Poliziotti della RS
Grazie ad una dichiarazione del rappresentante americano in BiH, Raffi Gregorian, si ritorna a parlare delle relazioni della Bosnia Erzegovina con Al Qaeda. Le reazioni del leader bosniaci e la battaglia per il modello della riforma della polizia
L’estate non è ancora terminata che di nuovo gli scottanti temi politici premono sulla Bosnia Erzegovina [BiH] con una certa insistenza. Quelli che eventualmente avevano sperato in un allentamento delle tensioni interne alla scena politica di questo Stato si sono sbagliati di grosso. Dall’altro canto, quelli che considerano con più maturità e saggezza politica questa scena non sono per niente sorpresi. Per capire meglio la situazione occorre iniziare dai fatti e dalla cronologia degli ultimi accadimenti.
La Commissione europea in questi giorni ha definito le 27 condizioni che stanno di fronte alla BiH lungo la strada per ottenere il semaforo verde per i successivi passi verso l’adesione all’Europa. La pre-condizione fondamentale che in definitiva deve essere garantita – termine ultimo la fine di settembre – rimane la riforma della polizia. Su questa riforma la BiH si sta dando da fare già da due anni. E questa riforma è allo stesso tempo anche la condizione per parafare il testo finale dell’Accordo di associazione e stabilizzazione tra la BiH e l’UE.
È noto ormai da tempo che il pomo della discordia di questa riforma è sapere se con la struttura della nuova polizia unificata saranno eliminate le esistenti polizie delle entità oppure se rimarranno come unità speciali all’interno delle frontiere delle entità. Tempo fa erano già stati definiti i principi europei delle riforme i quali richiedevano l’eliminazione delle polizia delle entità. I poteri della BiH formatisi dopo la scorsa tornata elettorale avevano accettato questo fatto. Ma il nuovo premier della Republika Srpska [RS], Milorad Dodik, “proprietario politico” dell’entità minore, si è opposto energicamente all’eliminazione della polizia della RS. Molto precisamene e senza dubbi ha ribadito che tra il mantenimento di suddetta polizia e il cammino europeo della RS lui è incline al mantenimento della sua polizia.
Non è difficile immaginare che a Banjaluka la polizia dell’entità è vista da tutti i partiti politici serbi come l’ultima difesa della statalità della propria entità, come custode della base degli elementi costitutivi dello Stato. L’esercito indipendente della RS, afferma Dodik, è andato sfortunatamente perduto nelle precedenti riforme, sicché il mantenimento della polizia è una questione di “vita o di morte”.
Ovviamente, siccome agli occhi del pubblico locale e straniero queste posizioni non possono certo essere apertamente presentate e difese, la macchina politica della Republika Srpska è partita con l’argomentazione che suscita maggiormente la sensibilità dell’occidente: le strutture politiche della Federazione, che chiedono l’unitarietà dello Stato e della polizia, tollerano l’esistenza di relazioni bosniache con Al Qaeda e difendono i mujaheddin. Ecco perché noi, dicono nella RS, non abbiamo fiducia in quella futura “polizia unica”. Il garante della nostra sicurezza può essere soltanto la nostra polizia come parte speciale e indipendente delle restanti strutture di polizia…
Questa argomentazione proveniente da Banjaluka è condita con una serie di altre dichiarazioni aggressive e irritanti. Dodik in questi giorni annuncia che “la Republika Srpska è una categoria durevole e che la Bosnia Erzegovina è una categoria che sopravvive grazie alla comunità internazionale”. Nei mesi scorsi, mentre gli incendi divampavano per la Bosnia Erzegovina, il suo governo ha persino rifiutato qualsiasi unificazione dei servizi antincendio a livello statale, l’unica condizione per far fronte alla paura. In tutta questa storia è dovuta intervenire anche la NATO.
Similmente la scorsa settimana è echeggiata in modo frustrante anche la dichiarazione che il premier della RS ha rilasciato in Serbia, alla presenza del premier serbo Kostunica, durante una festa popolare: “In Republika Srpska amiamo di più la Serbia di quanto non l’amiate voi stessi in Serbia…”
Alla dichiarazione sulla durevolezza e temporaneità della RS e della BiH ha reagito immediatamente in modo ufficiale Haris Silajdzic, membro della presidenza della BiH: “Il tentativo di cancellare la BiH con la violenza e col genocidio è fallito. La BiH è stata difesa. I desideri e le dichiarazioni qui non possono cambiare nulla…”.
