Negli ambienti culturali albanofoni periferici da anni è in corso un dibattito linguistico sulla versione letteraria dell’albanese o della cosiddetta lingua standard. Per molto tempo il dibattito ha trovato seguito nei circoli culturali di Scutari, centro urbano e punto di riferimento indiscutibile della cultura gheg, soppresso e violentemente discriminato dal regime comunista poiché considerato come un “ambiente reazionario” dalle tendenze cattoliche filo capitalistiche.
La caduta del comunismo ha inaugurato un lungo processo di rimessa in discussione di tutti i capisaldi e degli insegnamenti del regime senza risparmiare l’imposizione della versione tosk agli albanesi gheg.
Il dibattito è incominciato con la dovuta riabilitazione di personalità di spicco della cultura gheg (per lo più cattoliche) che erano state escluse dal patrimonio culturale per decenni, ma anche da un certo capovolgimento dell’élite che, detto in termini molto generalizzanti, aveva portato al potere una destra che parlava gheg – tuttora Sali Berisha e molti politici suoi alleati svolgono i propri discorsi pubblici in gheg (ma in una versione molto moderata e mescolata a un limitato lessico politichese).
Ora però la questione ha acquisito particolare importanza per i linguisti accademici tanto che a livello panalbanese è stata istituita una commissione tra l’Accademia delle scienze di Tirana e quella di Pristina, per correggere e aggiornare l’albanese standard, anche se non si sa bene in che modo, e in base a quali criteri.
La versione letteraria che vige tuttora in Albania è quella tosk, basata sull’albanese meridionale, e disciplinata dalle norme del congresso del 1972, un evento che viene puntualmente preso di mira dagli intellettuali scutarini che lo considerano come il momento in cui alla metà della popolazione albanese, quella gheg a nord del fiume Shkumbin, venne imposta arbitrariamente la versione tosk, che era la versione dell’élite comunista.
Al nord si aveva una splendida tradizione di letteratura gheg, per la precisione di scutarino letterario, una tradizione svoltasi esclusivamente a Scutari dall’élite cattolica. L’anno 1972 viene considerato dai sostenitori della versione gheg come l’anno dell’esecuzione capitale del gheg letterario.
Non vi è alcun dubbio che la nomenclatura tosk, dalle forti tendenze accentratrici avesse soppresso il gheg, identificato come mezzo culturale del nemico cattolico, trasformandolo in un patrimonio arcaico da studiare solo nei canti epici che erano esclusivamente gheg, nelle poesie di alcuni romantici o nell’opera eccessivamente valorizzata di Migjeni (Millosh Gjergj Nikolla), salvatosi nonostante fosse scutarino forse per la sua origine slavo-ortodossa.
Linguisti di rilievo come Ardian Vehbiu e Arshi Pipa ritengono che in realtà il ’72 è l’anno in cui fu dato il colpo finale alla letteratura gheg mentre già dalla fine della Seconda Guerra Mondiale la sfera culturale albanese era predominata dalla versione tosk, diventata ormai una tradizione letteraria consolidata da 150 anni di letteratura basata sul tosk sud-orientale.
Prima dell’avvento del comunismo la versione ufficiale albanese era stata la versione di Elbasan, città dell’Albania centrale, caratterizzata da una coesistenza di elementi gheg ed elementi tosk, che però, finito il regime di re Zog, non trovò legittimazione soprattutto perché era solo una versione innalzata a lingua giuridico-burocratica priva di una tradizione letteraria. Durante la Rilindja (romanticismo albanese) si svilupparono parallelamente sia la letteratura gheg che la letteratura tosk, la prima da una ristretta élite cattolica di Scutari e la seconda da personalità di diverse origini culturali e geografiche dell’area tosk. Entrambi i gruppi hanno contribuito all’arricchimento e alla formazione della lingua albanese, i gheg immettendo lessico del dialetto e dei sub dialetti e i tosk creando nuove parole, rientranti nella logica della lingua, per alcune nozioni astratte di cui l’albanese era molto povero all’epoca.
