8 aprile - Domani si parte da Vidin (Bulgaria) intorno alle 9:30. Direzione Serbia via Bregovo/Negotin. Siamo curiosi di vedere delle reazioni dei doganieri. L'auto è targata Bulgaria, un autista - io - sono italiano, l'altro americano. Patrick, l'americano, non è mai stato in Serbia. Per la prima volta una tosta timbrata risuonerà sul suo passaporto. Io vi sono invece stato già diverse volte. Ho amici a Belgrado, Indjija, Novi Sad e Novi Becej conosciuti durante alcune vacanze estive.
Ma chi siamo?
Abbiamo entrambi 25 anni. Patrick è volontario della Peace Corps e ritornerà dopo il viaggio a Vidin per completare il suo periodo di due anni, io invece ho appena finito un anno di Servizio Volontario Europeo. Ci siamo conosciuti lavorando per un'organizzazione ospitante che gestisce un centro culturale in uno dei vicinati di Vidin chiamato Nov Put dove vivono più di 10.000 Rom di nazionalità bulgara. Per saperne di più il sito www.rom.mysite.com spiega in dettaglio le attività svolte.
L'auto
Una Trabant color liquirizia, motore due tempi, 600 cc, alimentazione miscela benzina-olio 2%, velocita' massima 80 km/h.
Il tragitto
1400 km attraverso Serbia, Croazia, Slovenia e Italia. Le principali tappe saranno Belgrado, Zagabria, Lubiana, Venezia e Milano.
9 aprile - Ore 12:30 si parte per Bregovo, città di confine bulgara. La giornata è soleggiata, l'auto è strapiena di bagagli il loro peso la rende più maneggievole. Passiamo la frontiera in meno di un'ora. Nuova aria, siamo in Serbia.
Prima tappa obbligata Negotin dove ci fermiamo da Georgi, un ristoratore che ho conosciuto lo scorso anno. E' a Belgrado ma il padre Misha ci accoglie con un meravigliato sorriso. Due sandwich (Pljeskavica), una Cola e un perfetto caffé turco (Turska kafa). Tutto quanto è delizioso.
Si riparte scegliendo la nuova strada per Belgrado, più lunga perché gira intorno le montagne ma più adatta ad una Trabant che altrimenti non supera i 40 km/h in salita!
Zajecar, entriamo in un bar dove la cameriera ci sorride e capendo siamo stranieri si sforza di parlare inglese, molto gentile.
Una birra Efes ed un caffé turco per me. In America la birra Efes é una delle preferite di Patrick, é entusiasta.
Ripartiamo. Le discese le facciamo a motore spento, per raffreddare il motore. L'auto si comporta molto bene, entriamo nell'Autoput (autostrada) maciniamo chilometri a velocità costante di 80 km/h mentre il sole si avvicina sempre più all'orizzonte. Ci fermiamo per il cambio di guida, un cane corre verso di noi e vuole giocare. Mancano 200 km alla capitale.
E' lunedì di Pasquetta, molti rientrano dalle vacanze, così facciamo 4 km di coda. Molti sorridono vedendoci, qualcuno scatta foto con il telefonino.
Finalmente usciamo dall'autostrada sono le 8 di sera e dopo qualche chilometro di salita, dall'alto vediamo le luci della città con grattaceli e lunghe strade illuminate che si diramano. La vista è spettacolare, io rimango a bocca aperta perché non avevo mai visto Belgrado di notte dall'alto, Patrick esclama che sembra Pittsburgh. Alla nostra destra i sobborghi, con tante casette.
I blocchi (complessi di cemento armato) non sono come quelli bulgari ma piu' piccoli e curati.
E' bellisimo anche se siamo stanchi.
Il giorno dopo decidiamo di visitare la fortezza, la cattedrale ortodossa, camminiamo per le vie della città. Passiamo per gli edifici bombardati, sono impressionanti e fermandomi a pensare mi spaventano. Parliamo anche delle torri gemelle a New York.
La notte andiamo in discoteca, all'ottavo piano di un grattacielo dalle cui vetrate si osservano i principali palazzi del governo, la musica è stile anni '90 le parole sono in serbo, il ritmo carica di energia la gente.
12 aprile -11:30...prima di ripartire ho intenzione di visitare Boris Mitic, un regista serbo che ha realizzato documentari molto cool (www.dribblingpictures.com), ma il traffico di mezzogiorno ci spaventa e decidiamo di rimandare alla prossima volta.
400 km separano la capitale serba da quella croata. Sono tanti e se per le 9 di sera non siamo a Zagabria ci piacerebbe fermermarci a metà, svoltando per Banja Luka (Bosnia Herzegovina).
Dopo una sosta quando ripartiamo uno strano rumore ci preoccupa: abbiamo perso una delle quattro viti che uniscono ermeticamente il motore alla marmitta, l'auto romba.
