Una scena del film
Piro Milkani, affermato regista albanese, è riuscito a portare sullo schermo in modo completo il dramma di centinaia di studenti albanesi che hanno dovuto rinunciare ai propri sogni per rimpatriare nell'Albania comunista. Nostra traduzione
1 marzo 2008 gazeta-shqip, (tit. orig. Trishtimi i zonjes Shnajder)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Marjola Rukaj
Oltre al racconto sull'amore e la sofferenza che la sua perdita comporta, “Trishtimi i Zonjes Shnajder” (Il dolore della signora Shnajder), ha portato in Albania, in modo completo il dramma di centinaia di studenti albanesi che hanno dovuto rinunciare ai propri sogni per rimpatriare nell'Albania comunista. Quello che solitamente si dice dei film albanesi del dopo '90, spesso accusati per mancanza di senso del quotidiano, non si può assolutamente rimproverare al film di Pirro Milkani. Anche se la storia del film ci riporta indietro di quasi mezzo secolo, i personaggi della Cecoslovacchia comunista degli anni '60 portano addosso dei dettagli, che al di là della politica di quei tempi, possiamo trovare tuttora nella vita di ognuno di noi.
Forse questo film ci insegna che ogni cosa che nasce dal reale, dal vissuto, non può non essere profondamente sentita, a maggior ragione se a realizzarlo è un regista con un'esperienza pluridecennale. Ma Milkani non ha voluto che il film venisse considerato semplicemente come un'esperienza personale, ma attraverso quel dramma, conservato molto a lungo nei suoi ricordi, ha cercato di trasmettere il dramma di tutti gli studenti albanesi che hanno dovuto interrompere gli studi per ritornare nell'Albania arrogante che in quegli anni stava per imboccare il suo isolazionismo struggente. Ma ci è riuscito Milkani a trasmettere tutto ciò? Dopo che si è visto il film si può credere a Ismail Kadaré, che ha detto al regista: “Hai reso un omaggio a quei 4000 studenti albanesi che hanno interrotto gli studi nelle università est-europee, nel momento della rottura dell'Albania di Hoxha con l'Unione Sovietica”.
La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso regista. Tutto ha luogo nel villaggio Ceski Sternberk, dove tre studenti della FAMU, il ceco Karel (Andrej Moravec), lo slovacco Artur (Kamil Kolarik) e l'Albanese Lek (Nik Xhelilaj) vanno a girare un film per la tesi di laurea sulla fabbrica dei motori ESO. Nella stazione ferroviaria i tre studenti incrociano per la prima volta Jana (Anna Geslerova), la moglie del capo della polizia locale, che avevano seguito fino quando non era sparita dietro una scalinata per entrare nella propria abitazione.
Ma mentre per gli altri due studenti, il ceco e lo slovacco, le settimane in quel villaggio verrebbero in seguito ricordate solo per la realizzazione del film, il loro primo lavoro, allo studente albanese quel villaggio sarebbe rimasto impresso per sempre con i ricordi dell'amore. Lek si avvicina a Jana, quando doveva andare a casa sua per telefonare ai genitori in Albania, e vivrà con lei forse il primo amore della sua vita. Un amore come tutti gli altri si dispiega nel film con un romance molto sentito, mentre Jana personifica non solo la donna innamorata ma anche il dramma di tutti quei matrimoni falliti che si assomigliano in tutti i paesi, e in tutti i tempi.
Grazie a una fotografia che offre scene avvincenti, la storia di Milkani, fa entrare lo spettatore per ben 2 ore in una vita vera.