Oltre alle preferenze politiche per il tosk da parte dell’élite del sud, vi erano anche altre ragioni che avevano penalizzato la partecipazione del gheg alla vita pubblica, tra cui le condizioni geografiche che non permettevano una coesione socio-politica, a parte l’autogestione tradizionale delle tribù del nord albanese, e tanto meno una comune identificazione con il resto degli albanesi; e poi il conservatorismo e l’ auto-isolamento dell’élite cattolica di Scutari che era portavoce di una cultura estremamente raffinata.
Persino Arshi Pipa, un linguista gheg politicamente molto indipendente e critico anche nei confronti dello standard, giunge alla conclusione che l’optare per la versione tosk è stato quasi scontato nel momento in cui si è voluto standardizzare la lingua. Si ebbe in questo modo il decesso dello scutarino letterario, che venne continuato in modo egregio all’estero da Martin Camaj, scrittore contemporaneo e linguista di rilievo, da Arshi Pipa, e qualche altra personalità minore.
Presso gli albanofoni nella Jugoslavia del dopoguerra si hanno dei tentativi anche di codificare la versione gheg del Kosovo, che fu però accantonato a favore del tosk, tuttora vigente come lingua standard sia in Kosovo sia in Macedonia. La scelta di una tale versione che non rappresenta alcuna parte della popolazione in Kosovo, e solo un’esigua parte in Macedonia, assume in questo caso un’importanza nazionalistica identitaria e si traduce in uno strumento per mantenere vivi i rapporti con l’Albania anche se rimane oggettivamente una scelta puramente artificiale.
In Albania dopo la caduta del regime, alcuni giornali incominciano a riapparire in gheg, e nei quotidiani trovano sempre più spazio articoli scritti in gheg, ma come ben nota Ardian Vehbiu, le versioni del gheg (abbastanza variegato da una regione all’altra) sono molto lontane dalla raffinatezza e anche dalla coerenza grammaticale dello scutarino letterario. E’ evidente che dopo lunghissimi anni di soppressione il gheg letterario abbia subito dei danni molto gravi.
La lunga discriminazione di Scutari ha lasciato dietro di sé una profonda frustrazione presso le nuove élite gheg, che ritengono di non sentirsi rispettate in modo adeguato nella logica dello standard tanto che spesso si partecipa ai dibattiti sulla lingua senza avere degli argomenti propriamente linguistici.
Si è persino formata una tesi che sfiora una sorta di mitizzazione del gheg affermando la superiorità di questa versione ritenuta la più antica, la meno contaminata da slavismi e turcismi, la più albanese, la più logica per alcuni, (senza esitare a deridere alcuni elementi del tosk nonostante siano risultato di regole ben definite di passaggio dal gheg al tosk, come il rotacismo, la denasalizzazione, il passaggio dalla a nasale alla e muta ecc. che sono dei processi linguistici naturali tra l’altro terminati una decina di secoli fa).
Si afferma che la versione gheg abbia un lessico più ricco rispetto al tosk convinzione che Ardian Vehbiu definisce piuttosto acritica dato che non esistono studi che abbiano rilevato un tale fenomeno né nel gheg né nel tosk.
Non manca poi una buona fetta anche di linguisti gheg di prestigio, che propongono di aggiungere la forma dell’infinito gheg al tosk, che usa ampiamente la forma del congiuntivo balcanico senza sentire la mancanza di questa forma. Quello che stupisce è che la maggior parte di chi denuncia il torto subito dal gheg non propone soluzioni realistiche su come affrontare il problema del gheg, ma sembra che si miri a una nuova standardizzazione del tosk, aggiungendo degli elementi gheg, per raggiungere una lingua dove anche i gheg riescano a riconoscersi - un tentativo fallito più volte e suggerito in passato dai romantici a fine ‘800 quando si voleva che “un albanese di Filat (Grecia) riuscisse a capire un albanese di Prizren (Kosovo)” .