20:00...ci fermiamo ad una stazione dove c'e' anche un ristorantino, dobbiamo mangiare. Non abbiamo soldi croati, i dinari serbi non li vogliono.Ok la Visa Elektron. Due Gulash, due insalate, da bere e un espresso. Tutto è così squisito forse perché abbiamo una differente prospettiva.
22:00 Parcheggiamo l'auto di fronte all'ostello e andiamo a dormire.
13 aprile - Camminiamo per la città, è fin troppo pulita! Un po' noiosa ma bella. Ci manca Belgrado! Si riparte con l'intenzione di fermarci dal primo meccanico. A pochi kilometri dal confine sloveno usciamo dall'autostrada. Siamo a Samobor, da Deven un meccanico che aiutiamo a sostituire le guarnizioni. Meno di due ore e ripartiamo. Entriamo nello spazio Shengen. Entriamo nella piccola Ljubljana, beviamo una birra e cerchiamo un ostello...troviamo http://www.hostelcelica.com/en/index.html e ci piace.
L'ultima parte del viaggio raccontata da Patrick - We left Ljubliana on Friday morning. As we were preparing to leave, a Slovenian girl stopped us for an interview. For all the the details, this can be seen at www.vest.si.
As we were in the lobby of the hostel, I randomly chose a brochure about caves. I like caves. Caves are fun. We drove trabant through Ljubliana yelling "Ciao Ciao" at people and set off to the caves. We had lunch in the resort, owned by Unesco, and we took the cave tour. It was nice, there is a giant underground canyon and I slipped a lot. We asked our tour guide for a picture and she said "no," due to restrictions on UNESCO employees.
After leaving the park, we drove to Venice. Even though I didn't need a stamp for my passport for Italy, I asked anyway, and now I feel like a badass. It is every American's dream to go to Italy, and I feel 100% cooler now that I have been. We entered Venice late in the night. Driving across the bridge into Venice in the trabant was a beautiful experience. The lights of the city reflecting on the water made the trabant glow extra bright, and I would like to believe that it made the car go faster. After stopping and asking information, we found that a hotel on the island of Venice cost 250 dollars, more than we wanted to spend. We had heard a tip from an Australian backpacker that there were camping bungalows for cheap and set out to find them. There were signs, and we stopped at the Venice campground.
Even though we were tired, we collected ourselves and walked to the bus stop to go into the center. Along the way we met two prostitutes from Eastern Europe. It was sobering for me. Working in an organization that is an advocate of safe migration, you understand the reasons, and here you see "who". At the bus stop we also met a group of girls from the United States. They were friendly and we invited them to eat with us. By the time we reached the Rialto, Paolo and I had to go to the bank and they went to dinner alone. We stopped at a pricey restaurant by the bridge. When we came back from the city we watched the movie Richie Rich and I got bitten by ants.
Venice is a beautiful city where you can dream of another world. It's more than a city, but a way of life. Around every corner there is a place to watch gondolas and smell the air. The Plaza San Marco is the image of Europe than Americans dream of. Paolo and I took our shirts off and tanned by the harbor. We watched the workers Murano glass factory make a horse and noticed there were a lot of glass rabbis for sale in the shop. The store clerk said that they were popular with American tourists. We saw the Apartment of the doge and peeked out the windows of the bridge of sighs. And the name is correct. It would be hard to know that outside of your prison cell, an entire vibrant city was passing you by. The greatest punishment would to be teased by the energy outside that you were unable to touch. We ate pizza and ice cream. We tried to go to a disco, but gave up; a beer on San Marco was just as satisfying. We left Venice feeling like we had barely touched it, but it certainly touched me.
We Left for Monticello the next morning. The Italian people at the rest areas were very surprised to see trabant. There were different reactions such as "Does it work?" and "oh, Bulgarians, they must be here to work," which is funny because I'm an American and Paolo is Italian. We reached Monticello around 6 and Paolo's family was happy to see us. Maybe they couldn't believe we made it in Tranbant, but to us, we couldn't imagine a better way. Turn off the gas, turn off the engine. To celebrate, our arrival, after dinner Paolo and I went out for a drink and saw the best version of Prince's "Purple Rain" sung by a drunk man. This experience was just like that:P something you are familiar with, done in a different way. We got the best part of trabant, certainly, due to the fact that she was at her best when she was able to show off. She made people stop and look, she made people laugh, and she made people remember that socialism in Eastern Europe had happened. Sadly, we noticed after she sat for some time at Paolo's house that she had sprung a leak. Tough car, 1500 kilometers. She did her job, which was to get us to Italy, and for that we thank her.
(
TRADUZIONE: Lasciamo Ljubliana il Venerdi’ mattina. Preparandoci a partire una ragazza slovena ci ferma per un’intervista veloce. Per i dettagli vedi http://www.vest.si/page/2/ .
Mentre ero all’ingresso dell’ostello , a caso scelsi una brochure sulle cave. Mi piacciono le cave, sono divertenti.
Guidiamo la Trabant tra le vie di Ljubliana, direzione Koper, urlando “Ciao Ciao” alla gente.
