Il nostro inviato ha incontrato l’attrice al Festival di Berlino, dove è stata scelta come una delle otto Shooting Star, una delle grandi promesse del cinema europeo. Marinca ci racconta la sua storia e il nuovo cinema romeno
Trent’anni il prossimo primo aprile, nata a Iasi, figlia di una violinista e di un professore di teatro, Anamaria Marinca dal vivo è molto diversa da come ce la si aspetta. Appare più minuta e indifesa, ma basta che parli per far affiorare l’energia che le permette di lasciare il segno anche con ruoli da poche inquadrature. Abbiamo incontrato l’attrice al Festival di Berlino, dove è stata scelta come una delle otto Shooting Star, una delle grandi promesse del cinema europeo.
Il suo esordio sullo schermo avviene nel 2004 con “Sex Traffic” di David Yates, premiatissimo film per la tv dove c’era anche Maria Popistasu, un’altra delle giovani rampanti rumene. Poi “4 mesi, tre settimane, 2 giorni” di Cristian Mungiu che la fa conoscere al mondo nel ruolo di Otilia, la giovane che assiste l’amica che abortisce clandestinamente in piena epoca Ceausescu. Poi un ruolo piccolo ma significativo, alla reception di un albergo, in “Un’altra giovinezza” di Francis Ford Coppola. Presto la vedremo in “Boogie”, nuovo lavoro di Radu Muntean, il regista di “Paper Will Be Blue”.
Anamaria Marinca, il cinema rumeno sta vivendo un periodo d’oro. C’è un’onda di registi giovani che si sta affermando.
Non la definirei una vera e propria onda. Ci sono registi diversi tra loro, con stili diversi nel raccontare storie. L’unica cosa in comune è che sono della stessa generazione. Ma oltre ai registi ci sono anche tanti attori bravi. Ed essere parte di tutto questo è eccitante. Ne sono orgogliosa.
Quali sono per lei le ragioni di questa fioritura di cineasti?
Il nostro sistema è simile a quello francese. C’è un centro nazionale per il cinema che ogni anno apre un bando e sceglie e sostiene dieci sceneggiature. In questo modo una parte del budget di questi film è statale e non c’è bisogno di cercare troppi soldi all’estero. In questo modo vengono premiati i migliori. E si realizzano cose molto diverse tra loro.
La Romania viene scelta come location da diverse produzioni straniere. Penso a “Cold Mountain” o all’ultimo film di Coppola. Questo ha ripercussioni sulla produzione nazionale?
Sono due discorsi diversi. Ci sono gli Studios dove vengono girate le grandi produzioni straniere ma il loro impatto sul cinema rumeno è molto basso, si può dire che quasi non influenzano le nostre produzioni. Gli stranieri vengono perché è molto conveniente economicamente e anche come logistica. In più ci sono tecnici fantastici in tutti i settori e location per tutte le richieste: le città, anche con edifici del passato, le foreste, il mare, le montagne, persino il deserto se vogliono…
Com’è stato il suo approdo al cinema?
Ho cominciato come attrice di teatro. Andai a Londra per una tournée, non pensavo al cinema, ma fui invitata a un’audizione e alla fine venni scelta per “Sex Traffic” di Yates. Fu così che ho cominciato.
E “4 mesi”?
Avevo trovato molto interessante il tema. All’epoca stavo già a Londra, la mia prospettiva sulla vita stava cambiando. Da lontano vedevo il mio Paese, vedevo meglio i problemi ma anche quello che serviva. Il film di Mungiu era un’opportunità che non potevo perdere, far avverare un sogno. Fu il mio primo film in Romania e ne sono felice.
Poi è arrivato Coppola per “Un’altra giovinezza”.
Con Coppola è stato un incontro incredibile, è una delle creature più straordinarie del mondo del cinema. Era importante essere in quel film perché era tratto dal libro di Eliade ed era un pezzo di storia rumena.
Ora ha appena terminato il film di Radu Muntean, un altro dei registi di punta di oggi.
“Boogie” è un film su una famiglia giovane nella Romania di oggi. È un film sulla maternità, questa volta ho un figlio e uno in arrivo. È sul prendersi le responsabilità all’interno di una coppia. Tutti i compromessi che bisogna fare per vivere, anzi per sopravvivere, per lavorare, per stare in coppia.
Nei mesi scorsi in Italia c’era stata una sorta di “caccia al rumeno”. Un rumeno aveva rapinato e ucciso una donna di Roma ed era partita una campagna che sembrava indicare tutti i sui connazionali in Italia come dei delinquenti. Ha seguito questa faccenda? Che ne pensa?
Non ho seguito la cosa, ormai vivo a Londra… Certo, mi spiace molto. Trovo stupido generalizzare. Poteva essere stato chiunque, anche un italiano, bisogna guardare come si comportano gli individui. Cosa sarebbe successo se fosse stato un italiano a uccidere un rumeno? Probabilmente nessuno avrebbe detto nulla…