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La Romania in mezzo
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Data pubblicazione: 06.11.2007 12:57

Romeni e italiani. I legami che da sempre avvicinano questi due popoli rischiano di essere messi in discussione da episodi di cronaca simili a quello di Tor di Quinto e dalle reazioni delle istituzioni italiane. Uno sguardo dalla Romania
“Questi barbari che ci staccano dall’Europa”, ma anche “Fermati gli attacchi contro i rumeni”, “Italiani ci cacciano –noi rispondiamo con Mircea Eliade e Emil Cioran”. Così titolano i giornali in Romania dopo che la tragedia di Tor di Quinto ha aperto il vaso di pandora delle polemiche sull’immigrazione da questo paese verso l’Italia.

Giovanna Reggiani, 47 anni, era stata brutalmente aggredita e uccisa da Romulus Nicolae Mailat, 24 anni, rom di cittadinanza rumena.

Rom, Romania, Italia. I materiali di Osservatorio e BalcaniCooperazione
In Romania non si parla d’altro che dell’Italia. I legami che da sempre avvicinano questi due popoli, legami storici, culturali e linguistici rischiano di essere messi in discussione da episodi di cronaca simili a quello di Tor di Quinto. La reazione dei romeni alla vicenda è stata di sdegno e pronta condanna nei confronti del gesto compiuto dal connazionale.

A pochi giorni dall’omicidio di Giovanna Reggiani, venerdì scorso, quattro rumeni sono stati aggrediti selvaggiamente in un parcheggio della periferia di Roma. Bucarest si è vista costretta ad intervenire in difesa dei propri cittadini: il ministero degli Esteri rumeno ha chiesto a Roma di schierarsi apertamente contro la xenofobia. Oltre a condannare con fermezza l’aggressione ai danni dei cittadini romeni, dalla Romania è arrivato un appello alle istituzioni dello stato italiano perché prendano le misure necessarie affinché atti xenofobi di questo genere non si ripetano più, indagando "urgentemente", identificando e punendo i colpevoli dell’aggressione.

Dopo aver espresso la condanna per la tragedia di Giovanna Reggiani e aver mandato tre investigatori a Roma, il primo ministro Calin Popescu Tariceanu ha annunciato nuove misure perché “i delitti commessi da una sola persona non compromettono l’immagine della Romania e dei rumeni che lavorano onestamente in Italia”.

Sono quasi 600.000 i rumeni che vivono regolarmente in Italia, la comunità straniera più numerosa del paese. “Ora si sentono minacciati e temono ritorsioni solo perché hanno lo stesso passaporto dell’assassino di Tor di Quinto” lamenta l’Associazione dei Rumeni in Italia. Sono cittadini onesti che lavorano nelle case degli italiani, prendendosi cura degli anziani, nei cantieri, costruiscono palazzi o strade. Ora subiscono accuse generalizzate per i delitti commessi da alcuni dei loro connazionali. Le associazioni dei rumeni in Italia garantiscono inoltre la loro disponibilità a collaborare con le autorità italiane per individuare i cittadini che delinquono. Perché non è giusto,dicono,che si faccia di tutta l’erba un fascio.

Se è vero che esiste una fascia di emigranti che si sposta avendo già l’intenzione di commettere reati, molti sono spinti a farlo dalle difficili situazioni con cui si scontrano. In entrambi i casi, l’emigrazione parte spesso dai villaggi poveri o dalle periferie delle grandi città, dove la mancanza di lavoro preclude l’integrazione sociale.

E’ il caso di Nicolae Romulus Mailat, 25 anni, cittadino rumeno di etnia rom, accusato dell'aggressione a Giovanna Reggiani. Nel 1997, quando aveva 14 anni, le autorità rumene lo avevano destinato ad un centro di rieducazione per minorenni, in seguito alle accuse di aver commesso diversi reati. Nel 2006 un tribunale di Sibiu lo aveva condannato a tre anni di reclusione per furto, ma fu graziato nello stesso anno. Subito dopo, la partenza per l'Italia.

