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Memorie di Mostar
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Data pubblicazione: 07.01.2008 09:39

La statua di Bruce Lee a Mostar
Concludiamo le pubblicazioni del nostro dossier sui Memoriali in ex Jugoslavia con un'intervista a Dario Terzić, giornalista di Mostar nostro collaboratore, sulle trasformazioni dei monumenti e simboli della cittadina erzegovese
La memoria recente di Mostar è legata a un evento traumatico in particolare e a una data, il 9 novembre 1993. Cosa ricordi di quel giorno?

Mi ricordo bene, è un qualcosa che non potrò mai dimenticare. Penso di essere stato uno degli ultimi che hanno attraversato il ponte, nella notte prima del 9 Novembre. Poi le granate e i bombardamenti sono durati per due o tre giorni senza interruzione. Il 9 io ero in radio, sulla riva sinistra del fiume. Attorno alle 10.15 è arrivato un collega, sconvolto. Ha detto: “Non c'è più il ponte da una torre all'altra”. Io semplicemente non ci volevo credere. Sono corso sul posto, il bombardamento non era ancora finito ma non importava, sono arrivato là e non riuscivo a credere che veramente il ponte non ci fosse più. E mi ricordo Mostar, quel giorno era come se la città non esistesse più, c’era solo un gran silenzio e pianti e singhiozzi. Tutti erano come in uno stato di choc collettivo. Sto parlando di una parte della città, purtroppo dall’altra parte si sentivano colpi di fucile. Quando il ponte è caduto hanno festeggiato.

La distruzione del simbolo ha rappresentato la fine di quella città?

Mostar, 1994
Il giorno dopo tutti dicevano che Mostar non c’era più, in tanti identificavano il ponte con la città. Io non sono d’accordo. Penso che siano gli uomini a fare la città. Credevo che Mostar avrebbe continuato ad esistere, che sarebbe comunque andata avanti, ma tutti erano davvero sotto choc e in quello stato la gente pensa e dice di tutto.

E dopo la costruzione del nuovo ponte?

Mah, quando guardo questo ponte nuovo mi sembra ancora così bianco, così pulito... I primi giorni era ancora più bianco, sembrava un modellino, qualcosa di plastica. Devo dire che in qualche modo mi sto abituando, un po’ sta diventando il mio ponte, anche se il vero ponte non c’è più.

Perché questa furia nei confronti dei simboli?

Mostar, il nuovo vecchio ponte
È tutto cominciato nel ’92, con l’inizio della guerra. Quando il comunismo è caduto definitivamente in ex Jugoslavia è come se questo popolo, in un certo senso, non volesse più riconoscere il proprio passato. Alcuni hanno semplicemente voluto cancellarlo. Hanno cominciato a demolire i monumenti della Seconda Guerra Mondiale e le statue dei partigiani, dappertutto, in particolare in Croazia perché è lì che è stato dato il primo colpo al comunismo, e poi naturalmente lo stesso è successo anche in Bosnia. Per alcune forze il comunismo significava 50 anni di buio, e la cosa più semplice era distruggere tutto ciò che riguardava quel periodo e anche gli anni precedenti. Il ponte vecchio, infatti, non aveva alcun legame con il comunismo ma per i combattenti dell’HVO, del Consiglio croato di difesa, era una cosa costruita dai turchi e tutto ciò che era turco doveva essere distrutto.

Cosa è rimasto a Mostar del periodo socialista?

Abbiamo un grande monumento partigiano, opera di Bogdan Bogdanovic, tombe che sono sopravvissute grazie alla loro struttura, perché non si tratta di un unico elemento ma di un grande parco di pietra. Molte lapidi però sono state distrutte, frantumate. Questo è il monumento principale a Mostar. Nel parco della città poi c’erano statue di partigiani ed eroi nazionali che sono tutte state distrutte. Quel bronzo è stato fuso e successivamente venduto.

Oggi qual è il rapporto con quegli anni?

La domanda secondo me è quando la gente, da queste parti, imparerà a rapportarsi in generale con il proprio passato. Perché ho paura che tra 20, 30 anni vorremo distruggere di nuovo i monumenti che stiamo costruendo ora. La stessa cosa accade per i nomi delle strade e delle piazze, che vengono cambiati continuamente. Nella parte occidentale di Mostar c’è “piazza delle Vittime del comunismo”, in questa parte, la parte bosgnacca, c’è “via Maresciallo Tito”, a Brčko c'è “via Draža Mihajlović”...

Per cercare di uscire dalla spirale dei simboli politici e religiosi alcuni tuoi concittadini hanno realizzato un monumento dedicato a Bruce Lee...

Sì, Bruce Lee è una specie di compromesso. Io avrei scelto qualcun altro, Sandokan, oppure Superman. Quelli che hanno sostenuto Bruce Lee dicono che è il simbolo di chi combatte per la giustizia, ma in ogni caso il monumento è subito diventato oggetto di atti di vandalismo. Gli è stato fatto di tutto: ci hanno scritto sopra, colorato, sporcato, e adesso è in restauro.

Come viene ricordato il passato recente?

Oggi si parla sempre più di dimenticare, perdonare... Penso che ciascuno debba decidere a livello personale come porsi verso tutto questo. Subito dopo che la guerra è finita, si è voluto nasconderne tutte le tracce, tutte le strade su cui c’erano i segni delle granate sono state risistemate. Ora di quei segni non c’è più traccia, e questo oblio ci è stato in qualche modo imposto. La comunità internazionale parla continuamente di riconciliazione. E’ un imperativo, nel senso che bisogna dimenticare tutto quello che è successo e cercare continuamente dei compromessi. Io credo che questo non vada bene, e che ad un certo punto si arriverà di nuovo ad un’escalation negativa, proprio per queste pressioni per dimenticare, come durante il comunismo. In alcuni testi scolastici ad esempio il ponte non viene più nemmeno ricordato, oppure si scrive che “è caduto”, come se fosse caduto da solo. Non si parla di chi lo ha distrutto e del perché. Negli ultimi tempi sono persino arrivate delle commissioni da Zagabria, io le definisco commissioni “di vampiri”, che fanno ricerche e concludono che sono stati i musulmani stessi a distruggere il ponte, che avrebbero messo loro l’esplosivo, fino a creare delle sorte di nebulose... Io ero lì, e quando leggo queste cose mi chiedo se sono del tutto a posto, comincio a dubitare della mia salute mentale quando vedo queste cose sui giornali! Insomma, partecipiamo ad una specie di amnesia collettiva per poter vivere in pace, ma è una sorta di pace a tutti i costi.

Cosa rappresenta Mostar oggi?

Per me Mostar è la Neretva. Con o senza il ponte, questa per me è la cosa importante. Si dice che la città determina gli abitanti, ed è vero. Tutto può cambiare a Mostar, ma la Neretva rimane lì. La maggior parte della gente vi risponderà che era il ponte vecchio, ma se chiedete a chi vive a Mostar ovest, può essere che vi rispondano che per loro il ponte non significava nulla. Quindi ciascuno ha la sua immagine. Per me Mostar è il fiume.