Ma alla fine, Lek deve scegliere. Sposare Jana (dopo che lei divorzi), o tornare in Albania per lavorare al Kinostudio? Per questo dilemma troppo grande per lui, chiederà il parere del conte (Michele Placido). “La patria e la famiglia non vanno abbandonati” lo consiglia il conte ispirandosi alla propria esperienza. E di conseguenza, il ragazzo, che in Albania aveva lasciato la madre, la sorella e un fratello che studiava medicina, che avrebbero sicuramente subito gravi conseguenze se egli avesse continuato a stare in Cecoslovacchia, decide di abbandonare Jana e di partire per Tirana. Il viso della donna ceca quando trova il biglietto d'addio del suo amato albanese, è il volto afflitto di tutta quella generazione perduta (se così si può chiamare), che viveva in sistemi politici capaci di distruggere tutto ciò che vibrava dentro le persone. Solo l'amore può definire il volto di dolore, come il vento che frusciava lentamente il vestito di Jana, mentre i suoi occhi traboccavano di tristezza. A fine film gli autori scrivono “Jana ha lasciato il Ceski Sterneberk insieme a suo figlio, e Lek non seppe più nulla di lei”
Viene da augurare che in qualche modo anche questa donna sia riuscita a trovare la sua felicità...
Ma oltre a raccontare la storia d'amore tra i due giovani, il film racconta anche aspetti del comunismo. Quello albanese lo si vede nelle parole che arrivano al telefono dall'Albania, dalla foto incorniciata del compagno Enver Hoxha nell'ufficio dell'ambasciatore albanese a Praga, mentre il comunismo cecoslovacco deve essere stata una vera e propria sfida per il regista che all'epoca in cui l'ha vissuto era solo un giovanissimo studente universitario. Forse proprio per questo motivo il film deve essere molto interessante anche per i cechi, che avranno modo di vedere come è stato interpretato il loro paese da un regista straniero. La produttrice del film Jana Tomsova ce l'ha confermato dicendo: “questo è il primo film che vede la società ceca con gli occhi di uno straniero”. Proprio perché proveniente da un sistema totalitario il regista è riuscito a realizzare ottimamente anche i personaggi tipici che più rappresentavano quel sistema. Nel film si parla anche della miniera dove venivano sfruttati i detenuti politici. Basta guardare il personaggio della fabbrica dei motori per capire la filosofia del comunismo ceco. Ma fino a che punto il regista sia riuscito a far rivivere nel suo film quel periodo, lo vedranno anche i cechi il 28 maggio quando il film verrà proiettato al cinema Lucerna di Praga.
Ciò che spicca in questa produzione ceco-albanese, è una triste storia d'amore, ma è anche un film che resisterà ai tempi, anche se ci riporta al passato. Il film è proiettato dalla catena dei cinema Millenium in tutta l'Albania dal 1° marzo. All'anteprima per la stampa l'unica attrice presente era Bara Shqepanova, che nel film aveva il ruolo di una receptionist. Anna Geslerova, la protagonista ceca, ha salutato attraverso un filmato prima della proiezione del film, dove si è scusata per non aver potuto essere presente a Tirana in questi giorni, a causa di suo figlio appena nato. L'attore che interpretava il dirigente della fabbrica dei motori nel suo saluto video ha detto entusiasmato e scherzoso che il film gli ha cambiato la vita, adesso si trova a far parte del parlamento ceco. Erano impegnati il protagonista albanese Nik Xhelilaj, uno dei giovani più promettenti del cinema e del teatro albanesi oggi, e anche la kosovara Arta Dobroshi.
Questo film è un prodotto della co-regia del grande Pirro Milkani e di suo figlio Eno Milkani. Il curriculum del regista padre annovera più di 24 film e decine di documentari. Ma ha anche interpretato ruoli in film come “Lamerica” di Gianni Amelio, e nel film greco-cipriota “Il treno va verso il cielo” di Irene Papas. Nel 1994 ha fondato la compagnia cinematografica Bunker Film, insieme a suo figlio Eno. Sono stati prodotti da questa compagnia anche film come “Kanun” documentario di co-produzione albano-francese, proiettato in diversi paesi. Grande successo hanno avuto anche i suoi film degli anni '60 e '70 tra cui “Ngadhnjimi mbi vdekjen” (Il trionfo sulla morte) e “Shtigje lufte” (Sentieri di guerra) che in Cina sono stati visti da milioni di spettatori. Dal 1998 al 2002 è stato ambasciatore dell'Albania a Praga. Negli ultimi anni presiede il Forum per la tutela dei diritti d'autore. “Trishtimi i zonjes Shnajder” è il suo ultimo film in collaborazione con la Repubblica Ceca.