Evidentemente, negli scambi tra i politici la corda è tesa al massimo e in un’atmosfera così incandescente è giunta la storia su Al Qaeda. Questa dichiarazione e le reazioni ad essa vanno analizzate innanzitutto nel contesto dell’intera battaglia per il futuro della BiH ed ora nella particolare battaglia per la riforma della polizia.
La maggior parte dei rappresentanti della comunità internazionale che si occupano di Bosnia dimostrano un’evidente svogliatezza nel costringere Dodik ad accettare i principi europei delle riforme che loro stessi hanno proclamato. Si cerca una cosiddetta “soluzione di compromesso”. La cosa assomiglia alla storia dell’indipendenza del Kosovo.
Quando tutti gli schemi già pronti e largamente accettati nel quadro della questione regionale sono stati energicamente rigettati fino alla fine da Belgrado (e ovviamente da Mosca), l’idea che “tutto sia finito” si è completamene affievolita.
In questi giorni, a Sarajevo, è evidente che l’interpretazione dei “principi europei della riforma della polizia” non è più sullo stesso binario di un anno fa. Gli stranieri, però, accontenterebbero Dodik a favore della realpolitik, e a favore della tranquillità del “corpo politico serbo ferito in Kosovo”.
L’appoggio politico per questa inversione di rotta - come interpretano liberamente i bosgnacchi della BiH - è stata l’aggiunta della risvegliata tesi sull’esistenza in questo paese di “simpatizzanti di Al Qaeda”, come confermato anche da Raffi Gregorian. Quest’ultimo nella sua dichiarazione ha precisato che non pensava ai “musulmani locali e ai bosgnacchi”. Ha persino fatto i complimenti allo Stato per la lotta al terrorismo, ma ormai il fantasma è stato liberato. In Republika Srpska la dichiarazione di Gregorian è stata accolta in modo trionfale ed evidentemente come un ulteriore appoggio alla loro insistenza nell’ambito della riforma della polizia: l’intera organizzazione della struttura della polizia delle entità deve rimanere e che gli stranieri trovino un modo per risolvere la situazione.
Piano ma senza dubbio in questo modo si va a legittimare furbamente la tesi proveniente dalla Republika Srpska, secondo la quale sono loro gli unici alleati sicuri dell’Occidente nella lotta al terrorismo.
Obiettivamente, anche all’interno delle strutture politiche bosgnacche sono state commesse mancanze che offrono agli oppositori dell’altra parte argomenti a loro favore. Lo strano rimandare la cacciata dallo Stato di alcuni mujaheddin giunti in Bosnia durante la guerra, ai quali in seguito è stata tolta la cittadinanza, ridotto il soggiorno e rifiutato l’asilo, sono un ottimo alibi a chi può servire.
Ad osservare per intero tutta questa storia, le conclusioni vengono da sé: Dodik cerca ad ogni costo di conservare la sua polizia perché essa gli garantisce la “statalità” dell’entità, ossia il potere; gli stranieri vogliono far passare ad ogni costo, come un successo personale, la riforma della polizia. In caso contrario viene messo in questione l’intero progetto di europeizzazione della BiH; in questo caso, così come negli ultimi quindici anni, nessuno ha intenzione di giocare coi “principi”; i bosgnacchi provano delle tentazioni terribili credendo, tra l’altro, che la politica possa essere condotta appellandosi alla giustizia e ai principi (ridicolo); la parte più significativa dei loro leader non capisce, però, i trend della politica globale. E non sono pochi nemmeno quelli che hanno dei piani del tutto opinabili fondati su pericolose illusioni e basati interamente sugli interessi privati.
In breve, il pentolone bosniaco bolle ancora e la sua pressione interna aumenta sempre più. Al Qaeda rispetto tutto ciò, obiettivamente, ha un’importanza minore. In Bosnia, dopotutto, ce ne è di meno che in molti paesi europei.