La pittura su vetro è una tecnica millenaria, diffusa in Transilvania dai primi del ‘700, quando prese il via una grande produzione di icone su vetro. Oggi, il museo di Sibiel raccoglie circa 600 di questi capolavori. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di Giovanni Ruggeri
Una storia nella storia, dove cielo e terra, luce e tenebre, gioia e dolore si incrociano costantemente. Proprio come la vita e i suoi colori. A raccontarcela è un singolare, straordinario museo di icone su vetro nel cuore della Transilvania, in Romania, a due passi della città di Sibiu. Un museo di icone su vetro – proprio così – anzi il più grande museo di icone su vetro del mondo (quanto a esposizione), dove sono raccolti circa 600 capolavori dell’arte popolare contadina prodotti in Transilvania tra il ‘700 e il ‘900. Il villaggio in cui questo museo sorge si chiama – quasi volesse echeggiare già nel nome il fascino della bella capitale europea della cultura 2007 – Sibiel, ma la luce di cui brilla è tutta sua e delle icone su vetro che custodisce. Per non dire della straordinaria storia da cui il museo ha preso vita, negli anni bui del comunismo di Ceauşescu, ad opera di un santo prete ortodosso, Padre Zosim Oancea, e della sua comunità di contadini. Micro-epopea di un villaggio romeno in pieno comunismo.
Contadini che dipingono per contadini
Sibiel (foto G. Ruggeri)
La pittura su vetro è una tecnica millenaria, diffusa in Transilvania dai primi del ‘700, quando – a seguito di un fatto miracoloso in un villaggio del Nord – prese qui il via una grande produzione di icone su vetro. Ad opera prima di artigiani venuti da fuori poi di pittori locali, si avviò un grande fenomeno di arte religiosa, praticata da pittori contadini che vi si dedicavano dopo il lavoro nei campi o quando la stagione non permetteva attività all’aperto. Quello delle icone su vetro in Romania è infatti un fenomeno di popolo, che presuppone la tradizione ortodossa classica, ma ne rielabora temi e stili con originale ispirazione.
I soggetti più rappresentati sono la Madonna con il Bambino e la Madonna Addolorata, mentre le numerose icone dedicate a Cristo rappresentano soprattutto la Natività, il Battesimo, l’Ultima Cena, la Crocifissione, la Risurrezione; caratteristica l’icona del cosiddetto Torchio mistico, raffigurante Gesù come radice della vite da cui proviene il vino-sangue eucaristico. Pregando davanti all’icona, il contadino romeno sa di poter contare anche sull’intercessione dei Santi, per questo numerosi nel repertorio comune e invocati specificamente in relazione a determinate necessità: ad esempio, si prega Sant’Elia quando c’è bisogno di pioggia in periodi di siccità o di protezione del raccolto durante i temporali, mentre San Giorgio e San Nicola sono invocati rispettivamente dai militari e dalle donne povere. La vita di tutti i giorni del contadino di Transilvania si svolge così sotto la luce dello sguardo divino, di cui l’icona custodisce riflesso e memoria.
Molto interessante l’aspetto tecnico di realizzazione. La pittura delle icone seguiva infatti un procedimento che – come più propriamente reso in tedesco dal termine
Hinterglasmalerei – dovrebbe definirsi pittura «sotto» vetro anziché «su» vetro. Infatti il pittore disegnava e colorava l’icona su quello che, a opera finita, sarebbe risultato il verso del vetro, mentre la parte opposta, esposta all’occhio dell’osservatore, fungeva da schermo protettivo. Questo procedimento comportava che i contorni fossero disegnati in modo inverso così che, una volta girato il vetro, l’immagine si presentasse correttamente. Il disegno dei contorni mediante un sottile pennello – prima fase tecnica della realizzazione dell’icona – forniva lo schema della composizione; quindi si procedeva alla colorazione delle parti delle figure e del fondo, facendo molta attenzione a ordine e successione poiché il colore che si assegnava per primo sarebbe poi risultato non modificabile.
Padre Zosim e il miracolo di Sibiel
Padre Zosim
Romania, inizio degli anni Sessanta. Il regime di Ceauşescu ha ridotto il Paese alla fame e sbattuto in galera chi gli si oppone. Padre Zosim Oancea (1911-2005), prete ortodosso con alle spalle 10 anni di carcere e 5 anni di lavori forzati solo per aver aiutato famiglie di preti imprigionati, nel gennaio 1964 viene mandato come parroco a Sibiel. Uomo di grande spessore spirituale, si porta dentro i suoi anni di carcere con una coscienza straordinaria: «Il carcere è stato il primo miracolo della mia vita. Lì Dio non era lontano, nei cieli: era come un vicino, e come con un vicino così parlavi con Dio e Lo pregavi. Ero così certo quando parlavo con Lui, Lo sentivo così vicino!». La visita nelle case dei suoi parrocchiani dà lo spunto a Padre Zosim per un’idea geniale, dove certo non manca anche un preciso significato pastorale: raccogliere le icone su vetro che si trovavano nel villaggio in un Museo accanto alla Chiesa per presentarne il significato ai visitatori. La gente corrisponde con generosità e Padre Zosim riesce, con la forza della sua pazienza e intelligenza ad ottenere le necessarie autorizzazioni burocratiche da Bucarest. «Durante il comunismo – racconterà – la mia strategia è stata quella di non dire mai che facevo attività di Chiesa: dicevo che facevo opera di cultura».
Realizzato nel 1970 il primo edificio del Museo, Padre Oancea inizia a ospitare, insieme ai suoi parrocchiani, visite di delegazioni dall’estero, così che, verso la metà degli anni Settanta, Sibiel diventa una sorta di piccolo centro ecumenico dell’Est, dove ortodossi, cattolici e protestanti in visita pregano con la locale comunità. Insigni personalità delle Chiese cristiane mondiali iniziano a far tappa a Sibiel: tra questi, il vescovo Robert Runcie, poi arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, teologi di fama mondiale come Oscar Cullmann, Jürgen Moltmann, Olivier Clément, Dumitru Stăniloae ecc. Queste visite di carattere ecumenico furono decisive per la realizzazione di una nuova sede del Museo, in grado di ospitare le 600 icone intanto raccolte. Si deve infatti proprio all’aiuto finanziario concesso nel 1976 dal Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra per mano del segretario Rev. Philip Potter, nonché al supporto del Metropolita di Transilvania Antonie Plămădeală e del Patriarca di Romania Justinian, la realizzazione del Museo che oggi noi possiamo visitare. Un monumento vivente di ecumenismo, una grande storia di cultura e di fede alla quale l’autore di questo articolo (giornalista esperto di Romania, ndr) ha dedicato un recente libro con numerose foto a colori:
Le icone su vetro di Sibiel (il volume – disponibile anche in lingua romena, inglese, francese, tedesca – non è attualmente distribuito in libreria ma può essere chiesto direttamente al n. 392.0208235 o via mail a
info@sibiel.net con rimborso spese di 10 euro; da vedere anche
www.sibiel.net).
Un brano di cielo che illumina la terra e i suoi colori. È il dono di Sibiel, cuore di una Romania così poco conosciuta, le cui ombre non riescono a offuscare la luce di cui è ricca. Come la luce di un antico villaggio di contadini e delle sue straordinarie icone su vetro.