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Integrazione europea e riforme elettorali
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Data pubblicazione: 22.06.2007 09:56

L’Ue chiede all’Albania la dimostrazione di essere in grado di condurre elezioni libere e democratiche per poter procedere verso l’integrazione europea. Un resoconto degli interventi dell’Ue in Albania in merito alle riforme del sistema elettorale
La capacità di un paese di condurre elezioni libere è sempre stata una delle condizioni per valutare le credenziali democratiche di un aspirante membro dell’Unione europea. I rapporti della Commissione Europea, che servono a monitorare lo stato delle riforme per ogni candidato membro, dedicano una sessione alle riforme del processo elettorale in quanto elemento di analisi della democratizzazione del paese, nonché elemento valido per la decisione dell’Ue di far avanzare il paese verso la membership.

Nel caso dell’Albania, invece di essere solo uno dei fattori presi in considerazione come negli altri candidati membri, le elezioni hanno assunto una priorità assoluta in grado di determinare il progresso delle relazioni con l’Ue. Specialmente nel contesto della Strategia di stabilizzazione e associazione, la quale fornisce gli strumenti per l’integrazione dei paesi dei Balcani, l’Unione ha rinforzato la percezione che il paese dovrà dimostrare progressi concreti e stabili se vuole rimanere al passo coi processi dell’integrazione Europea. Questo messaggio arriva con note sempre più severe, prima di ogni tornata elettorale, e la classe politica deve essere in grado di dimostrare il progresso raggiunto riguardo le elezioni.

Scarso progresso del processo elettorale

L’attenzione particolare rivolta al processo elettorale in Albania è dovuta allo scarso progresso di questo ambito, nonostante siano trascorse quasi due decadi di transizione democratica. Nel 2001 uno studio sullo stato della democrazia in Albania concludeva che ‘Le manipolazioni durante le elezioni sono diventate la norma e come tali una legge non scritta del sistema albanese”. Nel 2005 l’organizzazione Freedom House sintetizzava così la storia di quasi 15 anni di elezioni in Albania: “Nessuna delle tornate elettorali condotte dal 1996 ad oggi può essere considerata completamente libera, anche quando è stata convalidata da osservatori internazionali.”

I rapporti dell’ODIHR, l’agenzia dell’OSCE specializzata nell’osservazione delle elezioni in tutta l’area post-comunista, hanno ripetutamente documentato numerosi problemi durante il processo elettorale in Albania. Il rapporto sulle ultime elezioni locali del 2007, ripeteva per l’ennesima volta che le elezioni avevano solo parzialmente soddisfatto gli standard internazionali e che “i partiti politici avevano mancato di assumere le loro responsabilità nel preparare e condurre il processo elettorale”.

Per di più l’ODIHR ritiene che in molte occasioni l’intensa rivalità tra i due principali partiti sembrava che degenerasse in un’impasse, con il continuo pericolo di collasso del paese. Negli ultimi anni la soluzione di tali impasse ha richiesto l’intervento delle istituzioni internazionali, in particolare l’OSCE, che dal 1997 ha una missione permanente in Albania ed è fortemente coinvolta nelle riforme del sistema elettorale. L’aiuto dell’OSCE e di altri attori internazionali sembra aver evitato il rischio di un collasso e facilitato un certo consenso politico sulle questioni elettorali.

Paradossalmente però, questo pericoloso meccanismo - antagonismo tra i partiti politici, conseguente impasse politica e rischio di collasso, facilitazione di un certo dialogo e consenso locale sulle questioni elettorali e finalmente la tenuta di elezioni a dir poco problematiche - è diventato un aspetto peculiare e stabile delle elezioni albanesi. In altre parole ogni tornata elettorale sembra ripetere lo steso scenario di crisi politica, necessità di intervento e un forzato consenso momentaneo sulle questioni principali, cui però fanno seguito elezioni che non rispettano gli standard democratici internazionali.

L’integrazione in funzione del miglioramento del processo elettorale

In questo contesto, l’Unione ha dovuto usare gli strumenti dell’integrazione con l’intento di migliorare il processo elettorale. Se gli altri attori, tra cui l’OSCE, raccomandano, consigliano e suggeriscono come migliorare il sistema elettorale albanese, l’Ue ha a sua disposizione strumenti più efficaci per fare pressione sulla classe politica. L’Ue dispone infatti di una notevolmente capacità di condizionamento nella misura in cui rallenta l’avanzamento degli accordi con il paese in questione, il quale ritarderebbe tutto il processo d’integrazione nelle strutture dell’Unione. L’Ue non ha esitato ad usare questi meccanismi per influenzare il miglioramento del processo elettorale nei casi in cui ce ne è stato il bisogno.

Non senza motivo, l’Unione europea ha bloccato in diverse fasi l’avanzamento dei negoziati e la conclusione dell’Accordo di stabilizzazione e associazione con l’Albania. La decisione del Consiglio Europeo di avviare i negoziati con l’Albania nel 2001 era anche un incentivo per far sì che il paese migliorasse il sistema elettorale in vista delle elezioni politiche del 2001.

Dopo che queste elezione furono criticate dagli osservatori e contestate dall’opposizione, l’Unione rinviò la presentazione delle direttive per i negoziati fino al giugno 2002, nonostante fosse inizialmente prevista per la fine del 2001. Infatti dopo le elezioni del 2001 l’Ue prese posizione e richiese al governo albanese di accettare come presidente un candidato dell’opposizione, in modo di recuperare le mancanze verificatesi durante la fase elettorale. La Commissione presentò le direttive per i negoziati solo dopo che i partiti politici accettarono di eleggere un presidente consensuale nel 2002.