E’ però vero che dal secondo dopoguerra, la versione standard ha funto da elemento unificante per gli albanesi, apportando e subendo modifiche al e dal gheg, tanto che è naturale pensare che il gheg di Scutari oggi non sia lo stesso di quello che si parlava a inizio secolo.
Le trasformazioni sociali e le migrazioni lasceranno indubbiamente il loro segno, come negli anni del comunismo quando a Tirana immigravano i montanari del sud (che parlavano tosk, o meglio lab) toskizzando la parlata di Tirana che sarebbe originariamente gheg dell’Albania centrale, mentre oggi come nota Vehbiu si ha una massiccia immigrazione dei montanari del nord che parlano gheg, che contribuiranno a una gheghizzazione della parlata di Tirana.
Mentre proprio la parlata di Tirana con i suoi elementi gheg, sta diventando un elemento di status trendy per le nuove élite economiche e per i giovani, poiché la maggior parte dei giovani albanesi passa almeno qualche anno della propria vita a Tirana, la classe medio-alta delle altre città tende a procurarsi una casa nella capitale, e i tosk che vi si trasferiscono ci mettono poco a gheghizzare la propria versione; del tutto diversa si presenta la situazione in Kosovo, dove l'albanese gheg, anch'esso molto frammentato da regione a regione, ha subito forti influenze della sintassi e della fonetica serba, tali da rendere aliena questa versione agli albanesi dell'Albania, costituendo uno dei principali pregiudizi che si hanno nei confronti degli albano-kosovari.
In Kosovo, però, la versione considerata come ufficiale, tranne per il caso marginale del settimanale "Java", rimane la versione tosk dell'Albania meridionale. La distanza tra il tosk dell'Albania e il gheg del Kosovo è ancora più marcata rispetto a quella con il gheg dell'Albania, inoltre il lungo periodo di scarsi contatti culturali tra Kosovo e Albania, che non ha segnato notevoli progressi neanche negli ultimi anni, ha fatto sì che le due versioni si sviluppassero in direzioni diverse aumentando il divario tra loro e rendendo ancora più difficoltoso l'apprendimento del tosk da parte degli albano-kosovari.
In Kosovo, il divario tra la lingua scritta, il tosk, e la lingua parlata il gheg kosovaro ha alimentato frustrazioni e complessi di inferiorità nei confronti dell'Albani, anche se Tirana rimane pur sempre un indiscutibile punto di riferimento culturale. Ma persino la linea che segue la parte kosovara nella commissione pan-albanese è saldamente legata allo standard tosk, che viene percepito come un elemento cruciale dell'identità nazionale. Sembra quindi che la versione standard funga ancora da elemento di unificazione nazionale pan albanese, anche se non pare abbia avuto un esito molto positivo dato che i kosovari denunciano di "sentirsi smarriti a Tirana".
Da parte degli intellettuali gheg continua la denuncia storica dell’imposizione del tosk, ma non si ha polemica da parte dei tosk, si dimostra per lo più una notevole tolleranza a far rivivere il gheg. Il problema però sembra deviato quando si vuole ritoccare lo standard tosk con elementi gheg incompatibili o quando lo si politicizza proponendo nuovi standard e altre questioni improduttive.
La letteratura gheg è un patrimonio inestimabile della cultura albanese, che non dev’essere persa, e altresì non si devono creare ulteriori frustrazioni, ma il problema andrebbe affrontato in modo costruttivo, pubblicando di più i classici gheg, pubblicando e insegnando le grammatiche gheg, e facendo letteratura gheg.
Nel caos linguistico che regna oggi in Albania, dove la stessa élite politica e mediatica è poco attenta alla lingua, non si ha alcun ostacolo politico-giuridico a rivitalizzare culturalmente il gheg. Non dovrebbero esserci neanche rischi di smarrimento del sentimento nazionale poiché esistono delle regole di passaggio ben precise da una versione all’altra che un albanese mediamente istruito riesce a decodificare senza grande difficoltà.