A Cannes in occasione della presentazione del suo ultimo film, Auf der anderen Seite, il regista Fatih Akin lancia un messaggio al suo paese d'origine. Alla vigilia delle elezioni politiche, Akin dice alla Turchia: "Uniti vinciamo, divisi cadiamo"
“Ho un messaggio per tutti i turchi perché il 22 luglio ci saranno le elezioni politiche. Uniti vinciamo, divisi cadiamo”. Così aveva parlato sul palco del Festival di Cannes Fatih Akin, 34 anni nato in Germania ad Amburgo da genitori originari dell’Anatolia e vincitore nel 2004 del Festival di Berlino con l’intenso “La sposa turca”.
Raggiante dopo il premio per la migliore sceneggiatura, che fa il paio con quello della giuria ecumenica, il regista che ha già sette film all’attivo aveva rivolto questo invito alla terra cui è legato.
Il suo “Auf der anderen Seite – Dall’altro lato”, accolto calorosamente, è un melodramma in tre atti ancora una volta a cavallo tra due Paesi. E tra due mondi. Germania e Turchia.
Akin assume questa volta ha una posizione più politica, perché critica esplicitamente le “mancanze” della Turchia in vista di un ingresso nell’Unione Europea e lo fa sul piano dei diritti umani e del rispetto dei prigionieri politici.
Nejat è un giovane professore di tedesco. Suo padre Alì è un pensionato, solo, che frequenta un quartiere di prostitute a Brema e che un giorno convince Yeter ad andare a vivere con lui. Il figlio prende malamente la cosa, soprattutto quando il genitore è vittima di un infarto. Finisce in litigio con l’anziano che con una sberla uccide la donna e finisce in carcere.
Per Nejat sarà l’occasione per andare a Istanbul alla ricerca delle proprie origini e di Ayten, la giovane figlia di Yeter. La ragazza ha fatto perdere le sue tracce ed è finita in un gruppo d’opposizione di estrema sinistra.
Ayten, dopo una manifestazione finita tragicamente, deve lasciare il paese e rifugiarsi in Germania: troverà l’amicizia e poi l’amore di una studentessa, Lotte.
Ayten però viene scoperta come immigrata clandestina e rispedita in Turchia dove è immediatamente incarcerata, Lotte la raggiunge per assisterla legalmente. Il destino è in agguato sotto forma di un gruppo di ragazzini che la derubano per strada e le sparano quando li insegue.
Ancora una volta a una morte segue una persona che decide di cambiare la propria vita. È Susanne, madre di Lotte, che dopo aver a lungo litigato con l’amante della figlia cerca di aiutarla.
Il cast è molto buono. Alì è interpretato da Tuncel Kurtiz, mostro sacro del cinema turco, più volte premiato a Berlino e diretto fra gli altri da Ylmaz Guney, Peter Brook e Carlo Mazzacurati. Nel ruolo di Susanne c’è la ritrovata Hanna Schygulla che ha onorato Akin di un paragone raro: “Mi ricorda Rainer Fassbinder da giovane, come lui è bello e naif” ha dichiarato l’attrice.
Un film dove le culture si incontrano, dove le persone riescono ad andare dietro le diffidenze e che stimola la Turchia, stato di confine tra governi laici e ambizioni dei partiti confessionali, a fare passi avanti verso la democrazia piena. “Auf der anderen seit” non è però palpitante come “La sposa turca” non ha la stessa mistura di dramma e ironia, le morti sono troppo forzate per essere credibili e la stessa storia lesbo fra le due ragazze è improvvisa quanto ingiustificata dalla trama.
“Tutti e sei i personaggi principali riflettono parti di me – ha detto il regista a Cannes - La ragazza, Ayten, che nel finale cambia idea e fa amicizia con la madre dell’amica morta, interpretata dalla Schygulla, fa come me. Io cambio idea tutti i giorni, soprattutto quando sbaglio. E i personaggi derivano anche dalle tante persone che ho incontrato per il mio documentario sulla musica turca “Crossing the Bridge”. Tanti uomini che cercano di cambiare il mondo con la loro musica. Da loro ho imparato che la politica può essere sexy”.
Il messaggio che la cultura aiuta la comprensione è affidato a un libro sconosciuto mostrato in più occasioni: “La figlia del fabbro” di Selim Ozdogan. “L’istruzione e il libro sono l’immagine chiave del conflitto fra il giovane professore Nejat e suo padre Alì – ha spiegato il regista - mettere un libro di Hesse o di Dostojevski sarebbe stato troppo semplice ma avrebbe anche dato l’idea di qualcosa di troppo alto. Invece studiare, leggere i libri può cambiare il mondo, così ho messo il libro di un mio amico, che è anche uno dei migliori libri che ho letto negli ultimi anni”.
Quanto al suo rapporto con la Turchia Akin ha detto che “E’ di amore e odio. Ho scoperto la Turchia soprattutto dopo il ’95 quando ho finito la scuola e ho girato là il mio primo corto. Posso dire di essere diventato più turco da allora, ma il mio background culturale è sia tedesco sia turco. Odio i nazionalismi e guardo quello che accade: mi fa paura vedere che la storia si ripete con gli stessi errori”.