Analogamente la Commissione rifiutò di concludere i negoziati con l’Albania prima delle elezioni del 2005, anche se le due parti avevano concluso di negoziare gli aspetti tecnici dell’accordo per la fine del 2004. Diverse personalità dell’Unione sottolinearono che la maniera di condurre le prossime elezioni sarebbe stata decisiva per il progresso delle relazioni con l’Albania. Il commissario europeo per l’allargamento, Olli Rehn, si riferì alla “giusta conduzione delle elezioni del 2005 prima che la Commissione suggerisca al Consiglio la conclusione dei negoziati”.

Inoltre il Segretario generale del Consiglio dell’Ue, Javier Solana, precisò che “Questa volta le elezioni devono essere libere e oneste non semplicemente meglio di quelle precedenti. Lo ripeto ancora, libere e oneste...”. Conseguentemente, il processo di negoziazione e di conclusione dell’Accordo con l’Albania continuò per più di quattro anni finché la Commissione non vide la valutazione delle elezioni del 2005 e dei primi mesi di lavoro del nuovo governo. L’Accordo di Associazione e Stabilizzazione finalmente fu firmato nel 2006. Ricordiamo che alla Croazia e alla Macedonia fu necessario solo un anno dall’apertura dei negoziati alla firma dell’Accordo.

Nuove elezioni e nuove sfide per l’integrazione europea

A breve l’Albania si confronterà con l’importante elezione del presidente della Repubblica. Le ultime elezioni presidenziali, tenutesi nel 2002, furono segnate dall’impatto dell’Unione che condizionò, e quasi ordinò, alla classe politica di lasciare da parte i conflitti reciproci e di mettersi d’accordo su un presidente consensuale. Infatti, questa fu la prima volta nella storia turbolenta delle elezioni democratiche albanesi in cui tutti i partiti politici, sotto la pressione dell’Ue, scelsero e votarono un candidato comune, Alfred Moisiu. Questa scelta portò una certa calma nella politica e incoraggiò la collaborazione dei partiti all’inizio del mandato del presidente, il quale adottò una posizione di basso profilo politico e in molte occasioni riuscì a salvaguardare il sistema costituzionale.

Alla vigilia delle imminenti elezioni presidenziali l’Albania sembra essere arrivata allo stesso punto morto del 2002. I partiti politici, intrappolati all’interno di una politica conflittuale, non sono riusciti a dialogare su un candidato comune o almeno accettabile per tutti. Infatti la maggioranza ha deciso di andare al primo turno delle presidenziali con un solo candidato, Bamir Topi, fortemente rifiutato dall’opposizione. Ma come ci si attendeva il primo tentativo di eleggere il Capo di Stato albanese è fallito il 20 giugno, rinviando l’elezione del presidente al secondo turno che si terrà il 27 giugno.

Tra i principali leader dei Democratici, Topi è contestato dall’opposizione per il suo forte profilo politico, che potrebbe rafforzare la politicizzazione delle istituzioni albanesi a favore della maggioranza. Tuttavia la maggioranza governativa non possiede i 2/3 dei voti parlamentari necessari per eleggere il presidente, fatto che rende la scelta di Topi non solo poco desiderabile ma anche impossibile. Se i negoziati tra i partiti nei prossimi giorni non assumeranno una nuova direzione, l’Albania sembra essere destinata ad una crisi costituzionale e a nuove elezioni. Di certo non un buon segno per la fragile stabilità del paese, laddove ripetuti conflitti e crisi che seguono ad ogni elezione hanno consumato buona parte dell’energia politica necessaria per andare avanti con le riforme.

Tuttavia, il fattore internazionale, specialmente l’Ue, ha provato a trasformare il corso delle dinamiche albanesi, specialmente quando si giunge al punto di massima crisi. Come nei casi precedenti, non è da escludere che l’Unione metta in atto i suoi meccanismi di influenza e richieda alla classe politica di cessare di assumere posizioni antagoniste e irresponsabili. Ma fino ad ora l’Unione ha preferito stare lontano da questa crisi e mandare dei messaggi vaghi sull’importanza della stabilità e della cooperazione politica per il futuro delle relazioni tra l’Unione e l’Albania.

Dopo le elezioni locali del Febbraio 2007 e in vista alle elezioni presidenziali, Olli Rehn aveva dichiarato: “la buona riuscita dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e l’avvicinamento all’Ue richiedono ulteriori riforme. Ciò, d’altra parte, è richiesto da una cultura di cooperazione e stabilità democratica. Le ultime elezioni hanno dimostrato che i leader politici dovranno migliorare la cooperazione tra loro. Le prossime elezioni di giugno saranno un’occasione per i leader politici di dimostrare ai cittadini e anche all’Ue che possono lavorare insieme al comune interesse del paese”.

In aprile, durante la sua visita in Albania, il Direttore generale per l’Allargamento, Michael Leigh, aveva similmente affermato che “le elezioni presidenziali saranno il momento giusto per dimostrare che i politici albanesi possono lavorare insieme all’interesse del paese”.

Le ultime elezioni dimostrano però che ancora nel 2007 il paese ha bisogno dell’intervento dell’Unione e della comunità internazionale per poter sopravivere alle crisi che accompagnano il momento delle elezioni. E forse l'allentamento della pressione dell'Ue questa volta allontana la soluzione della crisi.