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Intorno alla nostalgia

22.01.2008    scrive Michele Nardelli

Le diverse trame dell'esilio. Una ''non recensione'' al libro di Elvira Mujcic “Al di là del caos”
«Tutto ciò per cui avevo provato nostalgia negli ultimi dodici anni mi si rivelava nella sua bruttezza…». Leggo le parole di Elvira Mujcic ed avverto un brivido, come se queste righe mi fossero familiari. Non c’è nessuna diaspora nella mia esistenza, nessuna fuga. Eppure è un’immagine che mi è molto vicina. Che sia perché la nostalgia è un difetto della memoria, tanto da poter avere nostalgia di un luogo che nemmeno si conosce? E, poi, per una strana coincidenza.

Ho conosciuto Elvira poco tempo fa, ad Orvieto. Mentre entra con l’aria un po’ stupita nell’antico Convento di San Giovanni (oggi sede di Città Slow) in un frastuono di ottoni si guarda attorno, alla ricerca di qualche faccia amica. Quella sera ad Orvieto è in scena la cultura serba e se non fosse stato per Roberta immagino si sarebbe ben guardata dal metterci piede. Ma ormai è lì. Mentre le parole e la musica finiscono e ci si avvia alla cena preparata dai cuochi di Kraljevo, città della Serbia più profonda, l’incontro ravvicinato con uno degli orchestrali che gli chiede: «Di dove sei?»…

La serata scorre piacevolmente, fra conoscenze e racconti improbabili come nel colloquio in arabo fra il mio amico Ali, per tanti anni “diplomatico” di uno stato che non c’è, e l’ambasciatore serbo presso la Santa Sede, islamista di raffinata e grande cultura. Con Elvira c’è appena il tempo per un saluto. Così il mattino seguente avverto il bisogno di un gesto di amicizia, corro a salutarla mentre attende il treno delle 7.30 per Roma. Mancano pochi minuti alla partenza e il suo sguardo sembra stupito di questa attenzione e dei biscotti palestinesi che le porgo.

Perché la strana coincidenza sta qui. In quei biscotti che accomunano il mio amico Ali ed Elvira. Altra diaspora, altro Mediterraneo, altro ritorno, la stessa immagine: si può avere un’infinita nostalgia per un luogo che a stento riesci a riconoscere. E che quando lo ritrovi, passata una vita, non riesci a riconoscerlo. Come la fine di un sogno, più doloroso ancora dell’esilio.

Quando Elvira scrive che il tempo è una puttana, ha proprio ragione. Perché non ci aiuta, deforma invece. Se Elvira fosse nata qualche anno prima, forse sarebbe finita a Goli Otok. Eppure Tito appare ai suoi occhi come il nonno buono. Poco importa se quel che è accaduto negli anni Novanta fosse in buona sostanza figlio di quel regime paternalistico che ha impedito alla generazione che non aveva fatto la resistenza di pensarsi protagonista di una cosa in cui piano piano la retorica ha preso il posto del pensiero. O se avesse fatto gli anni Settanta… forse quel sogno sarebbe svanito ben prima di Miguel. Perché anche sui sogni, in realtà, ci sarebbe qualcosa da dire: non è forse il Novecento il secolo dell’utopia senza misura?

Il fatto è che non è vero che i sogni ci aiutano a vivere. Credo molto di più, invece, nell’amore verso le cose belle e vere, «il profumo delle lenzuola che sanno di sole e di mare» ma anche “la felicità dei campi di concentramento” di cui ci ha parlato Imre Kertesz, di quei luoghi fra i camini dove, «nell’intervallo fra i tormenti, c’era qualcosa che assomigliava alla felicità» e che tanto assomiglia alla nostalgia di Elvira «della Bosnia, della vita sotto le bombe del campo profughi e dei volti…».
Quel pizzico di gioia «per tutto ciò che avrebbe potuto non esserci». Sono le ultime parole scritte a macchina la chiave di “Al di là del caos”.

Come avrete capito, questa non è la recensione di un libro, che pure vi consiglio di leggere. Sto semplicemente parlando con l’autrice a partire dalle emozioni che la lettura di un questa storia mi ha dato. Del resto, si può fare la recensione di una vita?

… «Di Srebrenica» risponde Elvira. «Ma, allora, sei dei nostri…» incalza il musicista e, per tutta risposta, Elvira tira fuori il suo orgoglio e con il cipiglio di cui è capace lo lascia senza parole dicendogli «No, veramente io sono musulmana!»


Titolo: Al di là del caos
Autore: Elvira Mujcic
Editrice: Infinito edizioni, collana Orienti
Prefazione: Predrag Matvejevic
Introduzione: Luca Leone
Pagine: 112
Prezzo: euro 12.00
In libreria da febbraio 2007