Le cave di ---------- sono riconosciute patrimonio dell’umanita’ dall’UNESCO. Prima di iniziare la visita pranziamo. Scendiamo in profondita’, e’ bellissimo, e’ come essere in un canion sotterraneo. Scivolo spesso. Chiediamo alla guida una foto insieme…No, i dipendenti UNESCO non possono essere fotografati. Lasciamo il parco e ci dirigiamo a Venezia.
Anche se non era necessario ricevere il timbro sul passport, lo chiedo comunque ed ora mi sento invincibile. Uno dei sogni degli Americani e’ visitare l’Italia, io ci sono e mi sento al 100% cooler.
Entriamo a Venezia a tarda sera. Guidare sul ponte che collega la laguna alla terraferma e’ un’esperienza indimenticabile. Le luci della citta’ riflesse sull’acqua fanno brillare la Trabant e mi piace credere che questo la fa andare piu’ velocemente.
Ci fermiamo, chiediamo informazioni e ripartiamo perche’ 250 Euro a notte e’ piu’ di quello che vogliamo spendere. Ci ricordiamo del consiglio di un Australiano in viaggio incontrato a Zagabria. Ci dirigiamo verso un camping con bungalows a pochi minuti dal centro.
Anche se siamo stanchi decidiamo di uscire. Camminando verso la fermata del bus incontriamo due prostitute dell’Est-Europa. Mi fa strano. Lavorando per un’organizzazione che sostiene campagne contro il traffico di persone capisci le ragioni, le cause ma in quel momento vedi chi e’ la protagonista.
Alla fermata incontriamo incontriamo un gruppo di ragazze americane con orgini indiane, molto interessenate; una di loro parla il Panjabi, dialetto indiano da cui proviene la lingua Rom. Sono molt amichevoli e le invitiamo a cenare con noi. Camminando per Rialto Paolo ed io andiamo a prelevare i soldi loro vanno a cenare da sole. Ci fermiamo ad un ristorante di lusso vicino al ponte. Tornati al camping guardiamo in televisione Richie Rich… un insetto mi punge il collo… ci addormentiamo.
Venezia e’ una splendida citta’ dove puoi sognare di essere in un altro mondo. Non e’ solo una citta’ ma uno stile di vita. Dietro ogni angolo c’e’ un posto dove osservare le gondole e respirare l’aria di laguna.
Piazza San Marco e’ l’immagine dell’Europa che gli americani sognano. Ci togliamo le magliette e ci sdraiamo ad abbronzarci vicino ad un porticciolo di gondole. Visitiamo una fabbrica del vetro a Murano dove un maestro realizza un cavallo. Notiamo che ci sono tanti Rabbini di vetro in vendita, il commerciante ci spiega che sono molto richiesti dai turisti Americani. Visitiamo Palazzo Ducale e le stanze del Doge. Diamo una sbirciata dal ponte dei sospiri. Il nome e’ appropriato. Era sicuramente dura vedere dalla tua prigione un intera citta’ vibrante passarti di fronte. Era sicuramente la piu’ grande pena passare da li’ guardando ma non toccando l’energia che sta fuori. Mangiamo pizza e gelato. Proviamo ad andare in disco la sera ma desistiamo, la birra in Piazza San Marco ci basta.
Lasciamo Venezia provando l’emozione di averla finalmente toccata, ma in verita’ lei ci ha toccato il cuore.
Partiamo per Monticello il mattino dopo, caldissima giornata. Gli italiani alle stazioni di servizio sono sorpresi di vedere una Trabant. Interessanti reazioni del tipo “Ma funziona?” oppure “Oh, bulgari, saranno qui per cercare lavoro”, tutto questo ci fa ridere perche’ in verita’ io sono americano e Paolo e’ italiano. Arriviamo a Monticello alle 18 e la famiglia di Paolo e’ felice. Forse non credono ai loro occhi che una macchina cosi’ ci ha portato in Italia, noi invece non abbiamo mai pensato ad un altro modo per arrivarci.
Turn off the gas, turn off the engine.
Per festeggiare l’arrivo dopo cena andiamo a bere e nel bar assistiamo alla miglior versione della canzone “Purple Rain” dei Prince cantata da un ubriaco; della serie qualcosa a me famigliare ma fatto in modo diverso.
Abbiamo ricevuto il meglio da quest’auto, semplicemente dandole l’occasione di mostrarcelo.
Quest’auto ha fatto fermare la gente, l’ha fatta ridere e gli ha ricordato che c’era il socialismo nell’Est-Europa.
Tristemente abbiamo notato che dopo un po’ di tempo ferma di fronte alla casa di Paolo un tubo dell’olio freni posteriore era esploso. Macchina tenace, 1500 chilometri. Ha fatto il suo lavoro, che era quello di portarci in Italia, per questo la ringraziamo.)
Se volete fare domande ai viaggiatori utilizzate il sottostante spazio dei commenti. Patrick e Paolo vi risponderanno tutte le volte che saranno in grado di parcheggiare la loro Trabant davanti ad un internet point