Si chiama così la formula di negoziazioni per arrivare ad una soluzione della questione transnistriana. Ora rischia di essere superata con il tentativo del presidente moldavo Voronin di risolvere la questione bilateralmente, con la Russia di Putin
Il reportage fotografico è di Marco Pighin
A poche decine di chilometri dal confine dell'Unione europea, nel sud-est Europa, tra Moldavia e Ucraina, si trova quello che è stato definito “il buco nero d'Europa” – la Transnistria.
Nel 2007 si è commemorato il quindicesimo anniversario della fine della guerra transnistriana, la cui eco è a tutt'oggi percepibile, con il suo strascico di problemi irrisolti. Il separatismo transnistriano è il risultato combinato dell'eredità sovietica e di errori compiuti nei primi anni dell'indipendenza moldava.
Questo conflitto ha causato una seria battuta d'arresto nella costruzione di uno stato moldavo sovrano. L'instabilità politica che ne è derivata è uno dei fattori che hanno reso la creazione di uno stato vivibile, dal punto di vista economico e sociale, assai difficile per la Moldavia, nonostante le premesse ci fossero, essendo, in passato, una delle più fiorenti repubbliche sovietiche.
Nei primi dieci anni di tentativi di risolvere il conflitto transnistriano, le negoziazioni seguirono il format del “2+3” (Moldavia, Transnistria + OSCE, Russia e Ucraina in qualità di mediatori), un format tuttavia fallimentare. Nel 2005, con l'accresciuto peso dell'UE nel sud-est europeo, il format “2+3” è stato modificato. Fu sostituito da una nuova formula – “5+2” (Moldavia, Transnistria, Russia, Ucraina, OSCE + UE e USA) – come conseguenza dell'invito fatto a UE e USA a partecipare in qualità di osservatori al processo delle negoziazioni.
Transnistria - Marco Pighin
Recentemente si sono tuttavia osservati ulteriori sviluppi: il presidente moldavo, Vladimir Voronin, sta cercando di scavalcare il meccanismo del “5+2” negoziando una soluzione del conflitto transnistriano a livello bilaterale, inserendolo nei suoi incontri confidenziali con il presidente russo Vladimir Putin. Non è stata rilasciata nessuna notifica ufficiale per informare il pubblico di cosa esattamente si stia discutendo; e non è ancora stata resa pubblica alcuna dichiarazione sui risultati degli incontri.
Questi ultimi hanno suscitato preoccupazioni tra gli alti funzionari di Bruxelles e Washington, ma anche tra l'opinione pubblica di Chisinau, capitale moldava. L'analista politico del Wall Street Journal Vladimir Socor ha pubblicato la versione di un presunto piano negoziato tra funzionari moldavi e russi, ricevuto da fonti rimaste anonime. Stando a questo piano, la Repubblica moldava riconoscerà per la prima volta la legittimità delle autorità transnistriane, scioglierà il Parlamento centrale di Chisinau e indirà nuove elezioni, in cui i cittadini di entrambe le parti eleggeranno un parlamento dove alla Transnistria saranno riservati un numero fisso di seggi. Inoltre, la Transnistria conserverà il proprio parlamento e avrà vice-ministri in tutti i ministeri a Chisinau. In più, un contingente di pace internazionale sostituirà quello russo nel 2009.
A questo punto, con la dichiarazione d'intenti del presidente Voronin sulla risoluzione del conflitto entro la fine del proprio mandato nel 2009, non è chiaro se i funzionari moldavi abbiano deciso di forzare una soluzione del conflitto transnistriano fondata solo sulle negoziazioni bilaterali moldavo-russe, scavalcando la formula del “5+2.”
Transnistria - di Marco Pighin
Nel corso degli anni, il governo moldavo non è stato in grado di stabilire una politica coerente rispetto alla soluzione del conflitto, mentre l'attitudine non-collaborativa della parte transnistriana e la presenza della forza armata russa (i resti della quattordicesima armata sovietica) nella regione separatista, hanno ulteriormente aggravato il già difficile processo di negoziazione.
Dal 1991 in poi la Transnistria è riuscita a creare tutti gli attributi di uno stato: un presidente, un governo, il parlamento; ha introdotto una propria valuta; ha emesso passaporti per i suoi cittadini, che sono però validi solo sul suo territorio; ha formato un esercito di mercenari ed ex-ufficiali della quattordicesima armata; e non le manca un'economia fondata sull'industria pesante né il commercio estero.
In ogni caso, il regime di Tiraspol non è riconosciuto dalla comunità internazionale e la Transnistria è tristemente nota per il contrabbando d'armi, per il traffico di droga e di esseri umani. La sua sopravvivenza a lungo termine non sarebbe stata possibile senza il sostegno massiccio – politico, economico e militare, della Russia. Nel 1999 la Repubblica moldava aveva ottenuto al Summit dell'OSCE di Istanbul l'impegno di Mosca di ritirare le proprie truppe e armamenti dalla Transnistria entro il 2002, impegno che ad oggi la Russia non ha rispettato.
I temi tanto dibattuti del controllo del traffico d'armi e della presenza di peacekeeping in Transnistria rappresentano entrambi le principali preoccupazioni di UE e USA. Recentemente presso la Camera dei Rappresentanti statunitense 8 deputati hanno presentato una risoluzione sul ritiro incondizionato delle forze armate e degli armamenti russi dalla Transnistria. Il documento dovrà ora essere esaminato e votato dalla Commissione affari esteri. Contemporaneamente gli USA e i loro alleati NATO stanno discutendo l'eventualità di una missione multilaterale di peacekeeping alternativa a quella russa per la Transnistria. Lo ha dichiarato Paula DeSutter, del Dipartimento di Stato americano.
Transnistria - di Marco Pighin
In precedenza, nel 2006, con il sostegno della Missione di frontiera dell'UE per il confine tra la Moldavia e l'Ucrania, era stato attuato un nuovo regime doganale per il controllo del segmento transnistriano del confine moldavo-ucraino: per combattere il contrabbando di armi.
Ad oggi la questione dello status politico della Transnistria resta aperta. Una cosa certa è che difficilmente si potrà arrivare ad una soluzione superando la formula del "5+2" e quindi non coinvolgendo Stati Uniti e soprattutto Unione Europea.