Nel quadro della lotta alla criminalità, da un anno è in corso un progetto – ITARO - di collaborazione tra la polizia italiana e quella romena. Alla luce di quello che sta accadendo in Italia, dove è in vigore il decreto sulle espulsioni dei cittadini comunitari, il governo di Bucarest ha deciso mandare in penisola altri 30 ufficiali della polizia romena. Bucarest chiede che le espulsioni siano motivate e vuole che i rappresentanti diplomatici rumeni in Italia siano informati con 24 ore di anticipo in merito ad eventuali provvedimenti di espulsione presi nei confronti dei propri cittadini. Inoltre Bucarest incoraggerà il rimpatrio volontario garantendo un posto di lavoro ai rumeni che rientrano in patria. Questi inoltre potranno ricevere assistenza giuridica da parte di studi legali specializzati in ambito di libera circolazione delle persone nell’Unione Europea.

Il premier Tariceanu, che in settimana dovrà incontrare a Roma il primo ministro Romano Prodi, si appella agli investitori italiani perché contribuiscano a distendere i rapporti italo-rumeni. L’Italia è infatti il principale partner commerciale della Romania e qui risiedono ormai da anni migliaia di cittadini italiani.

A Bucarest c’è una sorta di unità di crisi che riguarda i rumeni che vivono in Italia. Le dichiarazioni si susseguono di continuo. Il presidente rumeno Traian Basescu condanna "ogni violazione della legge commessa da un cittadino rumeno in Romania, così come all'estero. Ma anche ogni atto di violenza contro cittadini rumeni così come ogni discorso che inciti la gente a non rispettare i diritti civili dei romeni, senza riguardo a dove si trovino nell'Unione europea". Basescu critica inoltre il modo in cui l’Italia sta mettendo in pratica il decreto sulle espulsioni, chiedendo che il ministro per gli affari esteri consulti la Commissione Europea in merito. “Le espulsioni di cittadini europei, che vivono in altri paesi Ue, devono essere motivate su situazioni individuali e non di gruppo”, così il portavoce della Commissione Ue Johannes Laitenberger ha commentato il decreto sulla sicurezza presentato dal governo italiano. Il vicepresidente della Commissione Franco Frattini ha spiegato che "chi non ha mezzi di sussistenza adeguati per vivere nel nostro paese deve poter essere espulso" e le espulsioni devono essere effettive.

La Romania chiede invece che sia rispettato il termine di 30 giorni entro quale i rumeni espulsi possono fare ricorso.

D’altra parte, Basescu sostiene che la questione rom non riguarda la sola Romania ma dev’essere discussa a Bruxelles, perché c’è bisogno di un progetto europeo per l’inclusione di questa minoranza (quasi 2,5 milioni di persone si avvicina al 10% della popolazione rumena).

Agli occhi dei rumeni, i rom sono gli unici colpevoli di tutte le accuse e le polemiche divampate in questi giorni, e questa percezione genera un effetto boomerang che rischia di acuire l’intolleranza nei confronti della minoranza rom.

“I rumeni commettono i loro errori, gli zingari hanno le loro debolezze, ma dobbiamo trovare insieme una soluzione per uscire da questa difficile situazione” sostiene Madalin Voicu, noto opinionista rom. “Per portare un fiore o accendere una candela basta essere uomo”, dicono invece i cittadini rumeni, per lo più di religione ortodossa. Sono stati in molti a riunirsi nel centro di Bucarest per partecipare alla messa in memoria di Giovanna Reggiani, officiata mentre a Roma si svolgeva la cerimonia funebre. Altri hanno lasciato e continuano a lasciare messaggi di cordoglio e sdegno nella piazza dell’Università, simbolo della Rivoluzione dell’89 e quindi della libertà. Una tv privata vi ha installato un cartellone sul quale si stanno raccogliendo migliaia di messaggi sotto il titolo: “Tu fai la Romania. Una preghiera per Giovanna”. I rumeni sentono il bisogno di ribadire la loro condanna e il senso di vergogna nei confronti del connazionale.

Gli italiani sanno quanto sia difficile per un emigrante sopportare una reputazione negativa di cui sono responsabili solo alcuni dei connazionali, e dovrebbero essere coscienti dell’errore insito nelle generalizzazioni. E’ un grave errore pensare che esistano popoli buoni o cattivi.