisogno albanese.
Infine, il governo pianifica di costruire un’altra TEC a Porto Romano, alla periferia di Durazzo. Pare che l’impianto, della capacità prevista di 130 MW, sarà interamente finanziato con fondi albanesi, diventando una proprietà dello Stato.
E in alternativa…
In questo turbinio di progetti, sembrano languire quelli concernenti l’energia rinnovabile. L’attore più impegnato in questo settore è la ONG albanese Co-Plan, che sta implementando il progetto “Energia Sostenibile per l’Albania”, finanziato dall’olandese Cordaid. Il progetto valuterà se le fonti d’energia rinnovabile possano sostenere una produzione energetica decentrata, consentendo alle regioni di diventare autonome; e nel frattempo esamina il ruolo a lungo termine dell’energia rinnovabile per il fabbisogno albanese. A tal fine, Co-Plan sta sensibilizzando l’opinione pubblica su un tema che giudica cruciale per lo sviluppo economico e ambientale dell’Albania.
Sul fronte italiano, Berisha ha incontrato pochi giorni fa i rappresentanti della Moncada, azienda siciliana operativa nel settore eolico, che gli ha sottoposto il progetto di un parco energetico con pale eoliche della potenza di 400 MW. E in attesa di vedere che aria tira, l’Albania guarda il cielo e spera nella pioggia, auspicando che i tanti progetti che campeggiano sui media portino qualche risultato concreto – e non solo all’estero.